Senza coraggio non è possibile ottimismo e senza ottimismo non è possibile felicità (Silvana De Mari)

Foto di Jill Wellington da Pixabay

Le persone ottimiste, sistematicamente e volontariamente ottimiste, sviluppano un’alta capacità di godere il presente, provano molto spesso la felicità: la parola è talmente abusata da essere logora, ma – per quanto sia logora – il suo significato è sempre vivo dentro di noi.
La felicità esiste ed è frutto di un’autodisciplina eroica. Il pessimismo e l’ansia sono condizioni “normali” del cervello umano. L’essere umano si è evoluto durante la preistoria. Se diamo alla preistoria la lunghezza di 1 m, la storia è circa un quarto di millimetro. Noi siamo, quindi, dotati di un cervello preistorico, che si confronta con un mondo postmoderno.
Durante la preistoria l’ansia è causata da pericoli immediati: tigre dai denti a sciabola, altro uomo dotato di clava in cerca della cena. La persona pessimista pensa che, se dorme all’aria aperta, non arriverà vivo al mattino, quindi cerca una caverna e la chiude con dei massi. La persona ottimista pensa che tutto andrà bene e dorme dove capita. I cromosomi degli ottimisti non ci sono arrivati, per questo l’ottimismo dobbiamo ricrearlo con l’autodisciplina.
Se per la nostra sopravvivenza può essere stato fondamentale il pessimismo difensivo, la nostra evoluzione è basata sull’ottimismo. Sono quelli che ci credevano coloro che ci hanno provato.
Chi ha traversato gli oceani, chi ha scoperto il movimento delle stelle, chi ha sintetizzato antibiotici, o inventato aeroplani? Ottimisti sognatori.
Stesso discorso vale per le madri. Le madri ansiose, quelle in costante bilico sulla catastrofe, la tubercolosi che ci travolgerà se non mettiamo la maglietta di lana, il trauma cranico che arriverà se ci arrampichiamo su qualche cosa, la congestione che ci fulminerà se andiamo in acqua con una briciola nello stomaco.
Le madri ansiose tirano su dei figli che diventano spesso adulti fobici. Le madri rilassate, quelle che guardano Facebook mentre il bambino si arrampica sulla sedia e si sporge dalla finestra, hanno figli che non sempre diventano adulti perché si ammazzano durante l’infanzia. Meglio una madre ansiosa di una madre troppo distratta.
Però se il compito delle madri è insegnare la prudenza e raccomandare la facilità e la comodità, quello dei padri è insegnare il coraggio, la lealtà, l’etica.
Nei popoli dove c’è uno squilibrio tra maschile e femminile si perde l’equilibrio. I padri si sono diradati. La paternità si è spampanata negli ultimi 60 anni, i valori maschili si sono persi e dispersi. Siamo un’epoca ansiosa e spaventata anche perché più nessuno insegna il coraggio.
Il coraggio adesso si chiama sindrome dell’eroe.
Un passaggio indispensabile è il coraggio. Senza coraggio non è possibile ottimismo e senza ottimismo non è possibile felicità.
Siamo la prima epoca dall’inizio del mondo che ha beatificato la vigliaccheria e che disprezza il coraggio, si chiama sindrome dell’eroe, stupendosi ancora che, senza coraggio, non sia possibile vivere e costruire.
La grande scoperta delle neuroscienze è la plasticità del cervello: per tutta la vita il nostro cervello si modifica ed evolve a seconda di come pensiamo.
Possiamo cambiare il nostro pensiero. Cambiando il nostro pensiero cambiamo la nostra mente, cambiamo le nostre abitudini. Cambiando le nostre abitudini cambiamo i nostro carattere e cambiando il nostro carattere cambiamo il nostro destino.
Per questo scrivo fantasy. Quando ho paura chiedo a Sire Arduin di accompagnarmi e la paura scompare.
Silvana De Mari

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