Speranza e salute mentale (Bruto Maria Bruti)

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Foto di Joe da Pixabay

Scrive lo psichiatra ateo Vittorino Andreoli:

“La speranza e’ un atteggiamento utile per vivere, soprattutto in certi momenti, quando siamo presi dalla paura e dalle preoccupazioni.

La speranza si lega alla percezione del futuro e alla possibilità d’immaginarlo senza i problemi del presente, in condizioni migliori di quanto non accada in questo momento. Senza futuro, non e’ possibile esperire la speranza. Il mondo giovanile che tende a vivere nell’iperconcreto, qui e ora, spesso non
conosce la speranza. (…) Anche la speranza puo’ essere in eccesso oppure in difetto e, dunque, di per sé non è né buona né cattiva.

Un eccesso di speranza puo’ togliere l’iniziativa personale, l’impegno, il fare progetti e invece imporre un atteggiamento passivo, di attesa, senza azione. (…) Un difetto di speranza può portare l’individuo a essere sovrastato dal presente e, di fronte a una condizione drammatica ma passeggera, egli si potrà abbattere e cadere in una
forte depressione. La depressione si caratterizza proprio per la perdita della speranza. (…) La speranza, prima di essere una virtù teologale, è un meccanismo necessario per vivere.
Ecco perché, da psichiatra, oltre agli psicofarmaci e alle psicoterapie,
sento il bisogno di dare speranza e per promuoverla di mettere in gioco persino Dio, quel Dio che ancora non conosco”
( Vittorino Andreoli, Elogio della normalità, Marietti 1820, Genova-Milano 2002, pp.87-92 )

In un momento di forte depressione, lo scrittore Cesare Pavese perse la speranza e si suicidò Nel suo diario ( Il mestiere di vivere ) che va fino all’anno del suicidio, egli scriveva che la solitudine, che toglie la speranza, è anche una questione religiosa:

” La massima sventura è la solitudine, tant’é vero che il supremo conforto, la religione, consiste nel trovare una compagnia che non inganna, Dio. La preghiera è uno sfogo come con un amico. Tutto il problema della vita è dunque questo: come rompere la propria solitudine, come comunicare con gli altri”. Scrive lo psicolgo Paul Tournier che ”  gli uomini sono sempre alla ricerca dell’aiuto divino: alcuni ne sono perfettamente coscienti, altri ne sentono soltanto una specie di inconscia nostalgia; alcuni lo cercano palesemente, con serietà e rispetto, altri nascondono i loro tentativi sotto le apparenze di battute scherzose o di bestemmie.

E’ l’unico sostegno all’altezza di soccorrere il loro infinito bisogno di sicurezza. (…) Tutti sanno per esperienza come siano incerti gli aiuti che ciascuno può dare a se stesso, a prezzo di sforzi sovrumani (…) Allora bisogna fare affidamento sugli uomini, sull’amicizia, sul buon cuore, sulla fedeltà? ( Ma : ndr ) anche chi si ama profondamente (…) non sa rispondere a quest’interrogativo sempre in agguato: – Mi amerai per sempe ?- Gli uomini cercano sempre un appoggio assoluto, un appoggio senza limitazioni e che può venire soltanto da Dio. (…) Questo desiderio di trovare un punto d’appoggio è del tutto naturale, perché l’uomo è il più vulnerabile degli esseri viventi e il solo consapevole della sua fragilità. (…) L’uomo è l’essere più consapevole dei pericoli che lo sovrastano, il solo a rendersi conto che deve morire. Egli cerca inutilmente di chiudere gli occhi; continuamente capitano dei fatti che lo costringono a riflettere sulla sua precaria condizione. Non capita più un cataclisma naturale sulla faccia della terra senza che gliene giunga notizia, ricca di ogni particolare; però, ci sono dei fatti a lui più vicini che lo colpiscono più direttamente: un ragazzo, la cui salute sembrava perfetta, è vittima insospettata di un cancro che, al momento dell’operazione, si dimostra essere in uno stato così avanzato da rendere vano qualsiasi intervento; un amico spiritoso, prudente, posato che muore tragicamente in automobile; un bambino finisce sotto un camion; un giovanotto che prometteva molto e finisce nevrotico o alcolizzato.

