a PIETRO CONTARINI – Vicenza, agosto 1537 – MI Epp I 123-126 IHS
La pace di Cristo. Ho già parlato a lungo delle nostre cose e di questioni che la riguardano personalmente in una lettera indirizzata al signor Martino Zornoza1, e perciò in questa sarò breve. Non le scrivo per ragioni di necessità, ma perché non si dica che ci siamo dimenticati di lei. Finora, per grazia di Dio, siamo stati sempre bene in salute.
Ogni giorno di più sperimentiamo quella verità: «Gente che non ha nulla e invece possiede tutto!»2; intendo, quel «tutto» che il Signore ha promesso come aggiunta a coloro che cercano prima il regno di Dio e la sua giustizia3.
Potrà forse mancare qualche cosa a quanti cercano unicamente la giustizia del regno e il regno stesso, a quanti ricevono come benedizione non la rugiada del cielo e la pinguedine della terra4, ma la sola rugiada del cielo? Parlo di coloro che non sono divisi e fissano tutti e due gli occhi ai beni del cielo. Ci conceda questa grazia colui che, essendo ricco di ogni cosa, si spogliò di tutto per darci esempio; egli che, pur vivendo nella gloria di tanta potenza, di tanta sapienza e di tanta bontà, si sottomise tuttavia al potere, al giudizio e alla volontà dell’uomo, che è così insignificante.
Ma basta, specialmente parlando con chi Cristo può anche trattenere in un grado di perfezione diverso. Infatti a lei spetta soprattutto considerare che, se possiede beni temporali, da nessuno di essi deve essere posseduto e che tutto deve riportare a colui dal quale tutto ha ricevuto. Chi, infatti, non può occuparsi tutto nella ricerca dell’«unico necessario», deve almeno far sì che siano bene ordinate le tante cose di cui si preoccupa.
Ma troppo mi sto allontanando da quanto mi ero proposto; torno a noi. Presso Vicenza, a un miglio dalla porta di S. Croce, abbiamo trovato un monastero disabitato, che si chiama S. Pietro in Vairello [= Vivarolo], dove nessuno abita.
I frati di S. Maria delle Grazie sono contenti che vi ci fermiamo per il tempo che vogliamo. Ciò che già facciamo, e vi abiteremo per qualche mese, se il Signore lo permetterà. E così non si parlerà di noi, che non siamo né buoni né perfetti, ma Dio, da parte sua, non viene mai meno.
Preghi dunque anche lei con noi il Signore che conceda a noi tutti la grazia di compiere la sua santa volontà, che è la santificazione di tutti. Abbia buona salute in Cristo Gesù nostro Signore, che ci di riga tutti nella via della pace, la quale si trova solo in lui. A proposito dei signor Gaspare5 vorrei pregarla caldamente di regolare, se non lo ha ancora fatto, quegli affari che lei potrebbe sbrigare, così che in nessun modo possa dire o pensare che viene trattenuto a Venezia per causa nostra.
Suo fratello nel Signore, Ignazio
1 Molto probabilmente agente di Carlo V a Venezia.
2 2 Cor 6, 10.
3 Mt 6, 33.
4 Gen 27, 28.
5 Gaspare De’ Dotti, che nel 1556 pronuncerà, da governatore di Loreto, i voti della Compagnia.