La forza della “normalità”: non c’è dono più grande del donarsi

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Vorrei raccontarvi come sia nata la nostra Onlus, TUeaMORE, e come lotta ogni giorno per migliorarsi e per migliorare il presente contesto socio-sanitario, utilizzando le parole del sottotitolo dell’odierno Convegno: “Accanto alla persona malata, tra scienza dedizione e normalità”. Desidero iniziare dal termine “normalità” troppo spesso avvizzita dall’accanita ricerca mediatica di “eroi” e “talenti”; ricerca che il più delle volte genera impotenza e/o la supina accettazione di accadimenti inaccettabili. Al contrario, riscoprire il senso della “normalità” come vero, unico ed efficace strumento d’amore – nonostante i nostri limiti – significa trasformare ognuno di noi in una concreta e celere opportunità d’amore: nella “normalità” già c’è tutto ciò di cui abbiamo bisogno, senza scomodare santità ed eroismi. Il progetto TU e AMORE nasce da un sogno della dott.ssa Elena Rolfo – medico geriatra – una donna del tutto “normale”: la figlia, la sorella, la madre, la moglie che tutti voi avete accanto. Era grata della sua vita, era entusiasta della sua professione, era orgogliosa delle sue due splendide creature. Elena ha sempre avuto la capacità di trasformare ogni esperienza della sua vita in un’opportunità di crescita interiore. Ad esempio, quando mi propose, a soli 11 anni, di partecipare assieme a lei ad una compagnia teatrale solidale “Eta Beta di Viterbo Onlus” – fondata da un altro “normale” professionista, anch’esso prematuramente scomparso, il neuropsichiatria infantile Giorgio Mauro Schirripa –, organizzazione che ha l’obiettivo, attraverso il teatro, di migliorare la qualità della vita dei ragazzi con disabilità mentale promuovendo l’integrazione, l’inclusione sociale e la cultura della differenza: ebbene Elena mi disse che sarebbe stata una grande opportunità per esplicare la mia personalità, seppur così piccolo, sperando che da essa ne potessi trarre degli insegnamenti utili per la mia intera vita.

E l’opportunità, a differenza di quanto si possa credere nell’immaginario collettivo, si è affacciata anche nella malattia: l’opportunità di essere un medico migliore dopo aver provato sulla sua pelle i dolori della carne e dello spirito; l’opportunità di abbandonarsi totalmente alla fede senza le catene di una solida preparazione intellettuale – nel suo caso una minuziosa preparazione medica; l’opportunità di insegnare concretamente ai suoi figli cosa significhi accudire un malato, potenziando così le loro sensibilità e il loro altruismo verso il prossimo. E proprio durante il suo personale percorso di malattia nelle tante chiacchiere, promesse e confidenze con me e i miei cari ha constatato, ictu oculi, che non tutti i cittadini possono usufruire delle strutture d’eccellenza, poiché alcune regioni non garantiscono gli stessi standard qualitativi, e ciò comportando che non tutti i malati possano affrontare i costi vivi degli spostamenti e dei soggiorni nei luoghi di cura prescelti – che sono a carico interamente dei pazienti! E allora, in un silenzioso e indimenticabile pomeriggio invernale, dove il candore della neve si confondeva con la purezza del suo animo, gli dissi che io ed altri tre giovani professionisti, più o meno trentenni, eravamo pronti ad impegnarci per trasformare questa sofferenza in un’opportunità d’amore e di solidarietà – proprio come ci aveva insegnato! Da quel momento la parola “tumore” si schiuse divenendo TUeaMORE.

Volevo renderla felice, volevo assieme a lei trasformare questa insensata sofferenza in qualcosa di buono per gli altri, volevo incoraggiarla a lottare perché c’era un altro valido motivo per tenere duro. Lei con gioia ci ringraziò e mi disse che “non c’è dono più grande del donarsi”. E così da ottobre 2016 abbiamo lavorato con perseveranza ed entusiasmo per costruire la piattaforma internet TUeaMORE, la quale realizza l’incontro fra la “domanda” (malati oncologici e loro familiari che necessitano di spostarsi sul territorio nazionale per accedere a visite specialistiche, cure, indagini strumentali, interventi chirurgici etc., nei luoghi di cura liberamente scelti) e l’offerta solidale (case d’accoglienza – religiose o laiche –, B&B, alberghi, case vacanze, agriturismi, case private) in modo da ottimizzare l’organizzazione degli spostamenti e incentivare il paziente a riferirsi a centri di eccellenza, senza impedimenti economici.

L’obiettivo della piattaforma è quello di assicurare la reale possibilità di accesso alle cure oncologiche e di garantire realmente a tutti i cittadini la possibilità della prognosi migliore possibile: aiutando così a debellare la c.d. tossicità finanziaria. La tossicità finanziaria concretamente comporta: 1) Secondo Demoskopika, circa 10 milioni di italiani hanno rinunciato a curarsi per le lunghe liste di attesa o perché non hanno potuto affrontare i costi della “mobilità sanitaria” ritenuti troppo esosi. 2) 800.000 italiani l’anno si spostano sul territorio nazionale affrontando ingenti spese e il più delle volte appoggiandosi a strutture che speculano sul fenomeno. 3) L’aggravio di ansie e paure che incidono negativamente sulla salute psico-fisica del paziente malato, già debilitato dal percorso della malattia. Ed ecco che la normalità fa spazio ad un’altra parola coessenziale, la cura: anch’essa inserita nel sottotitolo dell’odierno convegno quando si parla di “stare accanto alla persona malata”. Elena, con il suo modo di essere, con il suo voler affrontare la malattia a testa alta, con il suo desiderio di continuare a progettare assieme la realizzazione della Onlus TUeaMORE anche se in un letto di ospedale o subito dopo un consulto medico andato male, ci ha donato l’occasione per comprendere quanto la cura per gli altri sia il risultato più grande che la natura abbia mai raggiunto con gli esseri viventi: l’unico vero progresso dell’umanità è l’attenzione per gli ultimi – tutto il resto è boria e banalità! E la cura ha bisogno necessariamente di un’altra parola, il coraggio! Un giorno Elena mi disse che il coraggio è una scelta; e lei scelse una miriade di volte la strada del coraggio. Quando ad esempio ha voluto che in casa vigesse – e ripeto vigesse – il sorriso per mantenere la serenità dei suoi figli: le paure le confinava qualche volta di notte, bisbigliandole nelle orecchie dei suoi cari o quando, con coraggio, ci chiedeva di fargli delle promesse per una vita – da lei già tanto amata – in cui non ci sarebbe stata. Solo così facendo si può riscoprire il significato più vero di “normalità”, ossia elemento necessario e sufficiente per amare concretamente il più bisognoso – senza attendere autorizzazioni che spesso non arrivano!

