1. Un termine obsoleto
Secondo quanto è stato stabilito dalla conferenza di Londra del 1996, quando neurologi e ricercatori di tutto il mondo si confrontarono sullo stato vegetativo, termini come “irreversibile” o “permanente” sono superati. Oggi oltre il 50% dei pazienti in stato vegetativo post-traumatico riacquistano, anche dopo anni, un margine, seppur minimo, di coscienza e diventano pazienti in stato di «minima coscienza».
2. Il livello di coscienza
«Gli studi più aggiornati dimostrano come in alcuni pazienti in stato vegetativo permanente sia possibile ottenere risposte che danno conto di una residua possibilità, spesso elementare, di percepire impulsi dall’ambiente con correlata analisi e discriminazione delle informazioni». Ci si riferisce alle ricerche del prof. Owen a Cambridge che grazie a un uso innovativo della risonanza magnetica per lo studio degli stati vegetativi, ha dimostrato che i pazienti siano in grado di rispondere a stimoli esterni e possiedano un livello residuale di coscienza.
3. Gli strumenti clinici
Tutto è in grande evoluzione, ad esempio in Italia il professor Giuliano Dolce a Crotone lavora sulle sollecitazioni della figura materna o della musica tramite modelli informatici come le reti neurali o il «machine learning», mentre il professor Roberto Piperno a Bologna conduce indagini sulle reazioni dei pazienti alla stimolazione dei linguaggi teatrali tramite la videopoligrafia. Queste tecniche permettono di trattare lo stato vegetativo in maniera differente anche solo rispetto a quattro o cinque anni fa: la scienza è in evoluzione, quello che sembrava irreversibile allora oggi non lo è più. E domani, forse, sarà anche curabile.
4. I risvegli molteplici
Nel mondo sono decine i pazienti in stato vegetativo da anni che si rivegliano improvvisamente in forma piu’ o meno completa e per cause non sempre spiegabili
Eclatante e’ il caso dell’americano Terri Wallis, che dopo 19 anni in questa condizione a seguito di un grave incidente, una mattina si è “svegliato”. Oggi Terri sa contare e parla, anche se non ha riacquistato la capacità di memorizzare. Le sue condizioni erano state definite “irreversibili”.
C’è quindi molto da studiare, molto da sperare e c’è da usare cura e attenzione massima anche ai casi apparentemente inguaribili.
Non sempre si guarisce ma la medicina deve curare, che significa prendersi cura, a cuore, delle persone.