La leggenda nera dello Ius primae noctis

Vasily Poleno, Public domain, via Wikimedia Commons

I film e la letteratura, se parlano di Medioevo non perdono occasione di rispolverare il presunto diritto dei signori feudali, tra l’ XI e il XIII secolo, di trascorrere la prima notte di matrimonio con le mogli dei loro sudditi, noto come ius primae noctis o ius cunnatici. Questo mito fu proposto per la prima volta dallo storico scozzese Ettore Boece nel 1526 e diffuso successivamente da altri scrittori che crearono una letteratura abbondante ma di scarsa qualità. In Italia tale diceria fu diffusa da Girolamo Muzio (1553), che scrisse, senza prove, di tradizioni remote da lui conosciute.

Tutto nasce da un documento del 1247 attestante il diritto di un signorotto francese a chiedere la tassa sul matrimonio dal genitore di una fanciulla, una volta che questa avrebbe sposato un giovane di un altro villaggio.

Nell’epoca feudale, ai contadini era proibito sposarsi al di fuori del feudo poiché ciò avrebbe causato un indebolimento demografico nelle zone in cui la mancanza di popolazione era un problema. La Chiesa ha protestato contro questa violazione dei diritti familiari, ma dal X secolo in poi, la pratica si è attenuata. Invece, è diventata comune richiedere una compensazione pecuniaria dal servo che lasciava il feudo per sposarsi altrove, dando origine allo jus primae noctis. Questo “diritto” non ha nulla a che fare con la pratica di spulciare la villanella o la licenza sessuale di proprietari su schiavi e schiave nell’antichità pagana. La cerimonia dello jus primae noctis comportava gesti simbolici, come posare una mano o una gamba sul letto coniugale, ma queste sono state interpretazioni maliziose e astiose, completamente errate.

Questa credenza si diffonde in tutta Europa, incluso l’Italia, ma non ci sono prove che tale diritto sia mai stato esercitato. In alcune tribù e popoli primitivi esiste il costume di far deflorare la sposa da un personaggio autorevole della tribù o della famiglia, ma le origini di questo costume sono spiegate in modo differente dagli etnologi.

Ad esempio Cortes, che nella sua relazione pubblicata da Lopez de Gomora nella Storia Generale Delle Indie Occidentali e delle Nuove Terre Scoperte, accusa i nativi dell’isola di Cuba di tutte le peggiori nefandezze, tra cui il diritto da parte del capo tribù locale, di giacere la prima notte di nozze con la donna che si sposa.

In Europa orientale, a tradizione greco-slava, sembra che i grandi proprietari terrieri abbiano esercitato il “diritto” di jus primae noctis sui loro servi fino al XVII secolo. Questo diritto era riconosciuto anche a certe caste sacerdotali di religioni non cristiane, tribù africane e nell’America precolombiana, così come dal clero buddista in alcune zone asiatiche come la Birmania. Tuttavia, non esistono prove che dimostrino la pratica di questo diritto nella Chiesa cattolica europea.

L’epopea di Gilgamesh racconta come l’intervento dell’eroe Enkidu impedisca al tiranno di esercitare il jus primae noctis. Inoltre, il filosofo Eraclide Pontico narra di un re di Cefalonia che esercitava questa pretesa fino a quando un uomo travestito da donna lo uccide e diventa il nuovo signore dell’isola.

Nella corona d’Aragona, non ci sono prove documentali del diritto di jus primae noctis. Tuttavia, alcuni contadini credevano alle voci che circolavano e temevano che l’abuso di alcuni vassalli potesse diventare una consuetudine generalizzata.

Eppure la letteratura è piena di citazioni, tutte inventate, Ad esempio Un’altra fonte cita il re scozzese Evenio III, coevo dell’imperatore Augusto, come colui che introdusse lo ius primae noctis. Mille anni dopo il diritto sarebbe stato abolito da Re Malcolm III. Peccato che Re Evenio III come molti altri sovrani scozzesi del periodo, non sia mai esistito.

È vero che ci sono stati abusi da parte di alcuni signori feudali nei confronti delle spose dei loro sudditi, ma non è dimostrato che questi abusi siano stati considerati un diritto riconosciuto e codificato nemmeno nelle usanze.

Bibliografia: 

E. Boece, “Scotorum Historiae”, 1526.

G. Muzio, “Annali d’Italia dal principio dell’era volgare sino all’anno 1553”, 1553.

K. Schmidt, “Ius Primae Noctis”, Friburgo 1881.

A. de Foras, “Le droit du seigneur au rnoyen âge”, Chambéry 1886.

A. Manno, “Di un preteso diritto infame medievale”, in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, 22 (1886-87).

A. H. Post, “Grundriss der ethnologischen Juriprudenz, I”, Oldenburg e Lipsia 1894.

F. Gabotto, “Un millennio di storia eporediese (356-1357)”, in Eporediensia, Pinerolo 1900.

R. Corso, “Von Geschlechtsleben in Kalabrien”, in Anthropophyteia, 8 (1911).

G. Pansa, “Miti, leggende e superstizioni dell’Abruzzo, I”, Sulmona 1924.

G. M. Monti, “Il dominio universale feudale e l’«jus cunnatici» in terra d’Otranto”, in Annali del Seminario giuridico-economico dell’Università di Bari, Bari 1927, parte 2a.

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