E da tale certezza si può afferrare il senso di un altro termine, il fine ultimo di tutto: la solidarietà. Tutte le parole che vi ho citato, “normalità”, “opportunità”, “cura”, “coraggio” – distillate da Elena nel mio cuore di giovane uomo –, a ben riflettere, raggiungono proprio lo spirito di quest’ultima parola: “solidarietà”. Ricordo un autore comico marchigiano che una volta disse di non raccontare più la storia della cicala e della formica ai nostri figli perché la considerava terribile. Mi fece riflettere: come dargli torto! Così conclude: Una sera (la cicala) vide una lucina lontana e si avvicinò affondando nella neve (sono già passate le stagioni in cui la formica raccoglie operosa il cibo e la cicala canta). “Aprite! Aprite, per favore! Sto morendo di fame! Datemi qualcosa da mangiare!”. La finestra si aprì e la formica si affacciò: “Chi è? Chi è che bussa?”. “Sono io, la cicala! Ho fame, freddo e sono senza casa!”. “La cicala?! Ah! Mi ricordo di te! Cosa hai fatto durante l’estate, mentre noi faticavamo per prepararci all’inverno?”. “Io? Cantavo e riempivo del mio canto cielo e terra!”. “Hai cantato?” replicò la formica, “Adesso balla!”. Ebbene, quello che manca in questa storia è proprio la più grande opera d’amore insita nel cuore di ognuno di noi: la solidarietà. 136 Oggi, molto spesso, ci dimentichiamo quanto si possa essere operosi e al contempo solidali: l’uno non esclude l’altro. Si può pensare alla propria vita senza perdere l’opportunità di prendersi cura degli altri.

E proprio grazie ad Elena, realizzando TUeaMORE, abbiamo scoperto che il nostro Paese è pieno di persone meravigliose – o meglio “normali” –, il più delle volte sopravvissute a dolori inimmaginabili, le quali hanno anteposto l’amore a tutto. Persone che con il loro servizio riempiono del loro canto cielo e terra: spesso “mutilati di spirito” che con profonda abnegazione aiutano – assieme ai loro volontari – moltissime persone che hanno bisogno di cure: penso a Lele Forever di Monza, penso all’Ambalt di Ancona, penso a CasaMia di Trieste, penso all’Alcli di Rieti, penso all’Anvolt di Milano, penso agli Amici di San Camillo di Padova, penso a Don Mauro e Don vincenzo di Pavia, penso a La casa di Arianna di Pavia e alla SSA Onlus, penso alla Casa del Sorriso e all’Associazione Maria Rosaria Sifo di Napoli; e più in generale penso alle onlus a tutela dei malati oncologici che ho avuto l’onore di conoscere: Progetto My Everest, Associazione Nastro Viola e la grande famiglia F.A.V.O. Persone “normali” che non si arrendono alle difficoltà di tutti i giorni, il più delle volte del tutto irragionevoli! Persone che esigono una maggior cultura all’ascolto, alla fiducia, al sostegno poiché oggi essendo tutti vittime di una società che ci bombarda di notizie superflue, di decisioni inutili o di continue istigazioni alla diffidenza, perdiamo molto spesso il senso del vero e dell’autentico: rendendo l’impegno civile o il semplice “fare del bene” una scelta ardua. E se dopo aver raggiunto la “post-verità” ci abbandoniamo supinamente anche agli albori di un “post-solidarietà” non so più cosa dovremo aspettarci! Noi nel contempo, con TUeaMORE, stiamo provando a far conoscere queste strutture solidali per rendergli grazie e per sostenerle; per evidenziare i tanti problemi che ogni giorno devono subire per colpa dell’indifferenza, della poca attenzione o per una burocrazia miope. Vogliamo diventare una grande rete di accoglienza operosa, una grande testimonianza, al solo scopo di aiutare il più possibile le persone che ne hanno bisogno fino a quando “le reti oncologiche regionali” di nuova costituzione, contrasteranno efficacemente il fenomeno della “mobilità sanitaria” palesemente contrario alla nostra legge; è evidente che le prestazioni sanitarie debbono essere fornite, di norma, dai servizi sanitari nei luoghi di vita delle persone e solo quando non sia possibile, si può ricorrere ad altre strutture distanti da casa. Ecco perché TUeaMORE esige più equità nell’accesso alle cure: è giusto che tutti i nostri concittadini affrontino le cure accanto al calore della propria famiglia, senza ulteriori sforzi fisici ed economici

di Marco Voleri

So che mi uccideranno. Offro la mia vita per Cristo (Shahbaz Bhatti)

Il volto nel pozzo (dai Fioretti di Santa Chiara)