Vorrei non morire solo. La dignità della fine

“Vorrei non morire solo” è il pensiero di ogni malato grave o terminale.
Forse è il desiderio anche di tutti i sani.

Ma dalla pandemia in poi, abbiamo visto un peggioramento notevole delle condizioni dei malati gravi. A migliaia sono morti da soli. Isolati e umanamente senza conforto.
Con il terrore del virus (in molti casi ingiustificato ma ampliato dai media e poi ridimensionato dall’analisi dei dati reali), ma anche con l’incuranza perchè le protezioni esistevano (i dispositivi di protezione come tute, mascherine, caschi, guanti, etc) e l’umanità viene prima dei soldi e dei risparmi, si sono recluse persone per settimane, a volte mesi impedendo perfino le visite dei propri familiari.

La morte in solitudine è uno degli incubi umani. Ben descritta da Giovanni Pascoli:
” Nessun sospiro d’amor mi darà l’addio, nessuna mano la mia stringerà;
sola, sola, la morte mi colpirà, sola, sola, in un silenzio oscuro.

Bisogna che le persone decedute in solitudine vengano ricordate una per una.
La loro morte è stata certamente accellerata anche dalla solitudine prima ancora di ammalarsi, pensiamo agli anziani isolati nelle Rsa cui veniva impedito di incontrare persone.
Cessavano di vivere pur di non morire.

Oggi è assolutamente inaccettabile che coloro che sono responsabili non abbiano trovato soluzioni organizzative e tecnologiche adeguate e non abbiano predisposto strutture apposite per garantire che il momento della morte, il più solenne e sacro di tutti gli eventi, avvenga nel rispetto della dignità delle persone.

È un fatto scandaloso che richiede una denuncia forte e decisa.

Paolo Botti

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