6.1. Tre mesi di persecuzione
Accertato il mio spirito esser questa la volontà di Dio, pensai che molto potevo profittare nello spirito, esercitandomi nelle sante virtù, per così piacere al mio amato Signore, per il quale sentivo tanto amore che ogni grave patire era lieve per me, mi misi dunque in stato di sofferenza, risoluta di soffrire dal consorte e dai parenti tutte le ingiurie, tutti i maltrattamenti che mi venissero fatti. Non ci fu poco da soffrire, ma con la grazia di Dio tutto superai, esercitandomi per buoni tre mesi che durò la fiera persecuzione, nelle sante virtù del servizio, dell’umiltà, della pazienza; vedendomi per misericordia di Dio così mansueta, cessarono di più molestarmi su quanto si è riferito.
In questi tre mesi di fiera persecuzione molti furono i favori che mi compartì il buon Dio, particolarmente nella santa comunione, e nella festa della sua divina Madre, nel giorno del glorioso san Giovanni Battista nelle suddette festività.
Era poco meno di un anno che il suddetto sacerdote dirigeva il mio spirito, quando mi comandò di fare una preghiera al Signore, acciò degnato si fosse manifestarmi quello che voleva da me. Mi diceva: «I favori che Dio vi comparte manifestano chiaramente che voglia da voi qualche gran cosa. Io lo voglio sapere, vi comando di raccomandarvi umilmente al Signore, acciò si degni manifestarlo».
Non mancai di obbedire prontamente, benché il mio spirito non avesse il minimo desiderio di saperlo. Le mie premure erano tutte dirette a chieder perdono al mio Signore, tenendo per sommo favore il poterli salvare.
Nei tre mesi anzidetti, benché fossi assistita dal suddetto sacerdote, mi portavo con qualche frequenza dal suddetto padre, con la licenza del mio direttore medesimo, che a cagione di salute non poteva più con frequenza assistere al confessionario. Il mio spirito portato da particolar fiducia, molto più volentieri si manifestava al lodato padre, di quello che al suo proprio direttore, cosa provavo in me, nell’entrare che facevo in quel sacro tempio, non so ridirlo.
Nella Santa Comunione poi, che il più delle volte mi era somministrata da quei buoni religiosi, sperimentavo in me un paradiso di contenti. In questa chiesa ricevevo da Dio grazie ben grandi, anche restavo ammirata, non sapendo il motivo qual fosse. Per obbedire al mio direttore non mancavo di raccomandarmi al Signore, acciò degnato si fosse manifestarmi quello che voleva far di me, nel tratto della mia vita.
6.2. Quello che Dio vuole da me
Non so indicare precisamente né il mese né il giorno che mi seguì il fatto che sono per raccontare, so bene però che mi seguì nei tre mesi anzidetti di luglio o agosto o settembre del 1807. Una mattina dunque dei suddetti tre mesi mi portai alla chiesa di quei buoni padri, dove feci la santa Comunione con molto fervore.
Il Signore mi degnò di grazia molto particolare, ricevette il mio spirito una particolare unzione, che mi tenne tutta la giornata assorta in Dio. Il giorno dopo pranzo, secondo il solito mi ero ritirata per fare orazione al mio caposcale, come si è detto nei fogli passati, lo spirito fu sollevato da particolare orazione. Nel tempo che l’anima mia si tratteneva in umili sentimenti nel vedersi tanto sollevata, Dio viepiù l’andava innalzando, fintanto che mi degnò della sua vicinanza. Nel tempo che sentivo per la sua vicinanza un santo timore, annientavo il mio cuore, e, piena di rispetto e venerazione, confessavo il mio nulla avanti alla sua tremenda maestà. Tutta sbigottita se ne stava la povera anima mia per il timore; allora fu che da sonora voce mi fu manifestato quello che Dio vuole da me nel corso della vita, quante volte fedelmente corrisponda ai suo favori, mentre questo è il fine per cui mi concede tante grazie e tanti favori.
