La caratterizzazione della migrazione srilankese nel nostro Paese è resa particolarmente evidente da un’analisi dei dati sul mercato del lavoro che evidenziano il marcato inserimento della comunità nei Servizi pubblici, sociali e alle persone che impiegano il 57% dei lavoratori della comunità. Seguono il settore ricettivo (15,4%) e quello dei Trasporti e altri servizi alle imprese, che impiega l’8% dei lavoratori srilankesi.
Un’analisi dei principali indicatori sul mercato del lavoro rivela performance occupazionali nell’insieme migliori di quelle registrate sul complesso della popolazione non comunitaria, legate evidentemente alla specializzazione settoriale: il tasso di occupazione è pari al 64,3% (a fronte del 58,4% registrato per il complesso degli extra UE), il tasso di inattività è del 23,3% (per il complesso della popolazione non comunitaria l’indicatore è pari al 33% circa), mentre il tasso di disoccupazione è del 16,1%, più alto di quello registrato tra i non comunitari (13%).
Questa situazione generale va però letta insieme a quella specifica delle donne della comunità, la cui condizione occupazionale è peggiore rispetto alle donne extra UE complessivamente considerate. Esiste infatti un forte divario tra il tasso di occupazione maschile (82,3% circa) e quello femminile (41,4%): quest’ultimo risulta inferiore alla media non comunitaria (43%), così come – specularmente – la disoccupazione risulta per le donne srilankesi più alta di quasi 10 punti rispetto alla popolazione femminile non comunitaria nel complesso. Unico indicatore migliore della media risulta l’inattività (44,2% contro 48,5%).
La comunità non fa registrare un elevato livello di istruzione (la quota di laureati è pari al 6,2%, a fronte del 10,5% registrato sul totale dei non comunitari), ma ha saputo trovare una propria specifica collocazione nel mercato del lavoro italiano attraverso la specializzazione nel lavoro manuale. Relativamente alle tipologie professionali, il lavoro manuale non qualificato si conferma la tipologia prevalente per la comunità, coinvolgendo quasi il 59,4% degli occupati srilankesi, mentre il 14% dei lavoratori della comunità svolge un lavoro manuale specializzato. Un quarto circa degli occupati della comunità è Impiegato, addetto alle vendite e servizi personali, il restante 1,5% è dirigente o professionista nel campo intellettuale e tecnico.
Poco rilevante il protagonismo della comunità in ambito imprenditoriale, dove risulta tredicesima – tra quelle non comunitarie – per numero di titolari di imprese individuali: sono infatti 3.8143 i titolari di imprese individuali di origine srilankese al 31 dicembre 2021, ovvero l’1% degli imprenditori non comunitari in Italia, un numero in aumento rispetto al 2020 (+6%).
Il 38% delle imprese individuali della comunità opera nel Commercio e trasporti. Secondo settore di investimento per le imprese srilankesi è quello relativo a Servizi alle imprese, che fa registrare un’incidenza del 18%: queste imprese rappresentano il 2,8% del totale delle imprese individuali extra UE nel settore. Da segnalare come le imprese individuali srilankesi nell’edilizia siano il 9% circa della comunità, nonostante la residualità del settore tra gli occupati della comunità.
L’elevata quota di persone della comunità srilankese occupate nei Servizi si riflette anche sui livelli di fruizione di alcune misure di welfare. La comunità è infatti scarsamente interessata dalle misure di integrazione salariali-come la cassa integrazione ordinaria e straordinaria – mentre fa rilevare un’incidenza più alta (4%) tra i percettori non UE di Assegni ordinari dei Fondi di solidarietà che sono strumenti finalizzati ad assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, indipendentemente dal settore di appartenenza, per quei settori e aziende che non beneficiano di CIGO e CIGS, come appunto nel settore dei Servizi. Il 2,8% dei percettori non comunitari di Naspi è di nazionalità srilankese, mentre l’incidenza si abbassa per le varie forme di pensione previste dal nostro ordinamento: i percettori della comunità srilankese delle Pensioni IVS non raggiungono il 2% sul totale dei percettori extra UE.
Ulteriore segnale di un livello di integrazione ancora poco maturo della comunità rispetto al sistema di welfare si evince anche nell’assistenza alle famiglie e nel caso specifico dell’indennità per maternità,
indice dell’inserimento del mercato del lavoro delle donne della comunità, che, come si è visto, non è ancora pienamente compiuto: in questo caso, è di nazionalità srilankese l’1,7% delle percettrici non comunitarie. Per quanto riguarda la collettività srilankese, sono 12.344 i nuclei che beneficiano del RdC o della PdC (il 5,5% circa dei percettori non UE).
Le rimesse verso lo Sri Lanka, pari a 234,4 milioni di euro nel 2022, rappresentano il 3% del volume complessivo delle rimesse inviate dall’Italia verso il resto del mondo. Un flusso di risorse che è cresciuto del 50% fra il 2016 e il 2020, ma che negli ultimi due anni ha subito una contrazione significativa tornando ai livelli del 2016. Un dato in forte controtendenza rispetto alla media delle altre collettività presenti in Italia, che può essere un segnale di una minore possibilità di sostegno alle famiglie di origine legata alla minore capacità reddituale degli stranieri di questa nazionalità presenti in Italia.
Testo da
Rapporti annuali sulle comunità migranti in Italia, curati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali-Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione con la collaborazione di ANPAL Servizi SPA,