Tratta e accattonaggio, attività illecite e prelievo di organi

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Foto di Ivica da Pixabay

Tratta e accattonaggio
Fino al 1995 mendicare in pubblico costituiva reato e veniva punito in modo più severo se questo veniva svolto in modo ripugnante o vessatorio, ovvero “simulando deformità o malattie o adoperando mezzi fraudolenti per destare l’altrui pietà”.
La Legge n. 205 del 1999 aveva poi provveduto, anche in seguito a una sentenza della Corte Costituzionale, all’abolizione dell’intera normativa per cui la mendicità, semplice o molesta, non costituisce più reato. Il pacchetto sicurezza del 2009 (legge n. 94/2009) ha in seguito introdotto l’art. 600 octies che si occupa dell’”impiego di minori nell’accattonaggio” prevedendo sanzioni fino a sei anni di reclusione per chiunque se ne avvalga e l’obbligo di segnalazione al tribunale per i minorenni.
Qualora l’accattonaggio di un minore rientri, per le modalità e le condizioni di esercizio, nelle fattispecie rientranti nelle condotte di cui agli 600-602 c.p. può venire disposta la perdita della potestà genitoriale o la perdita della tutela o della cura.

La Direttiva 2001/36/UE inquadra l’accattonaggio in riferimento alla definizione di lavoro forzato o obbligatorio che viene data dalla Convenzione OIL n. 29/1930 che lo definisce come “ogni lavoro o servizio estorto a una persona sotto minaccia di una punizione o per il quale detta persona non si sia offerta spontaneamente”.
La “questione accattonaggio” resta tuttavia al centro di diversi dispositivi locali quali i regolamenti urbani che hanno introdotto diversi divieti alla richiesta di elemosina.
L’accattonaggio, pur depenalizzato, resta una delle attività in cui sono utilizzate sempre più spesso vittime di tratta anche minorenni, spesso funzionale ad altri tipi di sfruttamento quali la prostituzione o le attività illecite, e l’art. 600 per questo lo prevede in modo esplicito tra le forme di riduzione in schiavitù.

Tratta e attività illecite
Come già detto il D.lgs 4 marzo 2014 n. 24 ha introdotto in modo esplicito, all’art. 600, il riferimento allo sfruttamento attraverso il compimento di attività illecite (quali atti di borseggio, taccheggio, traffico di stupefacenti e altre attività analoghe che sono oggetto di sanzioni e implicano un profitto economico). Purtroppo il Decreto non ha fatto riferimento a quanto indicato dalla Direttiva circa la non punibilità della vittima che ha commesso fatti penalmente rilevanti per esservi stato costretto come conseguenza diretta di uno degli atti di cui agli artt. 600 e 601 c.p.

Tratta e prelievo di organi
La Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la biomedicina firmata a Oviedo nel 1997 richiama alla necessità che il corpo umano e le sue parti non debbono essere, in quanto  Tratta e grave sfruttamento – Quadro legislativo tali, fonte di profitto. Alla Convenzione si accompagna inoltre il Protocollo Aggiuntivo alla Convenzione su Diritti Umani e Biomedicina relativo al Trapianto di Organi e di Tessuti di Origine Umana, promosso dal Consiglio d’Europa Comitato Direttivo per la Bioetica (Strasburgo, dicembre 2001) destinato a introdurre rigidi disciplinari in materia di trapianto di organi.

Nel 2004 l’OMS ha invitato gli Stati membri ad adottare misure volte a proteggere le categorie più fragili impedendo l’acquisto e la vendita di organi umani per trapianti nonché a vietare tutti i tipi di pubblicità, anche elettronica, dell’intermediazione a scopo di lucro. E’ attualmente allo studio un progetto di legge che prevede la punizione con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa da euro 50.000 a 300.000 per chi fa parte di associazioni finalizzate al traffico, alla vendita o alla donazione illecita di organi destinati al trapianto. Se il fatto è commesso da persona che esercita una professione sanitaria, alla condanna dovrebbe conseguire l’interdizione perpetua dall’esercizio della professione.

A cura di: Da Pra Mirta, Marchisella Simona, Obert Ornella.

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