Carissimo padre Aldo, ti ho già scritto qualche mese fa per chiederti aiuto nella mia aridità e ne approfitto per ringraziarti della tua risposta, che non mi ha dato nessuna regola, nessuna ricetta, ma mi ha aiutato a iniziare un grande lavoro che cerco di portare avanti ancora oggi. La grande novità che si è introdotta è che io, mentre prima aspettavo una risposta per poter ricominciare a vivere e quindi morivo nella mia domanda, ora vivo, vivo per trovare una risposta, cerco di guardare quello che mi è dato per trovare la risposta. Che poi, ne son certa, è Gesù. Bene, quello che mi è dato ora è mia sorella che sta male. Soffre di depressione e giovedì ha tentato di nuovo il suicidio. Lei dice che prova a togliersi dai piedi per toglierci il peso della sua presenza. Io sono serena, il perché non me lo spiego ma sono grata di questa situazione, posso ancora una volta dire sì a Cristo. È incredibile come mi ama! La mia posizione di fronte a questo dolore è, per grazia Divina, quella di Mounier di fronte alla figlia: «Non voglio che si perdano questi giorni, dobbiamo accettarli per quello che sono: giorni pieni d’una grazia sconosciuta». Gesù mi viene incontro. Per me è una grande occasione, certo piena di dolore e fatica, ma una grande occasione. Invece mia mamma e mio papà son disperati. Questo è quello che più mi fa soffrire, vedere che per loro questa è come una punizione, è un dolore senza speranza, da sopportare e subire. Mia madre mi dice di andare a ballare, così almeno per due ore mi riesco a distrarre, ma io non ho bisogno di distrarmi! Ho bisogno di esserci, di vivere tutto nell’attesa che si delinei il Suo volto! Ma come dirglielo? Vorrei urlarle tutta la bellezza che possiamo trovare in questa situazione, eppure non riesco. Per i miei genitori Maria è una poverina malata a cui bisogna trovare la medicina giusta, la dose giusta, e poi tutto andrà a posto. No! Solo Cristo salva! Io ho presente te, la tua storia, può essere la strada alla santità! Altro che sfiga! Io cosa posso fare? Come faccio a volerle bene fino in fondo? A voler bene ai miei genitori davvero? A mantenere salda la mia fede che ora sta crescendo così tanto? Io vivo, prego e chiedo. Ora prego Gesù che mi dia un amico “feroce” come dice don Carrón, che non mi dia tregua nello stare in questa circostanza. Prega per noi.
Lettera firmata
Da tempo desideravo rispondere alla tua potente provocazione che documenta ancora una volta che non esiste circostanza, per quanto dolorosa, che impedisca alla nostra libertà di gridare e a Cristo di rispondere mostrando i tratti della Sua tenerezza verso di noi. Grazie amica, perché l’amico è colui che, come te, ci sfida con la sua vita, testimoniandoci la razionalità della fede, la sua convenienza umana anche quando la disperazione sembra soffocarci o soffocare le persone che amiamo.
Ho letto la tua lettera dopo l’incontro conclusivo del Meeting, durante il quale ho avuto la grazia di partecipare con il professor Borgna alla presentazione del libro Ciò che abbiamo di più caro, risaltando quelle pagine in cui don Giussani parla della pazzia affermando che tutti siamo pazzi. Neanche la pazzia impedisce a Cristo di salvarci e alla nostra libertà di gridare e mendicare. La prima espressione concreta del gridare e mendicare è il lasciarci abbracciare. Solo dentro un abbraccio è possibile non solo non scandalizzarci della nostra pazzia, ma anche essere recuperati da Cristo. Come ho affermato al Meeting, la mia storia ne è stata e ne è una testimonianza eloquente. Quando penso alla mia vita, definita per anni dalla depressione, angustia più terribile, non posso non sentire ancora vibrare in me l’abbraccio di don Giussani e di quell’uomo al quale lui mi aveva affidato inviandomi in Paraguay, padre Alberto. Un uomo che per dieci anni, con infinita pazienza, mi ha accompagnato in silenzio dedicando tutto il suo tempo a farmi compagnia, aiutandomi a recuperare il nesso con la realtà. Per questo motivo mi ha colpito la tua lettera. Convivere gratuitamente con una persona amata che ha perso il senso e quindi la voglia di vivere è possibile solo quando Cristo è la cosa più cara che abbiamo. Solo quando sperimentiamo come lo starets Giovanni dell’Anticristo di Soloviev che Cristo è il criterio, la ragione, il respiro della nostra vita, siamo liberi di guardare l’uomo, in particolare colui che ha perso il senso della vita, con la stessa tenerezza con la quale ci guarda. L’abbraccio a tua sorella è il frutto di quello di Cristo alla tua persona che ogni giorno si lascia amare dalla Sua presenza viva. Cristo è venuto nel mondo solo per abbracciarci. Il Suo abbraccio opera in noi solo attraverso la nostra libertà e il Suo agire ci dona una grande pace, il gusto dell’abbandono alla Sua presenza, come scrive Péguy ne Il mistero dei santi innocenti. Dio dice che non è necessario che l’uomo sia fatto bene, l’ha fatto Lui. Non è necessario dire che l’uomo sia malvagio, che l’uomo sia buono e generoso, lo ha fatto Lui. «L’unica cosa che non sarà mai disposto a darmi è l’unica che Io gli chiedo: cosa chiedo all’uomo? Che si rilassi, che si affidi, che si abbandoni nelle mie mani. Si preoccupa sempre per il domani. Ma se faccio Io il domani, perché deve preoccuparsi? Penso Io al domani! In fondo, cosa chiedo all’uomo? Che di notte vada a letto, appoggi la testa sopra il cuscino, stenda bene i suoi piedi e dorma». È la stessa posizione che san Giovanni Crisostomo affermava molti secoli prima: «Io sono la casa per te – Io è Cristo, ndr – la casa in cui questa notte vai a cenare, il vestito, la radice, il fondamento. Tutto questo sono Io se mi riconosci. Quindi niente ti mancherà. Sono venuto esclusivamente per servirti. Io sono un padre per te, un fratello, lo sposo, il tuo amico. Preoccupati soltanto di affidarti a Me. Tutto tu sei per Me come una parte della mia persona. Io sono il pane per te, la vita, il cammino, la verità. Pensa solo ad affidarti a Me. Tutto tu sei per Me come una parte della mia persona».
