Prisca viene accolta nel gruppo appartamento per sole ragazze nella primavera del 2016, all’età di 16 anni. Quando arriva, direttamente dal CPSA, Centro di Primissima Accoglienza, è spaesata, confusa e sulla difensiva. Non capisce bene cosa stia succedendo. Non ha ben chiaro dove si trova e cosa le viene chiesto.
Anche se di nazionalità nigeriana, non parla un buon inglese, né un dialetto conosciuto. Neanche i mediatori riescono sempre a capirla e a dialogare con lei in modo efficace.
È cresciuta in una zona agricola, dove si parla un dialetto specifico. I suoi racconti spesso risultano incongruenti e confusi, sia temporalmente, che spazialmente.
Orfana di madre, non è mai andata a scuola. Viene cacciata da casa dalla matrigna attorno ai dieci anni e sopravvive lavorando in un mercato, così racconta.
Ma non sa contare oltre il dieci, non sa fare né addizioni, né sottrazioni semplici; non sa tenere in mano una penna e anche la semplice operazione di colorare all’interno dei bordi, risulta complessa.
Si cerca quindi di verificare se sia o meno vittima di tratta a scopo di prostituzione. Lei nega, ripete che è venuta in Italia in auto, con persone molto gentili che l’hanno accompagnata senza chiedere nulla in cambio; col tempo riesce a confidare alcuni episodi del suo passato, ma continua a rifiutare di presentare un racconto rispetto al suo viaggio, alle motivazioni e alle deprivazioni subite.
Le prime settimane piange tutto il giorno, in camera. Il suo dolore ha la forma di un lutto. Solo alcuni mesi dopo confida che un mese prima del suo ingresso aveva perso il padre.
Inizia un corso di alfabetizzazione ma dopo un anno le insegnanti, malgrado la frequenza assidua e la partecipazione attiva in classe, non si sentono ancora di farla passare alla classe per l’acquisizione di livello di lingua italiana A1. Il suo apprendimento è molto lento. Tale ritardo non è legato a una forma di ritardo, ma di deprivazione cognitiva e culturale nell’infanzia e nella prima adolescenza
(secondo valutazione dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù).
Adora le bolle di sapone, i vestiti e i peluche. Sa cucinare molto bene. E’ entusiasta dopo un’esperienza in una cucina preso un centro estivo, rispetto alla quale ottiene una valutazione positiva, ma emerge la necessità che il suo italiano migliori e che le persone che si interfaccino con lei siano in grado di comprendere il suo background. Dopo due anni, al compimento del 18° anno di età, non ci sono ancora i presupposti per un inserimento lavorativo e sociale.
La ragazza è sempre più consapevole delle sue difficoltà e delle sue inadeguatezze. Comincia a diventare aggressiva verso le altre ragazze della casa, anche se non provocata. Alla fine esce dalla struttura e si fa ospitare da connazionali.
Storie come quella di Prisca evidenziano come per ragazze minori, spesso analfabete e vulnerabili, la possibilità di essere sfruttate resta alta, poiché non sono in grado di difendersi e di far valere i propri diritti (di cui spesso non sono minimamente a conoscenza). Si fidano solo di connazionali, ma a volte, proprio da questi vengono sfruttate.
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Fonte: “La povertà a Roma: Un punto di vista” , Rapporto 2018 – Caritas di Roma