Come fare la volonta’ di Dio? (Bruto Maria Bruti)

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SIA FATTA LA TUA VOLONTA’

Con questa preghiera del Padre Nostro, – Sia fatta la tua volontà – dice San Tommaso D’Aquino, viene chiesto il dono della scienza affinché possiamo diventare saggi. Era quanto desiderava Davide: ” Insegnami la bontà, una condotta disciplinata e il discernimento” ( Sal 118, 66).

Mediante il dono della scienza, lo Spirito ci insegna a preferire la volontà di Dio alla nostra.

“” Ecco il dono della scienza. Diciamo: – Sia fatta la tua volontà- allo stesso modo in cui un malato, rivolgendosi al medico senza una precisa idea di quale sia il rimedio opportuno, semplicemente si rimette al parere dell’
esperto. Volersi imporre a quest’ultimo sarebbe una sciocchezza “”.

E Dio cosa vuole per noi? Vuole il nostro bene e il nostro bene, dice San Tommaso, consiste in tre cose, quelle appunto di cui, nel Padre Nostro, noi chiediamo il compimento ( la via eterna, l’osservanza dei comandamenti, l’
essere in armonia con se stessi )

1) LA VITA ETERNA.

” Chiunque tenda verso un qualsiasi fine, dispone anche i mezzi adatti a conseguirlo. E così Dio, creando l’uomo, non poteva avviarlo verso il nulla. – E’ possibile che tu, Signore, abbia creato l’umanità senza uno scopo? – ( Sal 88,48 ). Ma nostro fine specifico non potranno mai essere i piaceri sensibili, che anche gli animali appetiscono; bensì una vita felice che non abbia termine. Ecco che cosa vuole Dio, per l’uomo: che giunga a godere la vita eterna. Quando un essere raggiunge lo scopo al quale era destinato, diciamo che è riuscito a salvarsi; mentre all’opposto, di qualunque realtà che non arrivi a buon fine, dobbiamo concludere che sia andata in rovina; la consideriamo perduta. Avendoci Dio creati in ordine alla vita eterna, chiunque di noi che la raggiunga ha conseguito la salvezza. Ed è quanto il Padre desidera, sulla parola di Gesù:- Questa è la volontà del Padre mio che mi ha mandato: che, qualunque persona giunga a conoscere il Figlio e accetti di credere in Lui, abbia la vita eterna- ( Gv 6,40 ). Tale suo desiderio si è già realizzato negli angeli e nei santi, in cielo, i quali vedono Dio, lo conoscono e vi trovano la loro beatitudine.
Noi, chiedendo che sia fatta la sua volontà, desideriamo che essa ci trovi disponibili ad attuarla, come accade negli spiriti beati”.

2) L’OSSERVANZA DEI COMANDAMENTI.

” Chi si prefigge un fine, vuole anche i relativi mezzi. Simile al medico che, in ordine alla salute da riacquistare prescrive la dieta, le medicine e altre necessità del caso, Dio chiede che osserviamo i suoi precetti se ci sta a cuore la vita eterna ( Cf Mt 19,17 ) “. Dicendo – Sia fatta la tua volontà- e non- fai tu direttamente – oppure – noi faremo-, viene messa bene in luce la necessaria cooperazione tra grazia divina e sforzo umano. Per meritare la vita eterna sono necessarie due cose: grazia di Dio e buona volontà da parte dell’uomo. Dio non ci salva se non collaboriamo alla nostra salvezza.

3) L’ESSERE IN ARMONIA CON SE STESSI.

Dio vuole che l’uomo sia riconciliato con se stesso. Il peccato originale ha provocato la ribellione delle potenze inferiori dell’anima contro quelle superiori.
Dio vuole che l’uomo ricostruisca l’armonia perduta armonizzando le passioni con la volontà, la volontà con la ragione e la ragione con la verità.

Costruire la propria personalità richiede un “lavoro”, il lavoro di chi mette ordine dentro se stesso: è questa la via “stretta” lungo la quale dobbiamo incamminarci ( Cf Mt 7,13-14 )

Un “restauro” del genere non può trovare piena realizzazione durante questa vita terrena, dice San Tommaso D’Aquino, bensì con la resurrezione dei corpi dei santi, ma da questo “lavoro” fatto per integrare e coordinare gerarchicamente le varie componenti della personalità, tipico della via “stretta”, nasce e si sviluppa quella condizione che si chiama felicità, la quale raggiungerà la sua pienezza nel mondo che verrà.

