I matrimoni forzati sono sanzionati prevedendo limiti relativi all’età (vanno quindi indagati i matrimoni precoci) e alla mancanza di consenso da parte di uno o entrambi i coniugi. A normare la materia è la Dichiarazione dei Diritti Umani del 1948 all’articolo 16; la Cedaw, che fa riferimento alla Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e la Convenzione di Istanbul che l’Italia ha ratificato nel 2012.
Il fenomeno è ancora molto sommerso in Italia, anche se i dati emersi con la ricerca di Trama di Terre dell’Emilia Romagna mettono
in evidenza che nei matrimoni forzati sono coinvolte in particolare persone migranti, di seconda generazione, di genere femminile
(solo il 15% della ricerca sono maschi) e di alcune nazionalità specifiche: India, Pakinstan, Marocco, Albania, Rom Rumene,
Ghana, Senegal, regione del Tibet, Italia, ma che bisogna vigilare anche su persone provenienti dalla Nigeria e dall’Afghanistan.
Si tratta di culture dove il matrimonio combinato è ancora molto accettato. Il corto circuito avviene generalmente in terra straniera, nel confronto tra culture e religioni differenti, anche se spesso questi matrimoni vengono celebrati nei Paesi di origine. Sempre
nella ricerca il 64% del totale dei casi delle persone prese in esame di matrimoni forzati è rappresentato da donne che si sono sposate prima dei 18 anni, a conferma che l’età è un indicatore molto importante in questo tipo di fenomeno che vede spesso la sposa, spesso segregata, che non può ribellarsi pena essere picchiata e, in alcuni casi, anche uccisa.
Oltre al matrimonio forzato, dove è chiaro che uno, o entrambi i coniugi, sono stati obbligati (con violenze fisiche e psicologiche dalla famiglia, o dal coniuge) ad accettare un matrimonio, vi sono molte situazioni dove è difficile accertare la pienezza del consenso.
In questo ambito rientrano anche i matrimoni combinati per regolarizzarsi, per avere una casa, per poter avere un riferimento
iniziale per poi tentare di realizzare i propri sogni in tutt’altro luogo da quello di origine. Coloro che sposano la persona per “regolarizzarla”, spesso sono uomini italiani che vogliono realizzare un po’ di denaro (fino a 20.000 euro) e approfittano della vulnerabilità di giovani donne alla ricerca di una regolarizzazione/sistemazione che partono da situazioni di estrema povertà culturale e/o materiale.
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