19. Dare la vita significa soltanto avere molti bambini?

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Foto di tung256 da Pixabay

Il primo modo di dare la vita consiste sicuramente nell’avere bambini: un’avventura bella e straordinaria. Ma esistono altri modi. L’adozione ne e’ un esempio, cosi’ come l’impegno della coppia a servizio della societa’ e dei poveri. Basta pensare, per esempio, a quello che han fatto Raoul e Madeleine Follereau per i lebbrosi…

  • Avere bambini non significa soltanto dare loro la vita biologica. E non è neppure una questione di quantità: generare tanti bambini! Avere bambini significa assumersi la responsabilità di farli diventare grandi. L’educazione, infatti, è un autentico parto. A differenza dell’animale, ogni uomo deve imparare, per quanto è possibile, a dare una direzione alla propria esistenza.
  • Educare significa portare l’altro ad uscire da un’esistenza istintiva ed aiutarlo a prendere in mano la propria vita in modo consapevole, libero e responsabile. Significa dare al bambino, uomo in divenire, la possibilità di costruire la propria vita in modo personale, di sviluppare i propri talenti integrandoli con il patrimonio culturale, i valori morali e spirituali dell’umanità.
  • Sottolineiamo a questo proposito l’importanza dell’educazione all’amore, dono di sé. «L’amore dei genitori da sorgente diventa anima (…) che ispira e guida tutta l’azione educativa concreta, arricchendola di quei valori di dolcezza, costanza, bontà, servizio, disinteresse, spirito di sacrificio, che sono il più prezioso frutto dell’amore» («Familiaris consortio», 36), Infine, i genitori cristiani sono chiamati ad offrire ai propri figli tutto quanto è necessario per la formazione progressiva della loro personalità da un punto di vista cristiano ed ecclesiale.
Testimonianza

 

Agosto 1982: come sono felice… sono diventata nonna! La mia primogenita, in Germania, ha appena dato alla luce la piccola Chiara. Decido immediatamente di andarli a trovare. Mio marito, invece, deve recarsi in Italia per lavoro. E Anna, la nostra figlia minore, decide di accompagnarlo. Trascorro una settimana meravigliosa, tutta intenta a coccolarmi la nipotina. Una sera squilla il telefono. Mio marito mi comunica che Anna é stata travolta da una motocicletta ed é gravemente ferita. Sconvolta, salto sul primo aereo in partenza per Milano. Appena vedo mio marito, capisco che nostra figlia é morta. Aveva lS anni, era bella, allegra, piena di vita e la ritrovo all’obitorio… perché, perché?…

Durante il funerale, al momento della comunione, il mio cuore ha un sussulto: desidero con tutta me stessa ricevere l’osfia, mi sembra l’unica cosa in grado di placare l’immenso dolore del mio cuore. Ma non sono stata battezzata. Non riesco a capire il mio desiderio ardente di fare la comunione. Passata una settimana, mi decido a conoscere il mio parroco.

Qualche mese dopo ricevetti il battesimo e la scoperta di Dio fece sì che non mi rinchiudessi completamente nel mio dolore: l’anno successivo, infatti, mi fu proposto di insegnare catechismo ai bambini. «Perché proprio io» pensavo «che non posso vedere un bambino senza scoppiare in lacrime?». Ma Dio sapeva quel che faceva. Sapeva che solo l’affetto di altri bambini poteva guarirmi dal mio dolore.

Sono trascorsi dieci anni e, da allora, i bambini continuano ad illuminare la mia vita ed il loro amore ha spazzato via l’angoscia e le lacrime. E non é finira! Perché adesso mi occupo anche di anziani presso una casa di riposo: pensate, sono diventata mamma di una moltitudine di bambini di cui il più giovane ha 8 anni e il più vecchio 102!

Carlotta

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