Gregorio IX si trattenne qualche tempo ad Assisi e prima di partire volle tornare a San Damiano.
La città era piena di frati, accorsi da ogni parte del mondo, per la beatificazione di Francesco.
La Chiesa ormai riconosceva la virtù eroica del poverello d’Assisi. Francesco era Santo. Attorno alla testa del figlio di Pietro di Bernardone splendeva l’aureola del Paradiso.
E come la sua luce di Santo si rifletteva su tutta la chiesa, così i suoi seguaci si spargevano su tutta la terra. In pochi anni l’Ordine dei Minori, chiamati comunemente “francescani”, si era enormemente dilatato in ogni parte del mondo.
Moltissimi seguivano, a piedi scalzi, le orme di San Francesco.
Ma sopra a tutti, più di tutti e meglio di tutti, era Chiara che si manteneva fedele all’insegnamento del Santo, mantenendosi fedele alla più assoluta povertà.
Il Papa Gregorio IX aveva ripensato più volte alla risposta che Chiara gli aveva dato in San Damiano: “Padre Santo, scioglietemi dai peccati, ma non dal voto della povertà”.
Questo significava aver capito lo spirito di San Francesco; questo significava seguire fedelmente l’esempio del poverello d’Assisi.
Il Papa non poteva ripartire senza tornare tra gli olivi di San Damiano, dove si respirava la pura aria del francescanesimo.
Avvertita per tempo, questa volta Chiara, aiutata dalle compagne, aveva ornato di fiori la chiesa, aveva unto di olio le tavole della mensa, e cosparso di rami d’olivo la stradicciola che scendeva al convento.
Anche povera, voleva fare onore al Vicario di Gesù. Guai se la sua perfetta povertà l’avesse fatta insuperbire. La povertà superba e sdegnosa è come pane ammuffito: non nutre più, anzi avvelena.
Il Papa benedisse le povere donne di San Damiano e rivolse loro un discorso da padre a figlie.
Chiara lo stava ad ascoltare, estatica. Per quanto ella fosse molto avanti nella pietà e nella devozione, ogni parola del Papa le pareva un dono inestimabile.
Il Papa era Gesù in terra. Così le aveva insegnato San Francesco, sempre ligio all’insegnamento della Chiesa. E Chiara, vera figlia di San Francesco, chiamava Gregorio IX, Padre Santo.
Dal canto suo, Gregorio IX desiderava che anche Chiara parlasse, e stava ad ascoltarla con ammirazione, quand’ella discorreva “delle cose celestiali e divine”.
Intanto il tempo passava e già l’ora di mezzogiorno era da un pezzo scoccata, quando Chiara s’accorse che ormai il Sommo Pontefice non poteva tornare ad Assisi per il desinare.
Confusa, ma pronta, fece immediatamente preparare la mensa. Non c’era però che pane; pane duro ricevuto in elemosina.
Chiara fece disporre le pagnotte sulle rozze tavole del refettorio, e, inginocchiata, pregò il Papa di benedire la mensa.
Il Papa rispose:
— Suor Chiara fedelissima, io voglio che benedica questo pane tu, facendovi sopra il segno della croce di Cristo.
— Santissimo Padre, — ribatté Chiara, — perdonatemi, ma sarei degna di rimprovero, se, dinanzi al Vicario di Cristo, io, che sono una povera donna, presumessi di fare questa benedizione.
Ma il Papa rispose ancora:
— Perché ciò non sia creduta tua presunzione, ma merito d’obbedienza, io ti comando, per santa obbedienza, che sopra questo pane tu faccia il segno della croce, benedicendolo nel nome di Dio.
Chiara non si poteva rifiutare all’ordine del Sommo Pontefice. Si alzò in piedi e con la mano destra tracciò in aria una gran croce, invocando il nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Allora il Papa vide, e videro i Cardinali, i Prelati del seguito e le “povere donne” che erano intorno, come sopra ogni pagnotta fosse apparso, per miracolo, un segno profondo: una croce quasi intagliata nella dura crosta del pane.
Fonte: I fioretti di Santa Chiara