L’abolizionismo è un movimento internazionale trasversale. Vi fanno parte femministe, credenti e non credenti, persone di destra e di sinistra, ambientalisti e liberali.
Esso dichiara, osservando la realtà, che la prostituzione sia sostanzialmente una espressione di sfruttamento e violenza e sia incompatibile, in qualsiasi forma, con l’uguaglianza tra uomo e donna.
E’ quindi necessario arrivare ad abolire tale pratica.
Nella prostituzione non sono coinvolti al 100% solo uomini che comprano donne per avere prestazioni sessuali, ma è evidente che la grande maggioranza di persone prostituite sono donne e la maggioranza di compratori (clienti) sono uomini.
La prostituzione porta danni e rischi a chi è coinvolto.
La parola abolizionismo è stata utilizzata per secoli in riferimento alla schiavitù e il suo uso riguardo la prostituzione mette in evidenza che si tratta di qualcosa che un tempo veniva ammessa o tollerata e che oggi non ha alcun motivo per continuare ad esistere.
La prostituzione fa male a tutte le donne che vi son coinvolte.
Non solo quella coatta ma anche quella dovuta a problemi economici, contingenze della vita o fragilità culturali e sociali. Nemmeno chi si prostituisce liberamente è esente dai danni della prostituzione: salute mentale, rischi di violenza, perdita graduale della possibilità di cambiare vita e mercificazione sempre maggiore della propria sessualità e della propria dignità umana.
Abolire la prostituzione non vuol dire punire chi la esercita ma erodere la richiesta che gli uomini ne fanno. L’abolizionismo agisce infatti sulla parte che mai e’ debole nei confronti di chi si prostituisce, ovvero i clienti. I clienti vano scoraggiati, sanzionati e dissuasi dal comprare prestazioni sessuali.
Chi si prostituisce va aiutato a lasciare il mondo della prostituzione con percorsi di formazione e reinserimento socio lavorativo.