Nell’ambito dello sfruttamento lavorativo occorre preliminarmente precisare che la normativa vigente distingue tre diverse forme
di tutela, a seconda del grado di sfruttamento individuato:
• il grave sfruttamento lavorativo;
• il caporalato;
• il lavoro irregolare (comunemente definito “lavoro nero”).
Il grave sfruttamento lavorativo
L’applicazione dell’art.18 alle situazioni del grave sfruttamento lavorativo è stata confermata anche dalla Circolare del ministero dell’Interno del 4 agosto 2007 che sottolinea come il fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori irregolari immigrati abbia assunto proporzioni allarmanti e ricorda che tra gli strumenti offerti dalla legislazione vigente vi è sicuramente l’istituto previsto dall’articolo 18. Devono ovviamente essere riscontrabili i due elementi centrali richiesti per l’ottenimento di questo permesso per motivi di protezione sociale: la violenza o il grave sfruttamento.
Tra gli altri indicatori di un grave sfruttamento lavorativo sussistono:
• il confinamento nel posto di lavoro;
• la sottoposizione a violenza fisica o sessuale;
• la minaccia della denuncia all’Autorità, proprio per la condizione di irregolarità;
• la sproporzione dell’orario di lavoro in relazione al pagamento percepito.
Ciò che emerge con evidenza e trasversalmente in tutti i casi soprarichiamati non solo da un punto di vista strettamente giuridico ma anche etico-sociale, è la debolezza della vittima. La scarsità di giurisprudenza in relazione all’applicazione della normativa di cui all’art.18 D. lgs. 286/98 è infatti sintomatica di come le vittime di grave sfruttamento lavorativo stentino ad emergere anche a causa delle difficoltà a far valere i propri diritti.
Il D. lgs. del 16 luglio 2012, n. 109, ha dato attuazione in Italia alla Direttiva 2009/52/ CE che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. Con riferimento al grave sfruttamento lavorativo tale normativa ha introdotto il comma 12-quater all’art. 22, D. lgs. 286/98 che prevede il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi dell’art. 5, c. 6, D. Lgs. 286/98 in tutte quelle ipotesi di particolare sfruttamento lavorativo in cui il lavoratore extracomunitario denunci il datore di lavoro che lo impiega irregolarmente, purché cooperi fattivamente nelle indagini .
Il Caporalato (art. 603 bis C.P.)
Nel 2011 è stato inoltre introdotto nel nostro ordinamento con l’art. 603 bis c.p. un nuovo reato denominato “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque svolga una attività organizzata di intermediazione reclutando manodopera o organizzandone l’attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.”
Non viene sanzionato solo chi fornisce manodopera all’utilizzatore, ma anche chi organizza e dunque “dirige” i lavoratori reclutati. Tale disposizione ha importanti riflessi anche circa l’individuazione degli indicatori caratterizzanti lo sfruttamento lavorativo, che si potrà realizzare anche nelle seguenti circostanze:
• la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo “palesemente” difforme dai contratti collettivi;
• la sistematica violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, al riposo settimanale;
• la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro;
• condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza e situazioni alloggiative particolarmente degradanti.
A questi elementi deve poi necessariamente accompagnarsi l’uso della violenza, della minaccia o dell’intimidazione da parte dell’autore del reato nonché l’approfittamento dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori.
Il lavoro irregolare (art. 22, c. 12, d. lgs. 286/98)
L’art. 22, c. 12, D.lgs 286/98 punisce il datore con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa di 5000 euro per ogni lavoratore privo di un valido titolo per soggiornare in Italia. La condizione di lavoratore irregolare non dà diritto al rilascio di un permesso di soggiorno.
A cura di: Da Pra Mirta, Marchisella Simona, Obert Ornella.