
Nel 2019 la Scuola di cultura cattolica di Bassano del Grappa ha premiato Flora Gualdani, fondatrice dell’Opera Casa Betlemme.
Cosa si prova a vedere il proprio nome accanto a quello di personalità cattoliche di assoluto rilievo mondiale?
Mi
ricorda la mia piccolezza, quasi mi umilia. La mia regola è non cercare
e allo stesso tempo non rifiutare gratificazioni. Accolgo il premio
con tanto piacere e sorpresa.
Cosa significa cultura per un’ostetrica di campagna?
Fare
cultura rientra nella missione della nostra Opera, lo si capisce dalla
Regola di vita che ho coniato: «Ora, stude et labora ». Alla preghiera
e all’operosità si aggiunge lo studio come formazione permanente su
cui sono impegnata insieme ai miei collaboratori, poiché il servizio
nella procreatica è un campo delicato che esige un continuo
aggiornamento scientifico ed etico.
Ci racconti la storia di Casa Betlemme…
Nell’agosto
1964, dopo un’intuizione nella Grotta di Betlemme, aprii a casa mia
un piccolo ‘ospedale da campo’ dedicato alle maternità difficili. Presi
con me la bambina di una donna con una gravidanza che metteva a
repentaglio la sua salute. Da quel momento l’accoglienza di donne e la
prevenzione dell’aborto sono diventate le attività principali di Casa
Betlemme. Ho costruito con le mie mani le casette per accogliere le
madri e i bambini.
Quando si è associata l’attività culturale?
Ho
girato il mondo, usavo le mie ferie per soccorrere le madri nei Paesi
in cui la vita nascente era messa a rischio per vari motivi. Il vescovo
di Bangkok voleva che rimanessi e aprissi là una casa. Ma sentivo che la
mia missione era nel nostro Occidente che vedeva crescere opulenza e
disperazione. Vedevo dilagare il degrado morale e la povertà culturale
su certi temi.
A cosa si riferisce?
La disinformazione in materia di Humanae vitae
e procreatica era galoppante: l’ho incontrata a tutti i livelli, nelle
corsie e nelle sacrestie. La gente non conosce i fondamentali e le
ragioni della dottrina sul no alla contraccezione e alla fecondazione
extracorporea.
Quando si è resa conto che, oltre a ‘sporcarsi le mani’, si doveva ‘mettere in cattedra’?
Nei
primi anni ’80 decisi di aprire a Casa Betlemme un reparto per la
formazione. Volevo aiutare la Chiesa nel suo compito pastorale. Per
buttarmi anima e corpo in questa impresa ho dovuto prendere una
decisione. Avevo davanti due poveri: la Chiesa e la Sanità. Scelsi di
servire il più povero e abbandonai in anticipo la mia amata professione
ospedaliera. Nel discernimento prevalse l’amore per la Chiesa. Con
l’obiettivo di impegnarsi nell’opera di misericordia spirituale che
oggi considero più urgente: istruire gli ignoranti sul Vangelo della
vita.
Quali sono stati i suoi riferimenti culturali?
Per
prepararmi ho frequentato corsi specifici all’Università Cattolica di
Roma, dove ho conosciuto veri giganti della fede e della scienza. Lì ho
avuto come maestri figure del calibro di Jerome Lejeune, Wanda
Poltawska, Anna Cappella, i coniugi Billings, Carlo Caffarra ed Elio
Sgreccia, ma sopra tutti san Giovanni Paolo II. Dai suoi insegnamenti mi
sono sentita sostenuta anche nei momenti più difficili.
Come sintetizzerebbe la situazione culturale di oggi nella quale si inserisce l’attività di Casa Betlemme?
Posso distillare la mia sollecitudine per l’attività culturale in una frase: se sopra la disinformazione seminiamo la confusione, alla fine raccoglieremo devastazione. Mi piace definire Casa Betlemme come una Università dell’amore alla persona, con una Facoltà della vita. Un luogo di divulgazione a livello popolare dove continuamente si tengono incontri e corsi di formazione per giovani e sposi, per medici, educatori e religiosi. Tre sono le materie: alfabetizzazione bioetica, teologia del corpo e procreazione responsabile, cioè insegnamento dei moderni metodi naturali per la regolazione della fertilità, con un servizio di consulenza qualificata alle coppie. Questa è un’urgenza oggi assai diffusa, e Casa Betlemme negli ultimi anni è uscita dai confini aretini ‘esportando’ la formazione per accontentare le tante richieste che giungono da tutta Italia, anche da persone consacrate.
Casa Betlemme affascina le molte persone che con entusiasmo accolgono le mie parole mi piace definirlo proprio ‘carisma dell’armonia’: coniugare in profondità carità e verità, l’impegno sociale e la dimensione morale, azione e contemplazione, scienza e fede.
Per stare sempre in moto serve tanto carburante. Qual è la benzina di Casa Betlemme?
La
fraternità dei collaboratori cresce di anno in anno. Tutti sono
animati da uno spirito di gratuità e sacrificio per una scelta
evangelica, la stessa che mi ha fatto povera tra i poveri. Il motore di
Casa Betlemme sta nel cenacolo permanente di adorazione eucaristica,
con una spiritualità fondata sulla contemplazione dell’Incarnazione
del Verbo e l’esaltazione della maternità di Maria.