Rapporto di ricerca sulla tratta di persone e il grave sfruttamento

I principali fattori che spingono le persone a migrare e, in alcuni casi, a cadere vittima di tratta, continuano ad essere principalmente la povertà, la disoccupazione, le discriminazioni di genere ed etniche, le inadeguate politiche di welfare e di sviluppo, le fallimentari o assenti politiche migratorie, i conflitti regionali, il desiderio di emancipazione economica, sociale e culturale, la domanda di forza lavoro non specializzata necessaria a sostenere i cicli produttivi sempre più competitivi della globalizzazione economica. Nella maggior parte dei casi, il percorso migratorio inizia con la scelta volontaria della persona migrante di espatriare, più raramente la partenza è frutto di un atto coercitivo. Il debito contratto con persone terze per avere la possibilità di lasciare il proprio paese diventa un fattore di vulnerabilità decisivo per chi emigra. La necessità di restituire quanto prima il denaro preso in prestito facilita l’invischiamento in situazioni di grave sfruttamento e pone la vittima in condizioni di subordinarietà economica e psicologica nei confronti del proprio sfruttatore o sfruttatrice. In questo contesto, persiste la difficoltà a cogliere le distinzioni e le dinamiche di correlazione tra traffico di migranti e tratta di persone: da una parte, il secondo fenomeno viene confuso con il primo, dall’altra si tende a trascurare il fatto che un percorso iniziato come migrazione irregolare può trasformarsi in sfruttamento e riduzione in schiavitù una volta che la persona è giunta nel paese di destinazione e la condizione di vulnerabilità la porta a cadere in circuiti di assoggettamento.

Quante sono le vittime di tratta in Italia?

A questa domanda non è possibile dare una risposta certa a causa della mancanza di una raccolta dati sistematica da parte delle istituzioni deputate a contrastare il fenomeno e a fornire supporto alle vittime. I dati disponibili non sono aggiornati e riguardano solamente le persone prese in carico dai progetti di protezione sociale o a cui è stato concesso il permesso di soggiorno per motivi umanitari. Poiché le istituzioni competenti (Dipartimento per le Pari Opportunità, Ministero dell’Interno e Ministero di Giustizia) non hanno sinora implementato un database comune o perlomeno un sistema di condivisione di dati sulla tratta, non è possibile fornire statistiche esaustive sull’estensione del fenomeno e gli ambiti di sfruttamento; le vittime presunte, identificate, prese in carico dai progetti o rimpatriate, così come evidenziato recentemente anche da Eurostat5. Nel corso degli anni, sono state prodotte anche delle stime sul numero di persone trafficate, prevalentemente riguardanti vittime sfruttate nella prostituzione di strada. Tali stime, oltre a non essere aggiornate, presentano numeri molto diversi a causa delle diverse metodiche utilizzate nell’elaborazione dei dati. È qui comunque importante sottolineare che la tratta di persone è un fenomeno di difficile misurazione, tuttavia, una raccolta dati sistematica e coordinata effettuata dalle istituzioni e dagli enti competenti permetterebbe di conoscerne le evoluzioni, nonché di approntare adeguate politiche di assistenza delle vittime, di prevenzione e di contrasto alle organizzazioni criminali.

Nel corso del 2012, attraverso le unità di strada, gli enti partecipanti alla ricerca hanno effettuato 23.878 contatti, di cui 21.491 con donne e ragazze, 781 con uomini e ragazzi e 1.606 con persone transgender. Nella stragrande maggioranza dei casi, si tratta di persone sfruttate nella prostituzione e, in misura minore, in agricoltura e nell’accattonaggio. Le unità di contatto indoor, numericamente molto inferiori a quelle che operano in strada, hanno invece effettuato 2.936 contatti, di cui 2.617 con donne, 29 con uomini e 290 con persone transgender. Rispetto alla distribuzione territoriale, il 61% delle persone contattate si trovava al Nord, il 25% al Centro e il 14% al Sud e nelle Isole. Per quanto riguarda l’età, continuano ad essere soprattutto le giovani tra i 18 e i 25 anni (più del 50%) ad essere sfruttate nel mercato della prostituzione, mentre le minori sono circa il 4,5%. I paesi di origine principali sono la Nigeria e la Romania, in costante crescita invece il Brasile, il Marocco, la Cina. Si registra infine il ritorno dell’Albania.

Sono cambiati l’organizzazione delle reti e dei singoli criminali e i metodi di reclutamento, controllo e sfruttamento impiegati, con l’evidenziarsi dei seguenti trend: il passaggio da gruppi semi-dilettantistici e poco organizzati a gruppi fortemente organizzati con collegamenti transnazionali e radicati nei paesi di destinazione; il passaggio da forme di controllo coercitive e violente a strategie di sfruttamento basate anche sulla parziale condivisione dei profitti con le vittime; il coinvolgimento di alcune vittime nell’attività di controllo delle persone sfruttate; lo sviluppo della capacità di abbinare la tratta e lo sfruttamento ad altre attività illecite (traffico di migranti, di droga e di armi) e lecite (es. riciclaggio di denaro sporco attraverso attività commerciali regolari); la diversificazione degli ambiti in cui sfruttare contemporaneamente le vittime.

tratto dal 1° Rapporto di ricerca sulla tratta di persone e il grave sfruttamento di Caritas e CNCA

 

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