Vita di Santa Gemma Galgani

Gemma_Galgani_1878-1903
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Gemma Galgani è stata una mistica e veggente italiana, profondamente legata alla spiritualità dei Passionisti, un ordine religioso a cui non appartenne mai formalmente, ma di cui incarnò pienamente gli ideali. La sua vita, breve ma intensa, è un esempio straordinario di fede, amore per Cristo e totale abbandono alla volontà divina. Fin dalla giovane età, Gemma vive una profonda intimità con Gesù, caratterizzata da esperienze mistiche straordinarie e da una preghiera semplice e autentica, ma al tempo stesso capace di toccare le vette della teologia.

Di fronte a enormi difficoltà, si lascia guidare con fiducia dal suo Angelo Custode, che per lei diventa un compagno di vita e un sostegno nei momenti più bui. Fin dall’infanzia, Gemma sceglie di mantenere il cuore puro e si impegna a vivere una vita immacolata, dedicata completamente a Dio.

Gemma nasce il 12 marzo 1878 a Borgonuovo di Camigliano, vicino Lucca, in una famiglia amorevole ma segnata presto dal dolore. A soli sette anni, durante la Cresima nella Chiesa di San Michele in Foro, Gesù le chiede di accettare il sacrificio più grande: la perdita della madre. Questo evento tragico diventa il primo passo di una vita segnata dal dolore, ma anche da un’intimità speciale con il Signore.

A 18 anni, Gemma affronta un’operazione al piede estremamente dolorosa, senza anestesia, dimostrando una forza straordinaria. Nello stesso anno, durante il giorno di Natale, fa il voto di castità, consacrandosi completamente a Dio. Poco dopo, perde anche il padre e si ritrova orfana, senza risorse economiche, e quasi abbandonata nella miseria.

Una giovane tutta per Dio
Nonostante le difficoltà, Gemma non si scoraggia. A vent’anni rifiuta una proposta di matrimonio, dichiarando con decisione: “Voglio essere tutta di Gesù”. Durante quest’anno cruciale, vive un evento che cambierà la sua vita: una guarigione miracolosa da una malattia spinale considerata incurabile. È in questo periodo che iniziano le sue esperienze mistiche, che la rendono nota a Lucca come “la ragazza della grazia”.

Un altro aspetto straordinario della sua vita è il rapporto con il suo Angelo Custode, con cui comunica regolarmente. Gemma gli affida incarichi particolari, come recapitare lettere al suo direttore spirituale a Roma. Lei stessa racconta: “Scrivo la lettera, la consegno al mio Angelo, che è qui accanto a me, e lui la porta”. In modo misterioso, le lettere arrivavano sempre a destinazione, senza passare dalle Poste.

Nel giugno 1899, Gemma riceve uno dei doni mistici più rari e significativi: le stigmate, i segni visibili della Passione di Cristo. Ogni giovedì sera, fino al venerdì, sul suo corpo compaiono le ferite dei chiodi, le piaghe della flagellazione e i segni della corona di spine. Nonostante il dolore, Gemma accoglie tutto con amore, considerandolo un modo per unirsi ancora di più a Gesù.

Nello stesso anno conosce i Padri Passionisti, durante una missione nella Chiesa di San Martino. Diventano un riferimento importante per la sua crescita spirituale e la introducono nella famiglia Giannini, una famiglia profondamente religiosa e benestante che la accoglie come una figlia. Gemma visse nella loro casa, in via del Seminario a Lucca, per circa quattro anni, conducendo una vita ritirata tra preghiera e contemplazione. Durante questo periodo, fu assistita spiritualmente da monsignor Volpi, suo confessore, e dal passionista Germano Ruoppolo, che in seguito scrisse la sua prima biografia.

Accettare il dolore per amore
Le stigmate di Gemma, che si aprono ogni settimana, suscitano interesse e scetticismo. Alcuni scienziati, così come diversi direttori spirituali, mettono in dubbio la sua autenticità. La accusano di mistificazione, isteria o autosuggestione, sottoponendola a prove rigorose. Ma Gemma non si difende: accetta tutto con umiltà e obbedienza. Al centro della sua vita ci sono sempre Gesù e la sua volontà. Lei stessa chiede a Cristo non sollievo, ma più dolore, offrendolo per la salvezza dei peccatori.

Nel 1901, su richiesta di Padre Germano, Gemma scrive un’autobiografia, conosciuta come “Il quaderno dei miei peccati”. Poco tempo dopo, si offre come vittima al Signore per la conversione dei peccatori, accettando ogni sofferenza che le viene chiesta. Gesù le rivela il desiderio di fondare un monastero Passionista a Lucca, e Gemma accoglie con entusiasmo questa missione.

Tuttavia, la sua salute inizia a peggiorare rapidamente. Affetta da tubercolosi, per evitare il rischio di contagio, Gemma viene allontanata dalla casa dei Giannini e trasferita in una piccola abitazione vicina, in via della Rosa. Qui trascorre i suoi ultimi giorni, segnati da un dolore intenso ma vissuto con straordinaria serenità e abbandono alla volontà di Dio. Muore il Sabato Santo del 1903, a soli 25 anni, chiedendo fino all’ultimo di soffrire per amore di Gesù e per la salvezza delle anime.

Un’eredità spirituale che dura nel tempo
Dopo la sua morte, il desiderio di Gemma si realizza: a Lucca viene edificato il monastero delle claustrali Passioniste, che accoglie oggi le sue spoglie mortali. Padre Germano, suo direttore spirituale, scrive nel 1907 la prima biografia che testimonia la sua vita straordinaria, e i processi canonici per il riconoscimento della sua santità iniziano poco dopo.

Nel 1933, Papa Pio XI proclama Gemma Beata, e nel 1940 Papa Pio XII la canonizza, riconoscendola come esempio universale di fede e amore. La sua festa liturgica è fissata all’11 aprile, il giorno della sua morte, e il suo esempio continua a ispirare i fedeli di tutto il mondo.

Cosa ci insegna Santa Gemma Galgani
Prima di tutto ad affidarci a Dio. Poi ad affidare a Dio anche le sofferenze. Non le dobbiamo cercare ma possiamo accogliere quelle che la vita ci pone davanti e trovare nella fede la forza di offrirle ed affrontarle.
Un ulteriore insegnamento è che nulla ci puo’ allontanare da Dio.
Nè la malattia, nè gli insuccessi, nè le delusioni o le incomprensioni delle persone con cui viviamo.
Fidiamoci e affidiamoci.
Santa Gemma prega per noi.

Paolo Botti

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