Mi viene chiesto di esprimere una valutazione sull’articolo 7 del testo unificato Zan in tema di contrasto alla omo-transfobia.
Esso prevede al comma 1 che “Il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di cui all’articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è incrementato di 4 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020, al fine di finanziare politiche per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno delle vittime”.
Fra esse, al comma 2, “un programma per la realizzazione in tutto il territorio nazionale di centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale e identità di genere”.
All’articolo 7 va a legarsi l’articolo 9 che così cita:
“Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 7, comma 1, pari a 4 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190”.
Confesso di non comprendere fino in fondo il senso della audizione, dal momento che, come segnalato ieri da più gruppi politici in apertura della seduta della Commissione Giustizia, il contenuto dell’articolo 7 è stato già introdotto nell’ordinamento in sede di conversione del “cosiddetto Decreto rilancio”.
Il Decreto Legge n. 34 del 19/5/2020 Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVD-19, è stato convertito, con modificazioni, nella legge n. 77 del 17/7/2020.
La legge di conversione ha introdotto, fra gli altri, l’articolo 105 quater, “Misure per il sostegno delle vittime di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”, che prevede l’incremento di 4 milioni di euro per l’anno 2020 del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità (di cui all’articolo 19, comma 3, del Decreto Legge 4 luglio 2006 n. 223, convertito con modificazioni dalla Legge 4 agosto 2006, n. 248) “allo scopo di finanziare politiche per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi collegati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno delle vittime.
A tal fine, è costituito uno speciale programma di assistenza volto a garantire assistenza legale, psicologica, sanitaria e sociale alle vittime di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere nonché ai soggetti che si trovino in condizione di vulnerabilità in relazione all’orientamento sessuale o all’identità di genere in ragione del contesto sociale e familiare di riferimento”.
Riporto, in allegato, di seguito le due norme. Che oggi nel testo unificato Zan vi siano disposizioni che sono già legge, e che una di queste sia l’articolo 7 dello stesso testo unificato Zan, è confermato:
a) dal fatto che la Commissione Giustizia ha investito della questione il Comitato per la Legislazione;
b) che il relatore ha proposto un proprio emendamento sostitutivo dell’articolo 7, che riscrive l’articolo 105 quater del Decreto Legge n. 34 del 19/5/2020 convertito, con modificazioni, nella legge n. 77 del 17/7/2020 (riporto in allegato anche tale riscrittura, che è diventata emendamento 7.100).
Esprimo qualche rapida considerazione sulla menzionata riscrittura del relatore, visto che l’articolo 7 come nella originaria formulazione del testo unificato Zan non c’è più:
il programma finanziato con 4 ml di euro prevede l’istituzione in tutto il territorio nazionale di centri che garantiscano assistenza legale, sanitaria, psicologica, di mediazione sociale, e se necessario vitto e alloggio, alle vittime di discriminazione fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, senza che il testo abbia fornito una definizione chiara e chiaramente delimitata dei concetti di orientamento sessuale e di identità di genere. Se si riprendono le cinque proposte di legge originariamente presentate sul tema, poi confluite nel testo unificato Zan, possiamo constatare che ciascuna adopera una propria espressione
chi genere,
chi identità di genere,
chi orientamento sessuale
e che vi è divergenza fra gli stessi promotori anche sul significato di ciascuna di queste espressioni.
Mi chiedo come si faccia a istituire dei centri di assistenza se è così indefinito il parametro per identificare i potenziali fruitori dell’assistenza stessa;
altrettanto indeterminato e generico è il termine discriminazione.
Il rischio è di far emergere fasce di “assistiti” senza un fondamento concreto, quando non esistono centri similari, per es., per le vittime di usura o di racket o della criminalità organizzata:
per ciascuna di queste voci l’ordinamento prevede Commissari di governo che si limitano ad erogare somme a titolo risarcitorio, ma solo dopo che le vittime abbiano denunciato, a seguito di riscontri giudiziari, e comunque dopo lunghe e rigorose istruttorie, del tutto assenti nello specifico;
da 10 anni il Ministero dell’Interno ha istituito, nell’ambito del Dipartimento di pubblica sicurezza, l’OSCAD-Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori, che ha natura di “strumento operativo interforze (…) per ottimizzare l’azione delle forze di polizia a competenza generale nella prevenzione e nel contrasto dei reati di matrice discriminatoria”[1].
I dati raccolti dall’Osservatorio OSCAD sono molto confusi ed incerti:
a) vanno ben oltre il numero delle condanne, definitive o non definitive, esito di un accertamento giudiziario nel contraddittorio delle parti;
b) non si limitano neanche alla sommatoria delle denunce presentate alle forze di polizia, che comunque sono da verificare giudizialmente e che rappresentano un indice, soprattutto nella comparazione fra più anni;
c) recepiscono, oltre a tali denunce, tutte le “segnalazioni ricevute da vittime, testimoni ed associazioni”;
d) tra l’altro interessano un arco temporale talmente ampio, da non permettere una corretta valutazione della consistenza del fenomeno.
Le segnalazioni pervenute a OSCAD dal 10 settembre 2010 al 31 dicembre 2018 [2] sono recuperabili nel sito “Segnalazioni Oscad”.
Le molteplici fonti delle segnalazioni confermano la propensione a cogliere il fenomeno nella sua massima estensione;
negli otto anni abbondanti che costituiscono il periodo monitorato le segnalazioni sono state in totale 2532:
– di esse solo 670, cioè il 26.5%, provengono dalle forze di polizia
– 584 segnalazioni, pari al 27.1%, provengono da associazioni, privati o enti
– 650, cioè il 25.7%, provengono da UNAR, cioè l’Ufficio nazionale contro la discriminazione della Presidenza del Consiglio
– 628, pari al 24.7% provengono da non meglio qualificate “fonti aperte”, cioè articoli di giornali o servizi sui media.
