Come Squadra Mobile abbiamo potuto notare negli ultimi tempi grandi cambiamenti nel fenomeno. Fino a pochi anni fa, infatti, la prostituzione in casa era riservata solamente ad una cerchia molto ristretta di persone, in genere di nazionalità italiana. In questi casi, seppur rari, si usavano i pied-à-terre, utilizzati dalle prostitute per cercare di rimanere il più possibile nell’anonimato, mettendo il cliente nella condizione di ottenere una prestazione sessuale che non fosse legata alla consumazione in albergo o in automobile, luoghi dove si poteva essere soggetti a controllo da parte delle Forze dell’Ordine. Il rischio per i clienti, quindi, era quello di finire con il proprio nome e cognome su giornali e telegiornali locali, con conseguenze che si possono facilmente immaginare, soprattutto pensando ai tanti clienti che hanno moglie e figli. A parte queste eccezioni, la stragrande maggioranza delle persone si prostituivano in strada.
Altri mutamenti nel fenomeno riguardano le nazionalità presenti sul territorio. Prima la maggioranza delle donne era italiana. Poi c’è stato il periodo del boom delle nigeriane, infine quello delle ragazze provenienti dall’Est Europa. Nei casi di donne migranti, è necessario operare una distinzione tra organizzazioni che esercitano pressioni su gruppi di donne da sfruttare e la presenza, invece, di altre ragazze che decidono volontariamente di intraprendere questo tipo di attività e di mettersi in proprio.
In linea generale, negli anni c’è stata una evoluzione che ha portato il mondo della prostituzione ad evolversi, creando situazioni differenti che hanno determinato la crescita esponenziale del fenomeno delle case chiuse.
Attualmente il numero di persone che si prostituisce in strada è sensibilmente diminuito. A Torino, per esempio, si trovano solo determina- te etnie: nigeriane, ragazze dell’Est Europa e più raramente le cinesi. Il fenomeno prostitutivo, ormai, spostandosi al chiuso, comincia ad acquisire degli aspetti un po’ diversi.
Come Forze dell’Ordine, cominciamo ad avere delle grosse difficoltà a gestire e monitorare il fenomeno e non abbiamo più il “polso” della situazione. Un tempo eravamo nella condizione di dire immediatamente quante prostitute c’erano, zona per zona. Conoscevamo le etnie presenti e dove si posizionava- no, eravamo in grado di fare calcoli precisi perché erano tutti elementi che potevamo controllare perché visibili. Purtroppo la prostituzione all’interno delle case risulta difficile da monitorare e questo si tramuta in una maggiore difficoltà di intervento. Le Forze dell’Ordine intervengono ormai quasi esclusivamente su segnalazione del cittadino oppure, come ha fatto ad esempio il Gruppo Abele, dopo una verifica degli annunci su giornali.
A cura di Antonino Runci, Sostituto Commissario della Squadra Mobile della Questura di Torino.