Non conoscere le proprie radici é un dolore (Silvana De Mari)

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Ci sono due tipi di vergogna, quella legata al fare e quella legata all’essere. È su quella legata all ‘essere che dobbiamo intervenire, perché quella è la distruzione. . La vergogna legata all’essere é talmente strutturale da diventare una parte di noi. Quando questo succede non la riconosciamo come vergogna , la scambiamo per un male di vivere senza nome e senza volto, un dolore non scindibile dalla vita, e invece lo é. Il dolore assoluto, il principe di tutti i dolori, é la perdita della madre , e poi arriva la perdita del padre. Il bambino rimasto orfano si vergogna, pensa che in qualche maniera sia stata colpa sua. Contrariamente all’idealismo che ci vede come puri spiriti, e a tutti i degeneri cloni dell’idealismo, dal nazismo alla teoria del gender che afferma che la distinzione maschile femminile è arbitraria, noi siamo anime incarnate in un corpo. Chi nega il corpo, la potenza della biologia, nega l’umanità . Lo aveva molto chiaro San Tommaso. Dove si rinnega il corpo si perde il contatto con la realtà e quindi con la ragione, contatto che distrugge Hegel mettendo le basi degli irrazionalismi criminali dei totalitarismi. La vita comincia con il desiderio: il desiderio di due corpi diversi, creati per darsi piacere e gioia a vicenda e per generare la vita in questa gioia e in questo piacere. Dove questo incontro di gioia non c ‘é stato ê giá stato perso un tassello fondamentale. Non é la stessa cosa sapere che madre e padre si sono amati, sentendo ognuno l’odore dell’altro, sentendo la sua pelle contro la propria, oppure che tutto quello che é successo é uno schizzo in una provetta leggendo giornali con molte foto, oppure una terapia ormonale da paura con effetti collaterali gravi e irreversibili , in alcuni casi mortali, per poi prelevare l’ovulo con un ago, un lungo ago d’acciaio sterile che perfora l’addome della madre e non c ‘é una voce che dice “amore mio” ma una voce che dice gelida’ stia ferma, abbiamo finito’

Non sempre l ‘incontro tra uomo e donna é bello. Puó essere la più ignobile delle violenze, la più terribile delle distruzioni, ma é anche in assoluto il momento più alto , quando un uomo e una donna si amano e concepiscono un figlio sono in tre e il Terzo é lo Spirito. Vive le difference, viva la differenza dicevano i francesi. La differenza é talmente fondamentale che, come affermano le neuroscienze che il cervello maschile e femminile sono diversi giá al quinto mese di vita intra uterina , le differenze sono giá presenti alla nascita, i maschietti cercano oggetti in movimento , le femmine visi.
Il legame tra feto e madre é enorme, il legame tra neonato e madre é l’impalcatura su cui é basata tutta la psiche. Quando è interrotto, quando é lacerato resta per la vita un senso di perdita impastato a vergogna : se fossi stato più bravo, non la avrei persa. Questo senso di perdita infinita c’é negli orfani , c ‘è nei bambini adottati, e come sanno i genitori adottivi, nonostante la loro accoglienza, nonostante tutto l’amore, ci sono ferite che non si rimarginano. Una ferita che non si rimargina é non poter essere fieri del padre. Sia ne L’ultimo orco che ne Il gatto con gli occhi d’oro” parlo del dolore e della vergogna di chi non conosce il proprio padre, di vergognarsene o anche di non conoscerlo. Non conoscere le proprie radici é un dolore ben descritto nel dolore dei popoli schiavi e deportato.
Silvana De Mari

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