Aldo: mia moglie è morta…

Riportiamo questa lettera ricevuta da un sacerdote. Pensiamo possa fare del bene a tanti vedovi ed orfani.

Carissimo don Domenico,

questa sera, poco prima della Messa in cui abbiamo ricordato in modo particolare Cecilia nel mese della sua salita al Cielo, mi trovavo nella sacrestia della chiesa di Trappa con il celebrante e, inaspettatamente, come se vi fossi attirato da una forza misteriosa, il mio sguardo si è posato su un grande crocifisso appeso alla parete. Sentii come un brivido.

L’immagine di quel crocifisso l’ho sempre portata con me dal giorno in cui, ormai dieci anni fa, nello stesso posto mi ero soffermato con Cecilia dopo il rito nuziale.

Allora avevo il cuore gonfio di gioia, l’amore che ci aveva uniti nella fede era troppo bello per essere solo di questo mondo, ci sentivamo realmente una cosa sola: niente e nessuno avrebbe mai potuto separarci. Ora il cuore è gonfio di pena, l’assenza della presenza fisica di Cecilia mi sembra insopportabile ed una grande sofferenza mi penetra in profondità.

Però al centro di tutti questi sentimenti, ora come allora, c’è sempre quel Cristo inchiodato sulla croce.

Era facile ringraziarlo allora, nella gioia, ma forse era anche più lontano. È più difficile ora accettare ed offrirgli questa sofferenza, però lo sento più vicino, lo capisco di più. Mi sento immerso in una realtà grande, misteriosa, senza confini. Quante sicurezze sono cadute! Il mistero della Croce: quanto è pesante a volte, Signore, la croce! Attraverso essa, però, cresciamo nella fede, impariamo a tendere verso l’essenziale, l’assoluto, lasciamo cadere tanti fronzoli inutili.

Mi ero illuso di riuscire a gestire la mia vita, facevo tanti programmi, ero io che decidevo. Il successo nello studio, il rapido inserimento nel lavoro, l’incontro con la ragazza che sempre hai sognato e con la quale riesci a stabilire un rapporto di amore profondo, l’arrivo di Giulia… tutto bello, troppo bello, e quel crocifisso è sempre più lontano, si allontana di fronte alle tue sicurezze umane, alle tue conquiste.

Sì, qualche volta pensi anche alla sofferenza, magari quando incontri un tuo fratello per la strada che soffre, però tutto finisce lì, non ti sembra possibile di poterne essere direttamente coinvolto.

E poi arriva un certo giorno in cui Qualcuno dall’alto dice “basta”, la tua mediocrità non serve a nessuno, ti mette sulle spalle la croce e ti indica una strada difficile da percorrere.

Tu credi, capisci che quella è la strada giusta, però istintivamente cerchi di ribellarti, trovi un sacco di scuse:

“Signore, vedi bene com’è la mia situazione, come puoi chiedermi questo? Aspetta almeno fino a domani…”

Ma Lui non accetta compromessi, ti aspetta pazientemente, aspetta il tuo .

Ed allora tu ti lasci prendere per mano, ti lasci condurre per la Sua strada e scopri che la realtà vera è tutt’altra, l’importanza delle cose viene capovolta, ricerchi dentro te stesso quello che prima inutilmente cercavi fuori.

Ed allora impari a dire: “Grazie, Signore, per quello che mi hai dato. Grazie perché sento che mi ami, che mi sei Padre. Ti offro quel poco che ho, quello che oggi sono riuscito a fare. Perdonami per quello che ho fatto di male e per il bene che non ho fatto. Domani è un altro giorno, aiutami, ti prego.”

Aiutami a viverlo nella fede, questo domani. Solo Tu puoi darmi il dono di credere nel Tuo amore e vivere quindi nella gioia, anche se, come oggi, ci saranno delle sofferenze e non capirò.

Dillo, don Domenico, ai tuoi giovani: non è molto importante capire.

Ci sono realtà così grandi che non riusciremo mai a comprendere. Spesse volte mi sono ritrovato a dire: “Perché, Signore, perché?”. Quando ero seduto accanto al letto di Cecilia, tenendole la mano dopo una delle sue terribili crisi, le chiedevo:

“Ma perché devi soffrire così tanto? Perché il Signore non ascolta le nostre preghiere?”

Lei mi rispondeva con un’altra domanda, additandomi il crocifisso appeso alla parete:

“Perché allora Lui, che era il Figlio di Dio, è dovuto finire in croce?”

Come si può capire il perché della sofferenza? Dopo aver vissuto un’esperienza come la mia, in cui hai visto la persona che più ami al mondo consumarsi giorno per giorno in mezzo agli spasmi del dolore, l’hai vista desiderare la morte come la liberazione da un corpo che provocava tante pene per entrare nella vera vita di gioia… che cosa puoi cercare di capire? Niente, il resto sono solo parole.

Mi chiedeva l’altra sera Giulia:

“Papà, perché la mamma mi ha lasciata sola?”

Facendo il viso stupito, le risposi:

“Ma come, non lo sai che ti è sempre vicina?”

E lei:

“Sì, ma non la vedo.”

Sapeva (glielo avevo detto molte volte), però non capiva. E tutti noi siamo come dei bambini.

Quello che è importante è riuscire ad accettare, abbandonarsi con fiducia, assecondare il disegno d’amore (perché di amore si tratta) che Dio ha su di noi.

E stranamente, la sofferenza ti mette su questa strada: ti senti il cuore lacerato perché parte di te stesso ti è stata strappata, però senti che c’è questo Dio che ti ama, che sembra dirti continuamente:

“Abbandonati, abbi fiducia in Me. Non in questa, ma nell’altra vita ti farò felice.”

Caro don Domenico, l’intenzione era di scriverti una lettera per dirti semplicemente grazie, insieme a tutta la tua fraternità. Poi, invece, sono andato a ruota libera… forse sono parole che voglio dire più a me stesso che agli altri.

Credo comunque di interpretare il desiderio di Cecilia nel ringraziarvi tutti per la vostra amicizia, il vostro affetto, ma soprattutto perché con la vostra gioia, i vostri canti, ci avete parlato e continuate a parlarci delle Grandi Realtà in cui siamo inseriti.

Vi abbraccio,
Aldo

P.S.: Cecilia vi benedice dal cielo!

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