I dati sui titoli di soggiorno fotografano un livello di stabilizzazione della comunità sul territorio ancora poco maturo: la bassa quota di lungosoggiornanti nella comunità è parzialmente compensata dai numerosi ingressi e permessi legati a motivi familiari, che indicano la crescente presenza di nuclei familiari.
I nuovi titoli di soggiorno rilasciati nel corso del 2021 a cittadini pakistani sono stati 14.759, con una crescita esponenziale rispetto all’anno precedente: +86,2%, una crescita importante seppure inferiore a quella rilevata per il complesso dei non comunitari (+126,8%).
Dopo il drastico calo registrato nel 2020 a causa delle restrizioni alla mobilità introdotte a livello globale per contrastare il diffondersi del virus SARS-COV-2, nel 2021 si assiste a una generale crescita dei nuovi permessi, anche in ragione del provvedimento di emersione del lavoro irregolare (D.L. 34 del 2020) che ha permesso la regolarizzazione di cittadini non comunitari già presenti sul territorio.
I permessi di soggiorno rilasciati a cittadini pakistani nel 2021 coprono una quota pari al 6,1% del totale.
Nella netta maggioranza dei casi i cittadini pakistani entrati nel Paese nel 2021 lo hanno fatto per Asilo, richiesta asilo e motivi umanitari (circa il 41%), con un aumento di poco più del 65% rispetto all’anno precedente: la prevalenza di questa motivazione caratterizza la collettività pakistana – prima, tra quelle analizzate, per incidenza di ingressi per questa ragione – e la inserisce nel gruppo delle comunità di recente arrivo, per cui l’ingresso per lavoro e per ragioni familiari è meno frequente.
Nel 2021, quasi un nuovo permesso per Asilo, richiesta asilo e motivi umanitari su cinque (il 19,7%) è stato rilasciato a un cittadino pakistano. Gli ingressi per motivi familiari sono comunque la seconda motivazione di ingresso con
Un’incidenza del 32,4%, con una crescita più contenuta rispetto all’ingresso per richiesta o detenzione di una forma di protezione (+63,6%). Il 69% circa dei 4.784 pakistani entrati in Italia nel 2021 per motivi familiari erano minori.
I ricongiungimenti familiari sono un importante indicatore del grado di integrazione perché parlano del consolidamento della presenza del richiedente sul territorio in cui è residente, considerata la necessità di dimostrare il raggiungimento di determinati standard di integrazione economica e alloggiativa (disponibilità di un alloggio idoneo e di un reddito minimo) per ottenere il nulla osta al ricongiungimento. Inoltre, l’unità familiare, che è riconosciuta come diritto fondamentale nel nostro ordinamento, contribuisce a creare una stabilità socio-culturale, che è parte integrante del nuovo percorso di stabilizzazione in un Paese straniero. Il lavoro, infine, riguarda il 17,5% degli ingressi complessivi, con una crescita del 234,8% rispetto al 2020: nel corso del 2020 solo 778 cittadini pakistani avevano fatto ingresso in Italia per motivi di lavoro, mentre nel 2021 sono stati 2.585. L’incremento dei titoli per motivi di lavoro è stato generale, per il complesso della popolazione non comunitaria l’incremento è pari, infatti, a +394,5% ed è da legare, in buona parte, al citato provvedimento di regolarizzazione.
L’analisi della tipologia dei permessi di soggiorno conferma un grado di stabilizzazione della comunità ancora lontano dalla piena maturità: la quota di lungosoggiornanti al suo interno al 1° gennaio 2022 è, infatti, pari al 49,7%, una percentuale inferiore a quella rilevata sul complesso dei non comunitari di 16 punti percentuali.
In linea con quanto rilevato complessivamente per la popolazione non comunitaria, per la quale i lungosoggiornanti sono aumentati del 7,8% rispetto al 2020, anche nella comunità pakistana si registra una crescita, seppur leggermente più contenuta (+7,3%).
A ulteriore conferma dell’ancora precaria presenza pakistana sul territorio, i motivi familiari rappresentano solo la seconda motivazione di soggiorno in Italia (33,3%), con un’incidenza inferiore di oltre 9 punti percentuali rispetto a quella registrata sul complesso dei cittadini non comunitari (per i quali sono la motivazione prevalente).
La collettività pakistana è, tra le principali non comunitarie, la terzultima per quota di titoli a scadenza legati a motivi familiari (dopo Nigeria e Cina), e la seconda collettività – dopo la nigeriana – per titoli a scadenza rilasciati per asilo, richiesta asilo e motivi umanitari (34,3%), che, in linea con quanto già visto per gli ingressi nel 2021, rappresenta la principale motivazione di soggiorno.
Il lavoro rappresenta, infine, la terza motivazione di soggiorno con un’incidenza pari al 29% circa sui titoli soggetti a scadenza, con una crescita del 33,8% rispetto all’anno precedente. I dati sui permessi a scadenza fotografano quindi la situazione della comunità pakistana, relativamente giovane in termini di presenza sul territorio italiano e ancora lungi dal trovare la stabilità delle comunità con maggiore anzianità migratoria. Queste ultime, infatti, dopo essere state inizialmente formate soprattutto da uomini soli – o donne sole, nel caso di alcune collettività come l’ucraina e la filippina –attraverso i ricongiungimenti sono riuscite a stabilizzarsi sul territorio e a radicarsi nella società italiana, un processo che la comunità pakistana sta iniziando in questi anni.
Testo da
Rapporti annuali sulle comunità migranti in Italia, curati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali-Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione con la collaborazione di ANPAL Servizi SPA,