di P.Piero Gheddo
Il Natale è festa religiosa da vivere innanzitutto ricuperando le radici della nostra fede con la preghiera e i Sacramenti. Ricordandosi anche dei poveri. Tutto il resto: importante ma secondario. Nel 1978, un anziano missionario del Pime che aveva lavorato in Cina da prima dell’ultima guerra mondiale e nel 1952 venne espulso dal regime comunista di Mao, ricevette da Kaifeng (provincia di Henan) questa lettera di un suo antico catechista: “Caro Padre, ti ho scritto due volte quest’anno per dirti che la mia famiglia è di nuovo riunita dopo una lunga separazione (cioè, dopo il carcere nel tempo della persecuzione, n.d.r.).
Fra poco potremo celebrare il primo Natale, dopo più di vent’anni che la nostra chiesa era chiusa e usata come magazzino. L’hanno riaperta e ci sono due sacerdoti nella nostra città. Finalmente potremo avere una Messa il giorno di Natale, quando Gesù verrà a visitarci. Il Signore ha concesso a me e alla mia famiglia la gioia di ritornare a godere della libertà e di celebrare assieme ai nostri fratelli che credono in Lui questa grande festa della nostra fede”.
Come vivere cristianamente il Natale?Anzitutto ricordando che il Natale è “la grande festa della nostra fede”, la festa dei semplici e degli umili di cuore, che sanno inginocchiarsi davanti al Presepio e pregare il Figlio di Dio che s’è fatto uomo per salvarci.
Molti fanno festa ma non sanno nemmeno perché. Il 25 dicembre dell’anno scorso sono andato a comperare un giornale. Il giornalaio mi ha detto: “Buon Natale!”. “Grazie – gli ho risposto – ma che auguri mi fa?”. Mi ha guardato interdetto: “Mah, non so, che lei sia felice, che abbia lunga vita, che le vada tutto bene…”. Gli dico: “Anch’io le auguro Buon Natale, cioè che Dio sia con lei, l’unica cosa che conta davvero nella nostra vita”. Mi ha ringraziato ma non sembrava troppo convinto. Crede anche lui alla nascita del Figlio di Dio, forse non è abituato a pensarci.
Il Natale rischia di diventare, anche per noi che ci crediamo, una festa pagana: un tempo di vacanza, un gran pranzo, star bene, incontrare la famiglia e gli amici, divertirsi, avere tanti soldi (o magari troppo pochi) da spendere per fare e ricevere regali. In un dicembre di anni lontani ero in Germania, il manifesto di una chiesa protestante rappresentava un Presepio con un fumetto che usciva dalla bocca del piccolo Gesù: “Per favore, nessuna orgia di cibi, di alcolici e di regali nella ricorrenza della mia nascita. Ricordatevi dei poveri. Firmato: il Bambino Gesù”. Ricordatevi dei poveri! E’ ancora di moda l’educazione alla solidarietà verso i poveri? Oppure nelle famiglie si propongono solo mete come la carriera, i soldi, i divertimenti? Quand’ero piccolo, il pomeriggio di Natale la mamma prendeva noi tre bambini e ci portava da una famiglia con tanti figli, per donar loro qualche regalo e un po’ di dolci. Eravamo poveri anche noi, ma qualcosa potevamo darlo agli altri e questo capitava anche in altre feste nel corso dell’anno. Nel tempo natalizio si celebra nelle Filippine un’antica usanza spagnola, la “misa de gallo”, quando il gallo canta. Ci si ritrova alle quattro del mattino nella grande chiesa parrocchiale con migliaia di fedeli, oppure in una povera casa di legno su palafitte, tra il piagnucolare dei piccoli e il grugnire dei maiali sotto i piedi: a dicembre i missionari visitano i gruppi di fedeli a questo modo, andando sul posto la sera prima.
Tutti portano qualcosa, un dono in natura, un regalo, un po’ di soldi e chi ha molto deve dare di più. La Messa natalizia ricorda che siamo tutti fratelli: al termine si distribuiscono i doni ai più poveri. Il Natale senza bontà, senza generosità, senza l’entusiasmo del bene, non è più un Natale né cristiano né umano.
Però la nascita di Gesù è qualcosa di più e di diverso. “Col Natale entra in scena – ha scritto don Giussani – una cosa assolutamente occulta a tutti, vale a dire il reale, la realtà. La grande Presenza”. L’Avvenimento del Natale ha cambiato il corso della storia e la nostra vita personale: non è una favola o un mito, ma un fatto storico che la fede rende di nuovo presente nel mondo d’oggi, dove però, nella mentalità e nei comportamenti comuni, esiste solo quello che si vede e si tocca. Ecco perché il cristiano, per vivere bene il Natale, deve andare contro-corrente. Allora, in concreto, come vivere da cristiani il Santo Natale? Gesù porta nel nostro quotidiano la Presenza di Dio che ci ama e vuole salvarci: a Natale dobbiamo ritornare a Dio, convertirci a Dio, interrogarci su come rispondiamo all’amore del Figlio di Dio che è nato per noi. Siamo cristiani perché vogliamo vivere “la vita nuova in Cristo”. La nascita di Gesù rinnova, se vogliamo, la nostra esistenza, ci invita a coltivare questo ideale: voglio vivere una vita nuova nell’amore a Cristo e ai fratelli. Una delle aspirazioni comuni oggi è quella di non invecchiare: creme, medicine, diete, fisioterapie, interventi chirurgici e via dicendo.
Vorrei gridarlo a tutti: la vera ricetta per rimanere giovani è vivere nella Grazia di Dio e amare Gesù Cristo e il nostro prossimo! Fisicamente il nostro corpo decade e non è male tentare di rallentare questo processo fisiologico. Ma dobbiamo rimanere sempre giovani nello spirito e anche saper ritornare bambini: coscienti come il bambino che tutto ci viene da Dio, pronti a ricevere i doni di Gesù.