Salvare le spose bambine

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“Voglio andare a vivere con mio zio. Che ne è dell’innocenza dell’infanzia?
Che cosa hanno fatto di male i bambini? Perché ci devono sposare così? Sono riuscita a risolvere il mio problema, ma altre bambine innocenti non ce la fanno, potrebbero morire, suicidarsi o fare chissà che cosa. Sono solo bambini. Che cosa ne sanno? Non hanno tempo per studiare né per fare altro. Non è colpa nostra. Non sono la sola. Può accadere a chiunque. Ci sono troppi casi come il mio. […] Hanno ucciso i nostri sogni. Hanno ucciso tutto quello che avevamo dentro.
Non rimane più nulla. Questo non è crescere. Questo è un crimine, un crimine”.

Le parole di Nada al-Ahdal, undicenne yemenita sfuggita al matrimonio impostatole dalla famiglia, hanno fatto il giro del mondo si possono ascoltare su YouTube 
QUI:
https://youtu.be/YZn9OARrb8Y

Anche se fosse una denuncia “costruita” o se fosse stata una tragedia davvero consumatasi, poco cambia la sostanza. Non possiamo dimenticare Rawan, bimba yemenita di otto anni, morta durante la cosiddetta prima notte di nozze perchè il marito quarantenne l’avrebbe portata in un albergo della cittadina di Hardh e l’avrebbe usata sessualmente provocandole un’emorragia letale.

La maggior parte delle spose bambine viene sposata da uomini adulti, mentre una percentuale minore viene sposata con coetanei, costretti anch’essi al contratto nuziale.

In Yemen la povertà spinge le famiglie che vendono le figlie per motivi economici
quali il saldo di un debito oppure semplicemente per avere una bocca in meno da sfamare; la “protezione” della sessualità femminile poiché proteggerebbe la donna, ma soprattutto la famiglia di quest’ultima, da eventuale disonore qualora non giungesse vergine al matrimonio; la discriminazione di genere in culture e tradizioni che disprezzano la donna tanto da giustificare ogni genere di violenza; infine leggi inadeguate ovverosia leggi inesistenti oppure che non vengono applicate.

Le suddette motivazioni valgono in toto per il caso yemenita dove ritroviamo tradizioni ancestrali protette da una legislazione insufficiente e talvolta da responsi di religiosi islamici che ne confermano la validità.

La società yemenita, e in particolare i movimenti a difesa dei diritti delle donne, hanno recentemente mostrato una reazione decisa a fronte di una tragica realtà ormai quotidiana.

In Yemen, l’attivista Hend Nasiri si batte con determinazione per ottenere una riforma del Codice dello Statuto personale. Il suo obiettivo è introdurre un’età minima di 18 anni per le donne prima di poter contrarre matrimonio. Allo stesso modo, Nishwan Hammoud al-Barida, un avvocato dell’Unione delle donne yemenite, ha scritto un articolo intitolato “Il matrimonio delle bambine nello Yemen è un crimine che richiede una legge” (link all’articolo: clicca qui). Al-Barida sottolinea che il matrimonio delle bambine non ha radici nell’islam, e sostiene che i padri che costringono le loro figlie a simili matrimoni dovrebbero essere perseguiti e puniti.

Al-Barida, riconoscendo il precedente storico di Maometto, che aveva sposato ‘A’isha quando lei aveva sei anni e aveva consumato il matrimonio quando lei aveva nove anni, afferma chiaramente che questo non giustifica in alcun modo questa pratica orribile ai giorni nostri. Anche se Maometto è stato il Profeta dell’islam e si è preso cura di ‘A’isha, permettendole di vivere la sua infanzia e di giocare con altre bambine, ciò non costituisce una giustificazione per la pratica attuale.

L’avvocato Al-Barida chiede l’adozione di una legge che sancisca anzitutto la parità di età per il matrimonio tra i sessi, stabilendo un limite minimo di 18 anni per le donne. Questa legge dovrebbe proteggere i bambini yemeniti da qualsiasi forma di discriminazione e garantire loro accesso a cure mediche, supporto economico e integrazione sociale. Inoltre, dovrebbe prevedere un sostegno finanziario mensile per le ragazze a rischio di matrimonio precoce per motivi economici. Allo stesso tempo, questa legge dovrebbe promuovere l’educazione e la formazione a livello scolastico, con l’obiettivo di eliminare le culture e le tradizioni che favoriscono questa pratica dannosa.

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