Gandhi aveva un grande rispetto per ogni forma di vita che lo induceva anche a rifiutare categoricamente l’aborto. E non solo in via di principio, anche nelle circostanze concrete più terribili. Nel volume Antiche come le montagne si riporta una lettera di un giovane al Mahatma.
Racconta di essere stato all’estero e spiega che in questo frangente un suo amico, traditore, ha sedotto sua moglie mettendola incinta. Ora, scrive il giovane marito, “mio padre insiste perché la ragazza ricorra all’aborto, altrimenti, dice, la famiglia sarebbe disonorata. A me sembra ingiusto far così. La povera donna è rosa dal rimorso e piange sempre. Vuole avere la gentilezza di dirmi qual è il mio dovere in questo caso?”.
Gandhi risponde, con grande delicatezza e rispetto per le persone, ma con decisione sull’essenziale: “mi sembra chiaro come la luce del giorno che l’aborto sarebbe un crimine. Innumerevoli mariti sono colpevoli dello stesso errore di questa povera donna, ma nessuno mai li accusa… La donna in questione merita pietà. Sarebbe sacro dovere del marito allevare il bimbo con tutto l’amore e la tenerezza di cui è capace e rifiutare di seguire i consigli del padre”.