Il suicidio demografico va contrastato

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Ciclicamente le civiltà scompaiono. Muoiono, in genere non per colpa di altre civiltà in genere ma per una sorta di suicidio.
E’ indubbio che il calo demografico dell’occidente sia una minaccia alla sua esistenza.
Un esempio di scuola è l’impero romano, che non cadde per attacchi esterni ma perché si diffuse la pratica dell’aborto e dell’infanticidio e il drastico calo demografico portò alla mancanza drammatica di legionari romani. Per ovviare a tale mancanza si arruolavano i barbari, magari dichiarandoli cittadini romani ma quando questi si accorsero di essere in maggioranza, in alcune aree dell’Impero presero il potere. 

I problemi causati dal calo demografico
Sono enormi le ripercussioni in molti settori della nostra società.
Il più citato è la sostenibilità dei sistemi pensionistici, messa a rischio dalla diminuzione delle persone in età da lavoro perché con meno contribuenti, diventa difficile/impossibile finanziare le pensioni per gli anziani.
Risentirà del calo demografico anche il Servizio sanitario nazionale: un numero ridotto di giovani e tanti anziani con l’età media che si alza sempre di più, comporterà un calo drastico di entrate fiscali per il finanziamento dei servizi sanitari. Il problema vale anche nei paesi in cui vi sono Sistemi sanitari privati con un aumento dei costi delle assicurazioni sanitarie e dell’accessibilità delle cure a tutta la popolazione.
Il calo demografico comporta il crollo delle Politiche SocioAssistenziali, il welfare, dato che meno nascite vuol dire meno giovani, meno lavoratori e meno risorse per i servizi sociali, come l’assistenza all’infanzia, l’istruzione e l’assistenza agli anziani.

Con il calo della popolazione si innestano dinamiche problematiche nel mondo del lavoro e nella società. Anche la gestione del territorio diventa problematica in quanto molti servizi di base diventano insostenibili dal punto di vista economico e molti territori risentono del fenomeno della spopolazione, con il rischio dell’abbandono di interi paesi specialmente nelle zone montane e negli entroterra meno collegati ai servizi essenziali.


I migranti come soluzione?
Nessun paese occidentale ha un tasso di nascite per donna che corrisponda al livello minimo di mantenimento della popolazione di 2,1 figli per donna come indicato dai demografi.
L’Italia con un tasso di 1,2 è uno dei Paesi del mondo con il minor numero di nati insieme a Spagna e Germania. Solo la Corea fa peggio (0,78). La Francia ha per alcuni anni rialzato il suo livello a 1,8 con politiche molto favorevoli alla maternità, ma ha iniziato nuovamente ad avere un calo negli ultimi anni.

In alcune nazioni si favorisce l’immigrazione per ovviare al calo demografico.
Non tutte le migrazioni sono uguali. Non esiste “il migrante” ma esistono persone che a seconda del paese o cultura da cui arrivano hanno piu’ o meno difficoltà ad integrarsi, a trovare lavoro, a portare avanti lo stile di vita del paese di emigrazione.
Basta vedere i tassi di disoccupazione a seconda del paese di provenienza.
O i tassi di scolarizzazione o quelli dei matrimoni misti.

Avere bassa natalità comporta una spirale che porterà a grandi perdite di popolazione che nemmeno massicci arrivi di migranti potranno compensare, perchè un paese che invecchia perde appeal economico e le rotte delle migrazioni seguono gli indicatori economici.

E’ palese che una migrazione tra paesi che hanno culture o lingue piu’ simili è piu’ facile e crea meno problemi oppure tra culture che hanno tassi di alfabetizzazione simile.
Ad esempio non vi sono quasi mai problemi di integrazione con i migranti in arrivo dalla Cina che hanno tassi di occupazione pari al 90% oppure problemi di integrazione dei migranti filippini che hanno caratteristiche socio culturali che ben si integrano con la cultura europea.
Lo stesso per i migranti argentini, brasiliani o coreani.

Vi sono invece nazioni in cui la cultura e le tradizioni sono piu’ distanti e talvolta ancora non hanno trovato una via di piena convivenza con la democrazia.
Da notare che molte nazioni come la Francia, il Belgio o l’UK, debbono le già poche nascite in grande percentuale a migranti di cui gran parte da paesi mussulmani perdipiu’ concentrati in gran numero dalle stesse nazioni.
Questo puo’ in pochi decenni portare all’islamizzazione di alcune aree dell’Europa in cui si riprodurranno le problematiche presenti nelle nazioni in cui la popolazione desidera la sharia piu’ che le norme democratiche.
Bisogna prevedere in anticipo cosa puo’ succedere nel giro di 20 anni in una città se le nascite sono al 60/70% di origine musulmana come accade in alcune città inglesi o in alcuni quartieri in Belgio, Francia o Germania.


