Nel dibattito attuale sull’eventuale superamento del celibato per i sacerdoti della Chiesa Cattolica di rito romano, si portano motivazioni teologiche e spirituali validissime a conferma che il celibato sia un valore aggiunto, una forza, una scelta e chiamata bellissima e indispensabile. Chi invece spinge per l’abolizione del celibato e quindi per l’accesso al sacerdozio di persone sposate dimentica le nuove sfide che il matrimonio porterebbe nel servizio sacerdotale.
Immensi sono i problemi che vivono i preti ortodossi e i preti cattolici di rito orientale, (o in maniera ancora piu’ evidente i pastori protestanti) che possono accedere al sacerdozio dopo essersi sposati. Si tratta di problemi molto concreti.
SOLDI E BENI?
Pensiamo al caos che puo’ provocare un fallimento matrimoniale nella vita di un parroco. O alle problematiche abitative, chi sosterrebbe la famiglia? la Chiesa? i parrocchiani? E che uso potrebbero fare i famigliari dei beni e degli spazi della parrocchia? Che problematiche sorgerebbero nel confronto con i parrocchiani (l’est Europa ha migliaia di esperienze negative di questi casi) E in caso di morte del parroco chi si prenderebbe cura dei famigliari?
MOBILITA’ E DISPONIBILITA’?
Un parroco dovrebbe essere disponibile (e se perfino da celibe non lo è, non è un buon sacerdote) e disposto ad andare dove c’è bisogno.
Chi ha figli e famiglia non puo’ dare tale disponibilità.
La scuola, trovare lavoro ai figli, mantenere il lavoro della moglie.
Problemi concreti. Non ci si puo’ trasferire facilmente.
E quando accadesse i costi possono essere troppo alti sia economicamente sia a livello di disagio familiare.
UN LAVORO O UNA VOCAZIONE?
Quante persone sarebbero tentati di usare la Chiesa per mantenere la propria famiglia e vivere il sacerdozio come un lavoro?
Non pensiamo solo ai paesi ricchi, pensiamo alle periferie del mondo.
RICATTABILITA’?
Pensiamo ai preti in contesti di frontiera: Asia, SudAmerica, Africa, metropoli, periferie occidentali, quartieri ghetto, quartieri mafiosi.
Un prete che nella sua predicazione debba denunciare il male, proporre il bene, spiegare l’insegnamento della Chiesa e operare per il bene, lottare contro ingiustizie o contro strutture che minacciano la Chiesa anche solo a livello spirituale o culturale, quanta libertà ha di parlare e di operare se ha una famiglia di cui tutti conoscono il volto, la casa, la vita? Poca. Molto poca.
Un marito pensa alla famiglia. (giustamente)
Un magistrato o poliziotto ha gli stessi rischi ma almeno i suoi famigliari non sono visibili.
DOMENICA, CAMPI ESTIVI, RITIRI
La sabato pomeriggio e domenica sono i giorni clou di ogni sacerdote… ed è anche forse l’unico giorno in cui le famiglie hanno piu’ tempo per stare insieme. L’esempio dei preti ortodossi è inadatto perchè nell’Ortodossia non esiste l’oratorio, quasi non esistono le missioni, i gruppi di preghiera e il catechismo e le parrocchie spesso fanno solo Messa e sacramenti e poi chiudono… Per non parlare dei campi estivi, delle vacanze, dei ritiri.
Puo’ un marito lasciare moglie e figli per tanto tempo?
CONFESSIONE E GUIDA SPIRITUALE
Vi piacerebbe affidare i vostri peccati o chiedere consigli spirituali a un uomo che ha una moglie, vi sentireste così liberi? Inoltre come influenza il rapporto del fedele con il parroco lo stile di vita della moglie e dei figli?
CASTITA’ E TONACA
E’ davvero diverso per una donna rapportarsi con una persona che sai essere casta e che porta una tonaca (a proposito perchè troppi preti si vergognano di essere identificati come prete?) rispetto a chi veste come tutti e a chi ha una moglie.
CASTITA’ E FEDELTA’
Una classica obiezione al celibato è “meglio che siano sposati che abbiano l’amante”. Ma un uomo che non sappia essere fedele al celibato, non sarà fedele nemmeno a sua moglie. Avremo preti sposati e pure infedeli alla loro sposa.
LA FALLIMENTARE ESPERIENZA DEI PROTESTANTI
Nelle librerie protestanti di lingua inglese potete trovare intere sezioni di libri sui problemi per le mogli, per i figli di pastori, per le difficoltà di gestione “comunità” e “famiglia”.
San Paolo vedeva lontano. “Chi puo’ , non si sposi” per potersi dedicare anima e corpo al servizio.
Potremmo andare ancora avanti.
Oltre alla questione spirituale e teologica, ci sono mille altri motivi per preferire che i preti siano casti e celibi.
Anche se in futuro fossero meno di quanti sono oggi, per la Chiesa e per noi cattolici, è importante solo che siano tutti di Dio, che spendano il loro tempo a pregare, annunciare il Vangelo e amministrare i sacramenti.
Di preti sposati non ce ne facciamo nulla, ci bastano i diaconi, chi vuol servire la Chiesa puo’ comunque farlo nelle mille altre forme di servizio di cui c’è immenso bisogno ovunque.
Ci servono preti ancora piu’ casti. Celibi che amino solo Dio. Che abbiano solo a cuore le anime. Preti che desiderino portare le persone in Paradiso. Il resto è propaganda.
Paolo Botti