La legislazione italiana sulle Mutilazioni Genitali Femminili (MGF)

Mutilazioni-genitali-femminili

A partire dagli anni Novanta i governi, sia delle aree geografiche in cui la pratica è diffusa sia delle aree in cui la pratica rientra perché effettuata dalla popolazione immigrata, hanno iniziato ad intervenire nella lotta alle MGF con strumenti giuridici.

La maggior parte dei paesi, europei e extraeuropei, puniscono le MGF nella fattispecie di reati diversi, come quelli di lesioni aggravate, abusi e maltrattamenti nei confronti dei minori. L’Italia, invece, nel 2006 si è dotata di una legge specifica contro le MGF, la legge 9 gennaio 2006 n. 7 “Disposizioni concernenti la prevenzione ed il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile”.

Questa normativa vuole impedire che le MGF vengano compiute in Italia e punire coloro che violeranno la legge praticandole:

– Tutti coloro che provocano volontariamente o spingono qualcun altro a fare una MGF rischiano il carcere da 4 a 12 anni.

La pena è applicata a tutti i tipi di MGF (clitoridectomia, escissione, infibulazione).

– Se si danneggiano le funzioni sessuali con una lesione dei genitali femminili di tipo diverso da quelle sopra citate, provocando un danno al corpo o alla mente la pena sarà tra 3 e 7 anni.

– Se la mutilazione o il danno è fatto a una minorenne, o è praticata a fini di lucro, cioè per trarre un guadagno dalla pratica, le pene sopra menzionate aumentano di un terzo.

– Tutto questo è valido se commesso anche fuori dall’Italia da un cittadino Italiano o uno straniero che ha la residenza in Italia oppure viene commesso all’estero contro una cittadina Italiana o una straniera residente in Italia.

– Le pene contro i medici che praticano una MGF prevedono una sospensione dall’esercizio della professione che va da 3 a 10 anni.

APPROFONDISCI: La cura ginecologica delle donne con MGF

Fonte: “Linee guida per il riconoscimento precoce delle vittime di mutilazioni genitali femminili o altre pratiche dannose” – Associazione Trama di Terre

LA LEGGE – Dispositivo dell’art. 583 bis Codice Penale

Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo.

Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione è di lieve entità.

La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro.

La condanna ovvero l’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il reato di cui al presente articolo comporta, qualora il fatto sia commesso dal genitore o dal tutore, rispettivamente:

1) la decadenza dall’esercizio della responsabilità genitoriale
2) l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno.


Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia.

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