L’anima mia restò tutta intimorita, quando le fu dichiarato quello che Dio voleva da me, misera peccatrice. La voce venerabile che mi parlò non solo incluse in me un santo timore, ma lo spirito restò affatto sbigottito, per il rispetto di chi gli parlava. Fui sopraffatta da vivi sentimenti di umiltà, e annientata in me stessa, stavo con somma attenzione per udire quello che Dio era per manifestarmi. Questi furono gli accenti che pronunziò la veneranda voce: «Io ti voglio tutta santa».
A questi autorevoli accenti caddi stramazzone sul suolo, stetti per molto tempo prima di rinvenire, trovandomi che dagli occhi avevo tramandato un profluvio di lacrime.
6.3. Attrazione di spirito verso il P. Ferdinando
Il fatto suddetto mi pare che seguisse il dì 5 luglio 1807, ma non posso asserirlo di certo. Non avevo coraggio di manifestare al mio direttore quanto mi era accaduto, avevo una precisa necessità di comunicarlo, per il timore che avevo di esser ingannata, non sapendo se fosse buono o cattivo quel gran timore che mi aveva cagionato nello spirito. Pensai dunque di farmi coraggio e manifestarlo al lodato padre, con somma mia pena gli comunicai il fatto accadutomi, gli dissi ancora di non avere avuto il coraggio di manifestarlo al mio direttore. Il suddetto padre mi comandò di manifestare senz’altro indugio al mio direttore quanto nel mio spirito mi era accaduto.
Prontamente obbedii, non occultando al medesimo neppure la poca confidenza che avevo usato verso di lui. Gli dissi ancora il prudente comando del lodato padre. Ma questo non ad altro servì che a rendere più difficile l’accordarmi la licenza di andare a trovare il lodato padre, pena molto sensibile per me; che sentivo un’attrazione di spirito molto particolare, tanto per il gaudio che sentiva il mio spirito nel trattenersi in questa chiesa, quanto per il bene che Dio mi comunicava per parte del suddetto padre, mentre le sue parole erano per me lo stesso che incendiarmi il cuore di santo e puro amore, pareva veramente che Dio si compiacesse di vedermi ai piedi di questo suo ministro, mentre in confessionario medesimo più volte mi si comunicava, in guisa tale che il mio spirito inondava nella dolcezza del suo amore. Molte erano le lacrime di contrizione di cui Dio mi degnava, mi donava una fiducia vivissima, che rendeva molto efficace la contrizione, la fede e la speranza sollevavano il mio spirito, e così giungeva a struggersi di amore in lacrime di gratitudine.
Tutto questo bene che Dio mi faceva sperimentare per parte di questo reverendo padre, mi parevano tutti segni certi che Dio volesse che il mio spirito da questo suo ministro fosse diretto. Ciò nonostante molto grandi erano le preghiere che il mio spirito porgeva all’Altissimo acciò degnato si fosse mostrarmi la sua volontà. Non andò molto lungo il mostrarmi Dio chiaramente la sua volontà.
6.4. Sotto la direzione del P. Ferdinando
Era quasi scorso il mese di settembre, quando ogni giorno più si faceva serio il male del mio direttore; i suoi parenti pensarono di mandarlo fuori per sempre, giacché i medici erano di parere che l’aria di Roma non si confacesse al suo temperamento. Eccomi dunque necessitata di stabilirmi sotto la direzione del lodato padre; benché il suddetto chiaramente conoscesse essere la volontà di Dio il dirigere la povera anima mia, ciò nonostante ne volle il sentimento di un padre gesuita.
A questo oggetto mi mandò dal suddetto, il padre gesuita, esaminato che ebbe il mio spirito, mi assicurò esser questa la volontà di Dio, sicché con somma consolazione del mio cuore il mese di ottobre del 1807 mi stabilii sotto l’obbedienza del lodato padre, e perché restasse pienamente informato e della mia coscienza e del mio spirito, feci la confessione generale, con vero sperimento di contrizione; feci la rinnovazione dei voti, ma questi non erano perpetui, ma solo da rinnovarsi di tempo in tempo, ad arbitrio del direttore pro tempore.
