Abbiamo incontrato Linda per la prima volta nel novembre del 1997. Ci accoglieva sempre con il suo sorriso naturale e ingenuo, ma si manteneva fredda e diffidente nei nostri confronti e dopo qualche minuto di conversazione, ci faceva capire che qualche cliente la stava aspettando e che lei doveva lavorare per guadagnare tanti soldi da mandare alla famiglia in Albania.
Ci diceva anche di non aver bisogno di visite mediche: insomma sembrava che questa ragazza, per noi minorenne anche se lei insisteva e ribadiva ogni volta di avere 18 anni compiuti, non avesse problemi e che la scelta di questo lavoro fosse libera e consapevole.
Invece, come abbiamo avuto modo di constatare per tante altre ragazze albanesi, che abbiamo incontrato in più di un anno di attività sulla strada, anche lei era venuta in Italia con l’inganno: con la promessa, da parte del suo prima ragazzo-fidanzato e poi protettore-aguzzino, di guadagnare soldi per poi tornare in Albania, acquistare una casa e sposarsi.
Nei momenti di tristezza Linda piano piano si lasciava andare, ci rivelava le sue verità e, poco alla volta, ha cominciato a fidarsi di noi.
Inizialmente ci chiedeva di poter fare visite mediche ed esami del sangue nelle ore di lavoro, di nascosto dal suo protettore (che aveva sempre negato di avere nei primi contatti). Spesso queste visite erano un pretesto per stare del tempo con noi, per coltivare un’amicizia che diventava ogni giorno sempre più importante.
E così dentro questo rapporto significativo, giocato all’insegna della gratuità, la sua vera storia veniva a galla. Venivamo a sapere che quando guadagnava poco (cioè meno di un milione al giorno), il ragazzo – protettore, che nemmeno abitava con lei, la picchiava e la minacciava. Spesso era costretta a lavorare al pomeriggio nella nostra zona e alla sera a Milano con orari davvero massacranti.
Ma un giorno Linda ha avuto la forza e il coraggio di ribellarsi, di dire basta. Si è accorta che il ragazzo che lei nonostante tutto amava e per cui aveva accettato di fare questo “lavoro sporco che nessuna donna vorrebbe mai fare”, in realtà era sposato e aveva una famiglia in Albania a cui mandava i soldi che lei guadagnava, vendendo il proprio corpo di adolescente. Inoltre, da tempo le aveva nascosto tutti i numeri di telefono della sua famiglia e della sorella in Italia.
Questi fatti hanno spinto Linda a chiederci di aiutarla, a venire via dalla strada, a rifarsi una vita come una ragazza normale.
Abbiamo così concordato un appuntamento una notte di marzo. Siamo andati con l’auto dell’associazione alla sua casa, l’abbiamo fatta salire con le poche cose (i soldi li ha sempre tenuti tutti lui) e così Linda è sparita per sempre dal suo protettore e dalla strada.
Adesso è ospite in una comunità protetta lontana da Milano. Ha un lavoro, segue un corso per imparare bene la lingua italiana, studia pianoforte (la sua passione da sempre), ha un’amica del cuore con cui vorrebbe non appena possibile condividere un appartamento in affitto.
Linda ci ha spiegato che le ragazze albanesi spesso non vogliono abbandonare il ragazzo-protettore-aguzzino, anche se questo le picchia e le costringe a prostituirsi, perché “se una ragazza resta sola non può più far ritorno in Albania, perché la gente della sua città, i parenti, gli amici, i vicini di casa e la famiglia stessa non l’accetterebbero più, sarebbe etichettata per sempre come una puttana e quindi sarebbe emarginata dalla vita sociale. Se una ragazza si fidanza e parte dall’Albania con quest’uomo non può ritornare da sola indipendentemente che vi siano dei buoni motivi”. Quindi chi sceglie di venire via dalla strada e di lasciare il ragazzo-protettore sa che non potrà più far ritorno al suo Paese. Linda, infatti, oggi telefona regolarmente ai genitori, alla sorella, al fratello, ma sa che la sua vita sarà per sempre qui in Italia.