Uno screening appare tuttavia essere stato operato per identificare, nell’ambito delle segnalazioni, quelle che appaiono propriamente reati di odio o di discriminazione (hate crime e hate speech) sono in totale 1512:
– 897 (59.3%) hanno come matrice la razza o l’etnia,
– 286 (18.9%) la religione,
– 118 (7.8%) la disabilità,
– 197 (13%) l’orientamento sessuale,
– 15 (1%) l’identità di genere.
Dunque, in otto anni l’insieme di presunte (è lecito adoperare questo aggettivo, poiché il riferimento è, lo si ripete, a segnalazioni e non a condanne definitive) condotte illecite con intenti di discriminazioni per ragioni di orientamento sessuale o di identità di genere sono solo 212:
circa 26 segnalazioni all’anno, ovvero poco più di uno all’anno (come media) per ogni regione italiana.
Mi chiedo e vi chiedo se questa minima consistenza del fenomeno giustifica l’apertura di centri di assistenza in tutta Italia con l’assegnazione di congrui finanziamenti pubblici?
A mio avviso esistono già adeguati presidi con cui prevenire e reprimere comportamenti violenti e persecutori.
Il parere dell’Associazione che rappresento è quello che non sono necessarie nuove leggi perché ogni nuova normativa potrebbe avere l’azione di brandire armi esclusivamente ideologiche!
Condividendo il comunicato della CEI, un’eventuale introduzione di ulteriori norme incriminatrici rischierebbe di aprire a derive liberticide per cui – più che sanzionare la discriminazione – si finirebbe col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte. Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione. Ciò limita di fatto la libertà personale, le scelte educative, il modo di pensare e di essere, l’esercizio di critica e di dissenso.
ALLEGATI ALLA DOCUMENTAZIONE DEPOSITATA DAL PROF. FILIPPO M. BOSCIA, PRESIDENTE NAZIONALE DELL’ASSOCIAZIONE MEDICI CATTOLICI ITALIANI, PRESSO LA COMMISSIONE AFFARI SOCIALI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI IN OCCASIONE DELL’AUDIZIONE SVOLTASI IL 22 LUGLIO 2020
LEGGE N. 77 DEL 17/7/2020 DI CONVERSIONE, CON MODIFICAZIONI DEL d.l. RILANCIO N. 34 DEL 19/5/2020
IN CORSIVO LE PARTI INSERITE IN SEDE DI CONVERSIONE
TITOLO IV
DISPOSIZIONI PER LA DISABILITÀ E LA FAMIGLIA NONCHÉ MISURE PER IL SOSTEGNO DELLE VITTIME DI DISCRIMINAZIONI FONDATE SULL’ORIENTAMENTO SESSUALE E SULL’IDENTITÀ DI GENERE
Art. 105 – quater
Misure per il sostegno delle vittime di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere
1. Il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di cui all’articolo 19, comma 3, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni,dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è incrementato di 4 milioni di euro per l’anno 2020, allo scopo di finanziare politiche per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi collegati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno delle vittime. A tal fine, è costituito uno speciale programma di assistenza volto a garantire assistenza legale, psicologica, sanitaria e sociale alle vittime di discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere nonché ai soggetti che si trovino in condizione di vulnerabilità in relazione all’orientamento sessuale o all’identità di genere in ragione del contesto sociale e familiare di riferimento. Tali attività sono svolte garantendo l’anonimato dei soggetti di cui al presente comma.
2. Con appositi provvedimenti normativi, nel limite di spesa costituito dalle risorse di cui al comma 1, si provvede a dare attuazione agli interventi ivi previsti.
3. Agli oneri derivanti dal presente articolo, pari a 4 milioni di euro per l’anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, come rifinanziato dall’articolo 265, comma 5, del presente decreto.
Art. 265, comma 5
5. Il Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è incrementato di 475,3 milioni di euro per l’anno 2020, di 67,55 milioni di euro per l’anno 2021 e di 89 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2022 .
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Misure di prevenzione e contrasto della violenza e della discriminazione per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere
Testo unificato del relatore on. Zan
(…) ART. 7.
(Misure per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno alle vittime)
1. Il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, di cui all’articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è incrementato di 4 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020, al fine di finanziare politiche per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno delle vittime.
2. Nei limiti delle risorse di cui al comma 1, è istituito un programma per la realizzazione in tutto il territorio nazionale di centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale e identità di genere. I centri garantiscono adeguata assistenza legale, sanitaria, psicologica, di mediazione sociale e ove necessario adeguate condizioni di alloggio e di vitto alle vittime dei reati previsti dagli articoli 604-bis del codice penale, commessi per motivi fondati sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere della vittima ovvero di un reato aggravato, per le medesime ragioni, dalla circostanza di cui all’articolo 604-ter del codice penale, nonché per soggetti che si trovino in condizione di vulnerabilità legata all’orientamento sessuale o all’identità di genere in ragione del contesto sociale e familiare di riferimento. (…)
(…) ART. 9.
(Copertura finanziaria)
Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 7, comma 1, pari a 4 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
[1] https://poliziamoderna.poliziadistato.it/articolo/3535e186033b0f9d263164252 – tutte le citazioni che seguono senza altra indicazione di fonte si riferiscono a questa
[2] Per il quadro complessivo rinvio a https://www.interno.gov.it/sites/default/files/segnalazioni_oscad_dal_10.9.2010_al_31.12.2018_mi-123-u-d-1-oscad-2019-206_1.pdf