Erano circa tre anni che avevo rinnovato i voti di castità, di povertà, di obbedienza, da rinnovarsi di tempo in tempo a beneplacito del direttore, feci dunque questi voti per tre mesi, secondo il solito, con l’approvazione del lodato padre, ebbi particolare ispirazione di aggiungere ai tre voti un proposito di esercitarmi nella virtù della santa umiltà, con molta facilità ne riportai dal medesimo la licenza. Ecco il mio spirito pienamente soddisfatto per essere diretto dal lodato padre, viepiù il Signore si compiaceva di vedermi ai piedi di questo suo ministro; andavo di carriera serrata verso l’amato suo bene.
6.5. Preghiera e mortificazione
Ogni giorno più ero favorita dal Signore in maniera particolare, la povera anima mia cercava ad ogni suo costo di piacere al suo Dio, esercitandosi nelle sante virtù, ma particolarmente nella mortificazione e nel raccoglimento, nel silenzio; ma tutta intenta a sollevarmi verso Dio, che fortemente mi tirava, passavo le settimane intere senza interrompere né il silenzio né l’orazione, a confronto delle burle e degli scherni che ricevevo dai parenti, ma la grazia di Dio mi rendeva affatto insensibile a tutte le burle e gli scherni. Tanto erano frequenti i favori del Signore, che ero affatto stupita da questo. I miei parenti prendevano motivo di biasimare la mia condotta; ma il mio spirito, con la grazia di Dio, si faceva sordo a tutte le loro querele, non cercava altro che piacere all’oggetto amato.
Mortificavo il mio corpo con quotidiane disciplina e cilizio per non gustare le buone vivande della tavole usavo dell’assenzio per amareggiare la bocca; mi trattenevo per lo spazio di tre quarti d’ora in orazione, sostenendo sopra le mie spalle un legno gravissimo in forma di croce, il più delle volte in questa orazione penosa ero favorita da Dio in maniera particolare, che non soffriva alcuna pena nel soffrire il gravoso peso, come ancora alle volte mi trattenevo unita con le braccia in croce per lo spazio di tre quarti d’ora con tanta dolcezza e soavità che questo breve tempo mi pareva un momento, molto più mi sarei in queste orazioni trattenuta, se l’obbedienza non me lo avesse impedito, molto grandi erano le grazie che a tutte le ore ricevevo dall’amoroso Signore, ammettendomi alle volte a trattare familiarmente con lui. Sotto la forma di fanciulletto mi compariva, ora consolandomi, ora facendomi sperare un grado molto alto di perfezione.
Avevo particolare trasporto ai frutti, e fin dai primi momenti che mi diedi a servire Dio, ne feci a lui un sacrificio, promettendogli di mai più gustare alcun frutto per amor suo. Facevo delle mortificazioni ripugnanti alla natura, ma poi mi furono proibite dal mio buon padre; il mio spirito, contento di obbedire, senza alcuna pena lasciò subito questa mortificazione. Cresceva in me ogni giorno più il fervore di piacere al mio buon Dio e ne cercavo da lui il saperlo, con frequenti preghiere lo supplicavo acciò degnato si fosse manifestarlo.
6.6. Soggetta in tutto al padre spirituale
Nel mese di novembre del 1807 il dì 11 fu sollevato il mio spirito da particolare orazione, per mezzo della quale conobbi che Dio voleva che rinunziato avessi alla mia volontà e soggettato avessi al mio padre spirituale il mio intelletto, mentre voleva che per amor suo fossi come stolta. Mi fece intendere ancora che questa era la strada breve per arrivare alla perfezione; questa notizia bastò, perché il mio spirito facesse nelle mani del lodato padre una rinunzia generale di tutto se stesso, rinunziando non solo alla volontà, ma ancora all’intelletto, desiderando divenire stolta affatto per Gesù Cristo.
Molti furono i favori che ricevetti da Dio nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio, ma io non li ricordo precisamente per poterli chiaramente manifestare; uno solo ne dirò, che chiaramente lo ricordo.(dal Diario di Elisabetta Canori Mora)