La felicità ( che si realizzerà pienamente con la resurrezione dei santi) è una condizione che nasce da un processo che porta a vivere in armonia con tutte le componenti della propria personalità e con le leggi della realtà che l’uomo è in grado di conoscere con la ragione.

Lasciarsi andare alle proprie tendenze disordinate, invece, è una via “larga” ( cf Mt 7,13-14 ), cioè più facile, in quanto basta non lavorare su se stessi: infatti, il Signore dice che sono ” molti” coloro che camminano lungo la via “larga”.

Questa “larghezza”, questa facilità è, però, una pericolosa illusione. Non accettare la legittima sofferenza e la fatica che nascono dal mettere ordine dentro se stessi produce uno stato di dolore maggiore perché la vera felicità non nasce dall’ingannevole e illusorio tentativo di evitare le difficoltà che accompagnano, inevitabilmente, ogni processo di crescita e ogni dinamica realizzativa.

In realtà, non c’è persona che soffre di più di colui che non vuole assolutamente soffrire: ovviamente, qui si parla della sofferenza legittima che nasce dallo svolgere i propri doveri, dal lavorare su se stessi, dall’affrontare le difficoltà chela vita pone.

Gesù, se da un lato chiede a ciascuno di farsi carico dell’onere che l’adempimento del proprio compito esistenziale esige ( “” Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la suacroce e mi segua””- Mt 16,24 ), dall’altro fa presente la non gravosità della propria richiesta: “” IL MIO GIOGO INFATTI E’ DOLCE E IL MIO CARICO LEGGERO”” ( Mt, 11,30 )

NOTA SULLA STRADA STRETTA

Il “Maestro” dice che la via giusta non solo è “stretta” ma è anche abbandonata tanto che, in certe epoche, in certi paesi, essa rassomiglia a quelle vie antiche che sono state sostituite dalle strade moderne più veloci e più comode e allora il Signore ci invita a seguire la via giusta anche se”stretta” e ci invita a “trovarla” anche quando viene soppiantata e nascosta dalle ideologie e da quelle interpretazioni pseudo-scientifiche della realtà – condizionate da premesse e visioni filosofiche irrealistiche- che confondono il bene con la “facilità”del lasciarsi andare, le quali creano il”mito” dei sentimenti contrapposti alla ragione.

La costruzione della personalità, la crescita e il miglioramento, la soluzione dei problemi che la realtà pone costituiscono un “lavoro” che dura per tutta la vita. Questo “lavoro”, però, deve essere fatto senza “affanno”,un lavoro fatto per amore di Dio e con il cuore distaccato dalle cose: questa è l’essenza della povertà spirituale indicata da Gesù Cristo nel Vangelo, una povertà che è abbandono fiducioso in Dio.

Acquisire un atteggiamento di umiltà significa rendersi conto che liberi non si nasce, sapienti non si nasce, competenti non si nasce ma si diventa e mai in maniera perfetta, mai in maniera definitiva e occorre accettare la naturale sofferenza che ogni opera comporta.

Non accettare la legittima sofferenza che nasce da ogni opera ragionevole, rifiutare i sacrifici che la vita impone ad ognuno di sopportare produce uno stato di dolore maggiore: la fiducia in se stessi e la felicità nascono dal prendere su di sé, cioè dall’accettare attivamente il “giogo” della vita.

Gesù dice:
” SE UN TUO FRATELLO PECCA, RIMPROVERALO; MA SE SI PENTE,PERDONAGLI.
E SE PECCA SETTE VOLTE AL GIORNO CONTRO DI TE E SETTE VOLTE TI DICE: MI PENTO, TU GLI PERDONERAI “”.
( Lc 17,3-4 )
Questo significa che, sia verso gli altri, che verso se stessi bisogna avere un atteggiamento pacifico, non aggressivo. Bisogna lavorare su se stessi in pace, con atteggiamento compassionevole,accettando le sconfitte, ricominciando con pazienza e sempre con amore, amore verso se stessi e verso gli altri.

Non bisogna confondere la strada stretta di chi deve lavorare cristianamente su se stesso con il perfezionismo. La strada indicata da Gesù è un cammino paziente e pacifico. Il perfezionismo è la falsa strada che nasce dall’amor proprio, tipico dell’egocentrismo che nasce dalla superbia..