La cittadinanza come falsa soluzione

Spesso le statistiche demografiche sono falsate concedendo la cittadinanza a un alto numero d’immigrati residenti. Non è sufficiente facilitare il percorso per la concessione della cittadinanza per permettere ad una persona di sentirsi ed essere pienamente un cittadino.
Viviamo in un mondo fatto di social in cui è possibile emigrare e continuare tutto il giorno a comunicare con persone in altre nazioni senza mai usare la lingua del paese di arrivo, estraniandosi dalla cultura e dal sentire del paese di arrivo.
Anche solo 20 anni fa bastava il tempo a favorire l’integrazione.
Oggi servono regole nuove.

Problemi anche educativi e valoriali
Il problema non è solo italiano, nel 2050 l’Italia sarà un Paese “senza zie”, tutti figli unici.
Come cambia la società se non si è abituati ad avere fratelli e sorelle e senza averne visti?
Molto.
Diventa difficile parlare di fratellanza, di condivisione se in famiglia non ne fai esperienza e se spesso arrivi anche da famiglie monogenitoriali.
Ci sono valori che si possono apprendere e “respirare” più facilmente se li si sperimenta in ambito familiare.


Esistono soluzioni valide?
E’ importante che la politica rispetti la libertà dei genitori nel decidere il numero e il momento in cui avere figli.
In molti contesti internazionali, la pianificazione familiare è spesso collegata al mero controllo delle nascite e alla sola promozione di aborto, contraccezione e talvolta alla diffusione di pratiche estreme come la sterilizzazione.
Su questo tema talvolta si contrappone l’educazione proposta dalla Chiesa Cattolica che suggerisce la “procreazione responsabile” ben diversa dalle politiche di controllo delle nascite.

Il compito dei governi e di coloro che lavorano per il bene comune è quello di eliminare gli ostacoli che limitano la libertà e la responsabilità delle coppie nella scelta di avere figli. Non si tratta di incentivare la natalità quanto di garantire equità per le famiglie.

I servizi per le famiglie con figli sono sicuramente utili, come gli asili-nido e il lavoro flessibile, ma non costituiscono l’unico motore della natalità. È noto che le famiglie benestanti e quelle meno abbienti, così come le famiglie migranti con meno sicurezza lavorativa e meno reti di sostegno familiare, possono avere tassi di fecondità simili.

La decisione di avere figli dipende principalmente da una mentalità aperta alla vita, poiché nessun assegno può compensare appieno la fatica e la responsabilità di crescere un figlio. Allo stesso tempo, non esistono “disincentivi” che possano annullare il desiderio, la felicità e l’orgoglio di avere una famiglia. È importante notare che il solo cambiamento socio-economico non è sufficiente a provocare un aumento significativo delle nascite.

Si citano spesso i Paesi nord-europei come esempi di politiche familiari efficaci ma i dati mostrano altro.
Ad esclusione di Polonia, Ungheria e recentemente la Spagna non vi sono paesi in cui la natalità sia in crescita.
Sarebbe interessante analizzare cosa succederà ai dati delle nascite in Africa che l’unico continente in cui i nati per donna sono ancora sopra il 4.

Non solo servizi ma una cultura della vita e tanta speranza.

Dobbiamo concentrarci sull’aspetto culturale e su abitudini che influiscono sul modo di concepirte la vita.
Ad esempio i giovani fatica a diventare economicamente autonomi dalla famiglia di origine e formare in modo solido una propria.
Vi sono poi problemi pratici di conciliazione tra lavoro e famiglia per le giovani coppie che hanno nonni lontani o troppo anziani. Questo è conseguenza del fatto che si fanno figli in età troppo avanzata e tutto si complica.

Certo il mondo del boom degli anni 60 derivava dall’essere passati da due guerre e un desiderio diffuso di benessere e il sogno di costruire un futuro migliore.
Questo ottimismo è sicuramente piu’ presente nei migranti e in chi ha forti radici religiose (musulmani, cattolici praticanti, pentecostali new born, etc).

Servono quindi interventi politici ma anche una cultura diffusa che mostri la bellezza della maternità e della paternità e creare condizioni culturali per sostenere e incoraggiare i giovani a fare figli senza timore.
I nostri avi vivevano 30-50 anni meno di noi, con meno cure, meno agi, meno problemi, meno violenza, lavorando molte piu’ ore, con meno vestiti, meno cibo, meno tempo libero, meno viaggi, meno contatti, meno cultura, meno studi, meno tecnologie.
Abbiamo tutto e ci dimentichiamo che quel tutto è ancora più bello ed utile se lo condivideremo con dei figli e don delle belle famiglie numerose.


Bibliografia

Mark Steyn, America Alone: The End of the World as We Know It (Regnery, Washington 2006)
Demo ISTAT Demo – Statistiche demografiche (istat.it)
Eurostat Demography of Europe – 2023 edition – Eurostat (europa.eu)

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