In questo, tuttavia, non c’entra solo il caso; viene fuori anche la
cattiveria degli uomini. (…) L’uomo teme l’uomo, denuncia (..) il male che germoglia nel cuore degli altri uomini, da cui si sente minacciato(…)

Scrutando di più in se stesso, l’uomo scopre nel proprio intimo il male che attribuiva agli altri, l’aggressività, la gelosia, l’infingardaggine.

Quanto più tenta di conoscersi con franchezza, tanto più si scoraggia per le sue debolezze, per la sua incapacità di resistere alle tentazioni. (..)

L’appoggio di cui ha bisogno non riguarda solo la protezione contro le minacce dall’esterno, ma la protezione contro se stessi, per vincere la paura o l’emozione (…) e per debellare (..) desieri inestinguibili che lo tengono prigioniero.

Allora cerca ovunque dei punti di appoggio, forse dei sostegni fragili, a cui però si aggrappa e che rapprsentano altrettanti simboli di un appoggio più totale, del quale rimane sempre in attesa.

Questo sostegno illimitato, che manca agli uomini in maniera tanto dolorosa, lo possono ritrovare solo in Dio. (…)

L’appoggio principale che tutti cerchiamo dev’essere una presenza fedele, continua e anche sobria, piena di tatto e di rispetto per la nostra libertà e la nostra debolezza; una presenza sempre vigile, pronta ad intervenire, ma aliena da ogni costrizione. Tutte queste qualità sono riassunte in Dio che aspetta perennemente la nostra obbedienza, pur non imponendoci la sua volontà.
Spesso, osiamo lamentarci del suo silenzio, quando lo interroghiamo:

Egli si lascia cercare a tastoni… (…) Iddio esercita nei confronti di tutti gli uomini una specie di indescrivibile – terapia di sostegno -; egli è il punto di appoggio vitale, esistenziale nel senso specifico della parola, perché in lui – viviamo, ci muoviamo e siamo – ( Atti 17,28 ), come diceva San Paolo dall’alto dell’Areopago ai saggi ateniesi.

E poi, dal punto di vista morale, solo lui è fedele in tutto, nelle grandi come nelle piccole cose, come non lo sarà mai nessuno “
( Paul Tornier, Il Posto dell’uomo, Borla, Torino 1969, pp. 231-234 ).

Scrive Cesare Pavese che è proprio la piena consapevolezza di questa fragilità dell’essere umano e la mancanza di un appoggio assoluto che possono portare al suicidio in  momenti drammatici della vita:

” Non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perché un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla ” (  Cesare Pavese, Il Mestiere di vivere )

( Bruto Maria Bruti )

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Bruto Maria Bruti
LA NOSTRA SESSUALITÀ
Felicità, desiderio e piacere nell’essere umano

pp. 168 – € 15,50
ISBN 978-88-7198-593-0

Questo libro è un sollievo. Il professor Bruti ci parla di cose belle, grandi, importanti. Ci parla di amore, di un progetto personale che si compie nell’unione con l’altro, del desiderio di potersi abbandonare nel completo godimento di un eterno abbraccio. È un sollievo, dicevo, leggere di noi stessi, della nostra sessualità e della persona che amiamo in questi termini. Dopo anni in cui gli «esperti» hanno tentato di convincerci che la gioia è «nient’altro che» un «orgasmo», che la persona amata è «nient’altro che» un «oggetto sessuale», che il sesso è «nient’altro che» un «meccanismo relativamente semplice che provvede alla reazione erotica quando gli stimoli fisici e psichici sono sufficienti», finalmente qualcuno ci dice che in realtà dell’altro ci sarebbe: il nostro desiderio di sentirci amati in modo unico, esclusivo, incondizionato, per sempre (dalla Presentazione di Roberto Marchesini).

Il libro si puo’ trovare e chiedere (talvolta ordinandolo) in qualsiasi libreria.
Oppure su
IBS La nostra sessualità. Felicità, desiderio e piacere nell’essere umano – Bruto M. Bruti – Libro – SugarCo – Argomenti | laFeltrinelli
oppure ad esempio
La nostra sessualità – Felicità, desiderio e piacere nell’essere umano libro, Bruti Bruto M., SugarCo, giugno 2010, Sessualità e morale – LibreriadelSanto.it

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