Nel 2016, su 474.000 bambini nati in Italia, 32.000 erano nati prematuri. Secondo la Società Italiana di Neonatologia, la fascia di età gestazionale ad alto rischio si sta riducendo, e ci sono neonati nati tra le 22 e le 25 settimane di gestazione che pesano circa 500 grammi alla nascita e hanno maggiori difficoltà a rispondere alle cure rispetto ai prematuri. Questa nuova classe solleva questioni etiche, oltre che scientifiche, assistenziali, logiche e medico-legali. Il numero di bambini pretermine, quelli nati a meno di 37 settimane, è stimato in 35.000-40.000 in Italia, 500.000 in Europa e 15 milioni nel mondo. I neonati pretermine sono un gruppo a rischio perché nascono in fasi diverse della gravidanza e hanno pesi diversi: In Italia, il numero di nascite pretermine sotto i 1.500 grammi è di circa 5.000″. Le cause della nascita pretermine sono note da tempo. Le più importanti sono le malattie materne, la malnutrizione, il diabete, l’ipertensione, l’età materna inferiore ai 16 o superiore ai 35 anni e i fattori esterni come il basso status socio-economico, il carico di lavoro pesante, la posizione troppo eretta, l’uso di droghe o alcol. Recentemente sono emersi nuovi fattori di rischio come l’età materna avanzata e la fecondazione assistita che è senz’altro la prima causa di parti pretermine, perché questa procedura porta a gravidanze gemellari. Le trigemine negli ultimi anni sono aumentate quasi del 300 per cento. Una donna che partorisce gemelli partorirà dunque neonati pretermine e di basso peso. Neonati così piccoli possono presentare o sviluppare poi alcune problematiche. Ma ci sono grandi passi avanti:
nel 1960 su 100 neonati ne morivano 73, oggi invece solo l’8,7 per cento. Per quanto riguarda la qualità di vita, i neonati sotto i 1.500 grammi negli anni ’60 stavano bene solo nel 26,8 per cento dei casi. Oggi si trova in questa condizione l’84 per cento. C’è stato dunque un salto di qualità: ormai i nati a 23 settimane sopravvivono e anche a 22 settimane ci sono speranze.