Una grazia sconosciuta
Queste provocazioni, che un depresso non vuole neanche ascoltare perché nella condizione in cui vive sembrano bugie, sono le uniche che possono salvarlo dalla sua situazione, come è successo nella mia vita. Ciò è possibile solamente dentro una compagnia, un’amicizia nella quale la carne vibra di questa posizione. Nessuno quanto un depresso, uno che ha perso il senso della vita, ha bisogno di vedere nei volti di quelli che lo amano la presenza della tenerezza divina. In tale prospettiva le parole di Mounier, che ti stanno accompagnando in questo momento, esprimono una grande umanità: «Non voglio che si perdano questi giorni, dobbiamo accettarli per quelli che sono: giorni pieni di una grazia sconosciuta». Guardare tua sorella con questa posizione non è solamente una grazia che ti riempie di pace, ma anche la possibilità di comunicarle attraverso la tua presenza l’infinita tenerezza di Cristo che, nel tempo come la goccia d’acqua che cade e rompe la pietra, penetrerà nel suo cuore. L’ho visto e lo vedo nella mia persona e nei malati che vivono i loro ultimi giorni al mio fianco nella clinica San Riccardo Pampuri.
Per i tuoi genitori, disperati per la malattia di tua sorella, questa posizione che definisce la tua vita è già la risposta alle domande che mi poni. È un lungo cammino che tutti siamo chiamati a percorrere per verificare la verità di quanto Peguy, Mounier e tu stessa testimoniate in questo momento. Un cammino che a me ha permesso di passare dalla rabbia, dalla blasfemia per un dolore incomprensibile e insopportabile, a ringraziare per i lunghi anni di dolore. Essi sono stati il modo attraverso cui il Mistero non solo mi ha purificato, ma anche preparato per essere uno strumento utile a Dio per mostrare la Sua infinita Misericordia nei confronti dei più poveri di questo mondo. Il dolore di tua sorella e la disperazione dei tuoi genitori hanno bisogno che tu sia per loro quello che don Giussani e padre Alberto sono stati per me. Cioè che tu viva intensamente quello che hai incontrato. «Solo Cristo salva!» hai risposto ai tuoi genitori che in tutti i modi cercano una soluzione alla sofferenza di tua sorella. Nessuno dubita che gli esperti della mente e le medicine siano strumenti importanti nella vita, nella malattia. Ciò nonostante la vittoria definitiva sul male, qualsiasi sia, uno la incontra solo nell’abbraccio di Cristo che è sempre un abbraccio umano. In questo caso è il tuo e quello di coloro che ti stanno accompagnando nel dolore. Il mio “lavoro” quotidiano, con le persone che incontro e soffrono è esclusivamente la continuità di quell’abbraccio di don Giussani e padre Alberto. Ciò è possibile vivendo intensamente oggi il carisma di Comunione e liberazione che ci unisce entrambi, seguendo le provocazioni continue che don Carrón ci fa rispetto al nostro lavoro personale: «Non aspettatevi un miracolo, ma un cammino». Un cammino sostenuto da un amico “feroce”, come scrivi nella tua e-mail citando don Carrón, che ci indichi continuamente il Signore. La tua fede mi consola e il tuo dolore diventa preghiera quotidiana, affinché il dubbio sul fatto che tu sia una privilegiata non entri mai nella tua vita. Se Dio ha salvato e salva ogni giorno questo asino usandolo per mostrare a quanti incontra la Sua infinita bontà e tenerezza, lo farà anche con te e con la tua famiglia.
Il grido si impone da sé
Grazie perché la tua testimonianza mi ha fatto vibrare di commozione, in particolare quando concludendo hai detto che tua mamma ti ha consigliato più volte di andare a ballare per distrarti, ma tu hai detto di non volere distrarti, anzi che hai bisogno di esserci, di vivere tutto nell’attesa che si delinei il Suo volto. «Vorrei gridare tutta la bellezza che possiamo vivere in questa situazione, ma non riesco», hai concluso. Il grido si impone da sé anche se nessuna sillaba esce dalla tua bocca. Offri alla Madonna questo tuo grido affinché non solo la Madre di Gesù e nostra continui a proteggerti, sostenendoti nel cammino della fede che ci testimoni, ma anche perché la tua famiglia incontri quella presenza che continua a cambiare la tua vita.
Aldo Trento – Tempi
Articolo tratto da www.tempi.it
per gentile concessione della redazione (7-7-2023).
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