La situazione dei convertiti dall’islam al cristianesimo non è semplice.
Arrivare al battesimo comporta pressioni familiari e della comunità anche quando si vive in occidente.
Anche quando si vive in Italia. Leggermente piu’ semplice se non si hanno parenti nella stessa città e non si frequentano persone della stessa nazione di origine.
I problemi ci sono anche al paese di origine. Puo’ essere rischioso rendere pubblica la propria conversione perchè poi tornare anche solo in vacanza o in visita ai parenti puo’ diventare molto pericoloso per le ritorsioni di singoli o le pressioni di istituzioni governative.
In alcuni paesi l’apostasia (abbandonare l’islam) è perfino un reato e impedisce la normale vita da cittadini.
Se non si ha doppia cittadinanza si rischia che tornati al paese di origine vengano creati appositamente dei problemi burocratici per impedire il ritorno in Italia/occidente e poi lasciare che sia qualche elemento piu’ violento a chiudere la questione.
Un appello di un po’ di tempo fa venne da Nura, una maghrebina che chiedeva una maggiore attenzione della Chiesa cattolica e del governo italiano per far rispettare il diritto alla libertà religiosa dei musulmani convertiti:
“Noi musulmani convertiti al cristianesimo in Italia siamo in tanti. Tra noi lo sappiamo. Ma non ce lo diciamo. Tranne quando c’è un rapporto intimo. Ciò avviene più facilmente tra le donne sposate con gli italiani. Quando ci sono i figli delle coppie miste che hanno dei nomi cristiani, è facile intuire la conversione. Ci sono delle mamme formalmente musulmane che festeggiano il battesimo, la comunione e la cresima dei loro figli! Ma in pubblico diciamo che siamo atei. Questa è la strategia adottata all’unanimità: farsi passare per atei. Dobbiamo aprire le catacombe! Quando ci sarà la libertà di culto anche per noi, vedrete quanti ne usciranno fuori! Oggi non sussiste il diritto alla reciprocità. Perché il cristiano che diventa musulmano può manifestare tranquillamente la propria fede, addirittura si fa della pubblicità senza rischiare nulla, mentre il musulmano che diventa cristiano vive nella paura? Il cristiano che diventa musulmano è fiero. E’ come se si sentisse ben protetto alle spalle. Noi invece ci nascondiamo.
Abbiamo paura. Io ho il terrore di entrare in chiesa. Scelgo una chiesa lontana dal quartiere dove abito. Sto molto attenta a non farmi vedere. Ma non rinuncio a andare in chiesa. Ci credo veramente. La prima volta che ho sentito una messa in arabo mi sono messa a piangere.
La Chiesa non ci dà un angolo per noi. Un angolo per i musulmani convertiti. La Chiesa dovrebbe chiedere ai governi musulmani di sottoscrivere il diritto di reciprocità anche sul piano della libertà di culto. Oggi siamo costretti a vivere nella schizofrenia. In caso di difficoltà sono costretta a dire che non sono cristiana. Se lo dichiarassi non potrei più tornare nel mio paese d’origine. Anche se ho acquisito la cittadinanza italiana, nel mio paese sono sottoposta alle leggi locali.
La Chiesa ci considera una sorta di tabù. Loro hanno i registri. Sanno bene quanti Abdallah e Khadija si sono convertiti in Pietro e Maria. Loro lo sanno. Perché non lo dicono? E’ giusto tutelare le persone. Ma potrebbero almeno dire che il fenomeno esiste, che riguarda molte, molte persone. Perché stanno zitti? Io denuncio il silenzio della Chiesa. Noi ci sentiamo abbandonati. Dopo la conversione non abbiamo nessuno che ci sostenga. Chiediamo aiuto alla Chiesa e all’Italia: proteggeteci! Difendeteci!”
Cosa è cambiato in questi anni?
Nulla.
I numeri crescono.
I cattolici occidentali diventano tiepidi, ma le conversioni non diminuiscono, lo Spirito soffia come e quando vuole e suscita nuovi cristiani.
Io credo che il futuro del cattolicesimo passerà proprio per milioni di conversioni dall’islam e dall’ateismo. E saranno un argine all’integralismo e al laicismo materalista.
Preghiamo e aiutiamo questi nuovi fratelli e sorelle.
Paolo B.