Cosa dice la Chiesa Cattolica sul fine vita

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immagine Scienza e Vita

Quando si parla di fine vita non ci si riferisce solo all’eutanasia ma anche alla proporzionalità delle cure, l’accanimento terapeutico, alle direttive anticipate di trattamento, al suicidio assistito, le cure palliative e la cura del dolore, i sostegni vitali, la sedazione profonda, gli stati vegetativi e di minima coscienza e tutte le situazioni in cui si accompagnano con dignità le persone al termine della loro vita.
Numerosi sono i documenti cattolici che possiamo suggerire per approfondire la tematica

  • Pio XII, Discorso: Risposte ad alcuni importanti quesiti sulla “rianimazione”, Congresso di Anestesiologia (24 novembre 1957);
  • Paolo VI, Enciclica Humanae Vitae (25 luglio 1968);
  • Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione: Iura et Bona (1980), parte IV;
  • Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione: Donum Vitae (22 febbraio 1987);
  • Pontificio Consiglio “Cor Unum”, Dans le cadre. Questioni etiche relative ai malati gravi e morenti (27 giugno 1981), nn. 2.4, 7.2-3;
  • Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti ad un corso internazionale di aggiornamento sulle preleucemie umane (15 novembre 1985), n. 5;
  • Giovanni Paolo II, Catechismo della Chiesa Cattolica (1992), n. 2278;
  • Giovanni Paolo II, Enciclica Evangelium Vitae (1995), n. 65;
  • Pontificio Consiglio per la Pastorale degli Operatori Sanitari, Carta degli Operatori Sanitari (1995), nn. 63-65; 119-121;
  • Pontificia Accademia per la Vita, Dichiarazione sullo stato vegetativo e sulle cure palliative (10 marzo 2004);
  • Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale sullo stato vegetativo (2004), n. 4;
  • Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale su accanimento terapeutico (7 novembre 2008);
  • Benedetto XVI, Messaggio alla Conferenza della Pontificia Accademia per la Vita su nutrizione e idratazione (13 novembre 2009);
  • Congregazione per la Dottrina della Fede, Risposte a quesiti della conferenza episcopale statunitense circa l’alimentazione e l’idratazione artificiali, con Nota di commento (2007);
  • Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera Samaritanus Bonus: sulla cura delle persone nelle fasi critiche e terminali della vita (2020).

Potremmo riassumere così gli insegnamenti della Chiesa in alcune linee guida che servono anche qualora sorgano nuove questioni, nuove leggi o movimenti di idee, nuove terapie o nuove patologie:

  1. La vita è un bene primario perché condizione per il pieno sviluppo degli altri beni personali. Ma la vita fisica, però, non è un bene assoluto, essendo subordinata alla finalità ultima della persona: la vita eterna.
  2. La salute è un bene utile e favorisce la realizzazione personale, ma è orientata anch’essa alla finalità ultima dell’essere umano.
  3. Esiste un diritto/dovere di cura , ovvero il diritto/dovere di intraprendere le cure necessarie per preservare vita e salute, specialmente in caso di malattia grave. Questo dovere sussiste verso se stessi, Dio, la comunità umana e i familiari.
  4. Si definiscono mezzi ordinari, quei metodi e cure proporzionati alle circostanze e non gravosi in modo straordinario. Sono invece mezzi straordinari, quando comportano pesanti aggravi fisici o psicologici, in tal caso non sono moralmente obbligatori.
    Servono interventi clinicamente appropriati e tecnicamente proporzionati, secondo il giudizio medico e il prudente giudizio del paziente.
  5. La Nutrizione e idratazione artificiali sono moralmente obbligatorie in linea di principio, se clinicamente appropriate. Perdono la loro obbligatorietà morale se risultano inefficaci o gravose per il paziente.
  6. E’ lecito utilizzare cure che leniscono il dolore e perfino arrivare alla sedazione palliativa, in cui il paziente viene sedato in attesa che la malattia faccia il suo corso senza inetrrompere nutrizione ed idratazione.
    L’alimentazione
  7. Cose illecite nel fine vita : È moralmente condannato ogni atto eutanasico, caratterizzato dall’uso di mezzi per provocare la morte e dall’intenzione di anticiparla. È condannato anche il suicidio assistito.
  8. Rifiuto dell’accanimento terapeutico, ovvero insistere in atti medici clinicamente non appropriati è eticamente riprovevole.

Vi sono talvolta azioni che compiute lecitamente, hanno come conseguenza indiretta di accellerare la morte del paziente, in tali casi non c’è eutanasia, perchè la morte non è cercata ma è conseguente ad un altra azione lecita.
Ad esempio un anziano senza speranza di guarigione, puo’ non essere piu’ operato e questo rifiuto di accanimento comporta una morte piu’ rapida.
Oppure un malato terminale viene sedato e per lenire il dolore necessita di medicinali che possono velocizzare indirettamente la morte del paziente.
Questi due semplici esempi spiegano bene la differenza tra il cercare la morte e la soppressione del malato ed azioni che comportino la successiva morte indirettamente.
Il rifiuto dell’eutanasia e del suicidio assistito non contraddicono il rifiuto dell’accanimento terapeutico ma si devono accompagnare ad una maggiore diffusione ed utilizzo delle cure palliative e del dolore.
La Chiesa non desidera che i malati soffrano, ma sostiene fermamente il rispetto della vita in ogni sua fase. Questo impegno si estende a proteggere le fasce più vulnerabili della società, che, nelle nazioni dove l’eutanasia è diffusa, rischiano di diventare vittime predestinate. In tali contesti, persone con malattie gravi o disabilità, ma anche coloro che affrontano sofferenze interiori — come la vedovanza, il senso di vita conclusa, dipendenze croniche o una profonda solitudine sociale — potrebbero essere spinte verso l’eutanasia. Spesso, queste situazioni non sono segnate da malattie conclamate, ma da difficoltà esistenziali che, purtroppo, vengono considerate insopportabili, esponendo così questi individui al pericolo di diventare vittime dell’eutanasia volontariamente o perfino senza espressa volontà (vedasi il “best interest” inglese).
Paolo Botti

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