Un tempo erano i lebbrosi, le vedove, gli orfani, gli storpi, i ciechi, i carcerati, gli ignudi, gli schiavi.
Povertà ben riconoscibili, visibili e comprensibili.
E la Chiesa da sempre era ed è in prima linea su queste problematiche, basta pensare ai lebbrosari, agli orfanotrofi, alle residenze per disabili e malati. Nei tempi più recenti si aggiunsero l’attenzione alle vittime della tratta e della prostituzione, ai tossicodipendenti e agli alcolisti, ai malati di Aids, ai rifugiati e perseguitati politici. Povertà un po’ meno visibili, conosciute ma non troppo, dalla gente comune.
Oggi nell’era moderna, o post moderna come direbbero alcuni intellettuali, si aggiungono nuove categorie di persone cui dare la nostra attenzione, coinvolte in situazioni che si diffondono nella società occidentale con un supporto strategico di alcune elitè integraliste e radicali e con campagne mediatiche supportate dalla massoneria.
Parliamo di giovani obbligati a matrimoni combinati, forzati ad indossare il velo o assumere stili di vita indesiderati, apostati della fede convertiti al cristianesimo (a rischio della propria vita), giovani donne vittime di mutilazioni genitali o forzate a gravidanze per altri con l’utero in affitto.
Figli di fecondazioni non naturali con conseguenti traumi e l’assenza di genitori biologici certi, ex gay, ex lesbiche, ex trans, discriminati proprio in quanto ex ed apostati dell’ideologia gender.
Giovani che escono da sette e gruppi pseudo religiosi/politici con difficoltà di reinserimento.
Giovani che cadono preda di nuove droghe ritenute meno pesanti ma che comportano problemi neurologici e psicologici gravissimi.
Giovani e adulti che cadono preda di nuovi tipi di dipendenza da internet, gioco, sesso e alimentazione…
Tutto questo richiede nuove forme di accoglienza, nuove forme di apostolato, nuove forme per amare e servire, nuove iniziative di servizio e tanti volontari e “servitori” del bene.
Paolo Botti
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