Sono in super ritardo perché questa cosa della testimonianza, anche se non sembra, mi ha messa in crisi (sì, forse dal tempo che ci ho messo l’avete intuito tutti). Fermarmi e chiedermi: perché vai in strada? Come stai? Cosa ti dà? Insomma, dopo un paio d’anni ho scoperto di andarci anche per abitudine (brutto a dirsi), certo, un’abitudine strana e scomoda. Mi sono scoperta diversa da Pier Giorgio Frassati, di fondo, non animata dalla stessa fede e umanità. Quello che ottengo sempre, quando torno il mercoledì sera dall’attività con voi, è una serenità di fondo. La stessa serenità che ho dopo aver pregato. Ora, non mi ritengo una mistica, però, dopo giorni di riflessioni, credo di poter dire che andare a trovare gli schiavi, come dicevi tu, Paolo, i nuovi schiavi, è come andare a trovare Cristo. Lo sento vero.
Negli anni ho visto tante facce, tante speranze e delusioni. Quello che mi colpisce sempre è la velocità con cui le ragazze tirano su una maschera, una corazza che è come se le rendesse cieche davanti alla realtà di quello che vivono. Noi le vediamo dopo pochi giorni che sono in strada e sono autentiche, poi cambia qualcosa e per ritrovare le vere persone che sono, ci vogliono mesi e tanta fortuna: trovarle in un momento di crisi forte.
Sono molto contenta quando riusciamo a parlare davvero, a raccogliere la storia delle ragazze e ricordarcela, portare avanti un dialogo (per quel che riusciamo) in più sere, ecco, questo a me dà l’impressione di riuscire davvero a creare un rapporto, uno vero, non fatto ad interrogatorio.
Sono felice quando diciamo che preghiamo per Valentina, Jessica, Jennifer (che per me sono sempre lo stesso nome!!), Sofia, Belinda e tutte e poi mi ricordo di farlo davvero, perché ricordarmi di pregare per ognuna di loro, non per la massa, mi lega ai loro volti. Come mi diceva un’amica: “E’ molto importante che la preghiera non sia associata ad una massa indistinta di cristiani più o meno bisognosi. Le preghiere sono fatte con molta più intensità se si associano a dei volti, a delle storie e delle situazioni concrete”.
Voglio aggiungere una cosa… una grande gioia? Quando si ricordano il mio nome, perché penso “allora la mia presenza ha un senso!!”.
Concludo:
Quando mi chiedono un episodio che mi abbia colpito in particolare dell’esperienza in strada mi viene in mente l’inverno di qualche anno fa, quando ero volontaria da poco e andavamo sullo stradone di Moncalieri (dove ora c’è il mega complesso con palestre e cinema). Il gruppo non era numerosissimo, le ragazze erano tante e io ero carica di giudizi pesanti nei confronti delle loro sfruttatrici e dei clienti e di tutti quelli che contribuivano a renderle schiave.
Insomma, abbiamo incontrato una ragazza e il nome, ci penso da giorni, non me lo ricordo, con cui abbiamo parlato del fatto che era sfruttata e che, insomma, la sfruttatrice era cattiva…dopo un po’ lei ha detto “non sono io che devo giudicare questa donna, Dio lo farà”. Ecco, questa per me è stata una lezione enorme, una lezione a livello spirituale. Se lo diceva lei che non poteva giudicare, allora io? Non che si debbano giustificare le azioni di quelle persone, perché sono crimini, ma è vero che noi siamo chiamati ad essere giusti e non giudici. La frase di questa ragazza me lo ricorda sempre.
Beh, spero non vi siate annoiati!
A presto! Chiara