La strada indicata da Cristo è un cammino paziente, pacifico, amorevole. Il perfezionismo, invece, è un voler arrivare a fare ogni cosa nel miglior modo e in poco tempo.

Nella strada cristiana c’è la gioia di essere se stessi, nel perfezionismo c’è il rifiuto di se stessi ed il desiderio di essere un altro.

Nella strada cristiana c’è la serenità che conta sull’amore di Dio,che si abbandona continuamente all’amore di Dio e alla sua opera di trasformazione in noi, nel perfezionismo c’è la continua preoccupazione che nasce dal pensiero dei propri difetti. La persona che cammina sulla via indicata da Cristo non si scandalizza per i peccati propri e altrui, il perfezionista, al contrario, è sempre deluso o sorpreso per i peccati propri e degli altri.

Il perfezionista non conosce la pazienza che salva, non sa attendere, non sa accettare la crescita progressiva, non sa abbandonarsi nelle mani della provvidenza e si rattrista spesso ma la tristezza non nasce mai dall’amoredi Dio ma dall’amor proprio che agisce camuffandosi dietro le apparenze di una vita cristiana.

Un maestro di spiritualità come sant’Ignazio di Loyola ricorda che, nella via dello spirito, la tristezza, i tormenti di coscienza, i dubbi, lo scoraggiamento ed ogni atteggiamento che toglie la pace non provengono mai da Dio che è pace, gioia, certezza, serenità, ma provengono dall’amor proprio o dall’azione demoniaca. Il perfezionismo nasce dalla confusione che viene fatta fra il modello Ideale verso cui camminare con l’impeccabilità, cioè con il proprio io idealizzato. In questa vita, dopo il peccato originale, è possibile una continua crescita ma non più la perfezione che esisteva nel paradiso terrestre: la costruzione della personalità è un compito che dura tutta la vita e che si completerà sotanto con la resurrezione dei santi.

Gesù attende con pazienza il nostro lavoro di crescita. Egli è sempre pronto ad aiutarci e a perdonarci ma vuole che continuiamo a lavorare su noi stessi, a camminare lungo la via stretta. La grazia ci dona una forza che aiuta la volontà e una luce che illumina la mente, ma non si sostituisce agli sforziche dobbiamo fare, alla strada che dobbiamo percorrere.

TUTTAVIA, CIO’ CHE CONTA VERAMENTE, PER NOSTRO SIGNORE, E’ L’INTENZIONE E IL “LAVORO” CHE VIENE FATTO, NON I RISULTATI: DIO GUARDA IL CUORE .

( Bruto Maria Bruti )

Bibliografia:
San Tommaso D’Aquino, Opuscoli teologico-spirituali, trad. di Raimondo M. Sorgia, o.p., ed. paoline, Alba ( CN ) 1976

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Bruto Maria Bruti
LA NOSTRA SESSUALITÀ
Felicità, desiderio e piacere nell’essere umano

pp. 168 – € 15,50
ISBN 978-88-7198-593-0

Questo libro è un sollievo. Il professor Bruti ci parla di cose belle, grandi, importanti. Ci parla di amore, di un progetto personale che si compie nell’unione con l’altro, del desiderio di potersi abbandonare nel completo godimento di un eterno abbraccio. È un sollievo, dicevo, leggere di noi stessi, della nostra sessualità e della persona che amiamo in questi termini. Dopo anni in cui gli «esperti» hanno tentato di convincerci che la gioia è «nient’altro che» un «orgasmo», che la persona amata è «nient’altro che» un «oggetto sessuale», che il sesso è «nient’altro che» un «meccanismo relativamente semplice che provvede alla reazione erotica quando gli stimoli fisici e psichici sono sufficienti», finalmente qualcuno ci dice che in realtà dell’altro ci sarebbe: il nostro desiderio di sentirci amati in modo unico, esclusivo, incondizionato, per sempre (dalla Presentazione di Roberto Marchesini).

Il libro si puo’ trovare e chiedere (talvolta ordinandolo) in qualsiasi libreria.
Oppure su
IBS La nostra sessualità. Felicità, desiderio e piacere nell’essere umano – Bruto M. Bruti – Libro – SugarCo – Argomenti | laFeltrinelli
oppure ad esempio
La nostra sessualità – Felicità, desiderio e piacere nell’essere umano libro, Bruti Bruto M., SugarCo, giugno 2010, Sessualità e morale – LibreriadelSanto.it

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