«Contemplerò ogni giorno il volto dei santi per trovare riposo nelle loro parole», «Non aspettatevi un miracolo, ma un cammino». Essendo un cammino a volte lungo, a volte corto, come vedo ogni giorno nella Clinica san Riccardo Pampuri, è necessario un compagno che ci prenda per mano. Durante questo percorso, infatti, ci troviamo in qualsiasi genere di difficoltà e problema. A volte ci può sorprendere la notte, la stanchezza; altre volte la pioggia o il terribile sole tropicale. Tutte queste circostanze che sembrano essere nemiche della realtà, o meglio del cammino, appartengono invece alla logica del cammino che è quella della vita. Per questo il Mistero non ci lascia mai da soli e ci ha messo di fianco una Presenza, che a volte sembra essere invisibile durante un lungo tragitto, come è successo ai discepoli di Emmaus. A un certo punto, non previsto né ipotizzato, si rivela la grande Presenza per la quale il nostro cuore è fatto e che in quel momento, come è stato per quei due amici, riconosciamo: «Non ci ardeva il cuore mentre, camminando con noi, ci spiegava le Scritture?».
Risveglia in noi il desiderio di incontrarlo e riconoscerlo come risposta a ciò che la nostra umanità desidera. Questa grande Presenza che ci fa vibrare il cuore quando siamo semplici e poveri in spirito, continua a essere viva nel cammino quotidiano della vita attraverso i santi, quelle persone nel cui volto è evidente la Presenza umana del Mistero. Se ciascuno avesse la semplicità che ha un bambino con sua madre, potrebbe accorgersi di quanto questi volti gli hanno fatto compagnia nel cammino della vita, quanto questi tratti inconfondibili di Cristo lo hanno preso per mano nei momenti più difficili, oltre la nebbia verso la luce luminosa del giorno. La vita è difficile e il Mistero, così come non ha risparmiato nessun sacrificio a suo Figlio prediletto, nello stesso modo non lo risparmia a noi, né ci esonera da un lavoro personale. Nonostante ciò, come Gesù non ha avuto nemmeno un istante nel quale non contemplare il volto del Padre, per ognuno di noi non esiste un momento in cui Dio non ponga al nostro fianco, durante il cammino, un volto, una mano amica.
Tutta la mia vita è una testimonianza di questa verità. Ci sono stati dei momenti, e molti, nei quali mi sembrava di essere già sull’orlo del precipizio, di stare per cadere nell’abisso. All’ultimo momento, quando sentivo il brivido che indicava che tutto stava per terminare, appariva sempre una mano amica che, afferrandomi a volte per il capelli, a volte dalla mano, e altre volte prendendo tutta la mia persona, mi salvava portandomi nuovamente sul cammino della vita. Per questo ho sempre amato in modo particolare la voce dei profeti che, nei momento più difficili nei quali il popolo si lamentava delle difficoltà o non voleva seguire, ricordavano i prodigi che il Signore aveva fatto per loro fin dall’origine. I profeti erano la memoria storica delle meraviglie che il Signore aveva operato. Questa memoria risvegliava nella gente il desiderio e l’energia per andare avanti. Per quelle persone era fondamentale riconoscere ogni giorno il volto dei santi per trovare riposo, cioè la forza per proseguire. Siamo circondati di volti che ci ricordano la presenza di Cristo oggi, che ci testimoniano la Sua contemporaneità che si manifesta, come per i discepoli di Emmaus, camminando al nostro fianco. Il problema è che la nostra libertà sia disponibile a riconoscerli per poter riconoscere Cristo. E quando accade questo riconoscimento tutto diventa positivo, perfino le circostanze più dolorose, come quelle che vivono ogni giorno i miei ammalati.
La Messa e la festa
Oggi è domenica e come sempre abbiamo celebrato la Santa Messa nella clinica. Molti, pur trovandosi in condizioni difficili, hanno partecipato con una posizione bellissima e commovente, nella quale è evidente la presenza di Cristo. Avevano un sorriso sulle labbra che neanche il dolore del cancro riesce a mortificare. Terminata la Santa Messa, è continuata la convivenza in compagnia dei giovani volontari che ci accompagnano ogni domenica. È stata una festa, con la musica tradizionale tanto amata dagli ammalati, balli, applausi continui e un’allegria indescrivibile nei volti di tutti. Giunta l’ora nella quale i parenti dei pazienti dovevano lasciare la clinica, ho visto il marito di una ragazza ancora giovane, ammalata grave di leucemia, piangere. Mi sono avvicinato e gli ho chiesto cosa stesse succedendo e lui: «Padre, devo lasciare da sola mia moglie, perché mi trasferisco a sud, nel mio paese a 540 chilometri da qui, per portare i nostri figli a stare dalla nonna. Separarmi dalla mia donna sapendo la gravità della malattia e in più toglierle i suoi figli mi distrugge il cuore, ma non ho alternativa». Lo ascoltavo mentre le lacrime cadevano dai miei occhi vedendo il grande dolore di questo uomo. Dall’altra parte, la consolazione di sua moglie che mi ha detto: «Padre, io qui sto bene, sono felice di stare in vostra compagnia». E i musicisti continuavano a suonare, proseguivano le danze, che esprimevano l’allegria, basata sulla certezza di essere «Io sono Tu che mi fai». Quel Tu non è una elucubrazione mentale, non è una formula, ma la vibrazione e la commozione che nasce dalla propria appartenenza al Mistero visibile nella compagnia di coloro che vivono con lo sguardo fisso verso Gesù. Tutti i giorni vivo contemplando il volto dei santi dalla mattina fino alla notte. Le numerose e-mail che ricevo, dalle quali scaturiscono molte testimonianze, mi permettono di riconoscere come in tutti i momenti siamo circondati da persone innamorate di Cristo.
«Mi ami tu?»
Voglio proporvi una lettera che mi è arrivata in questi giorni. È di una madre che, dopo aver partecipato al Meeting di Rimini, mentre stava arrivando in treno nella sua città, ha chiamato suo marito per farsi venire a prendere. Dolorosissima la sorpresa! Dall’altro lato della cornetta ha risposto un poliziotto dicendole: «Signora, suo marito è morto». Questo è un esempio di come sia possibile vivere qualsiasi situazione quando la vita è offerta a Cristo, presente nei volti di una compagnia che ci rimanda ogni giorno a quel Tu per il quale batte il nostro cuore. Quel Tu che oggi, come duemila anni fa chiese a Pietro: «Mi ami tu?» . Magari potessimo, commossi fino alle lacrime per la tenerezza di questa domanda del dolce Gesù, rispondere come i miei pazienti, come questa moglie e madre, «Sì Signore, Tu lo sai che io ti amo».
Caro padre Aldo, innanzitutto voglio dirti che sono grata a Dio per avermi donato la grazia di avermi fatto incontrare il movimento di Comunione e liberazione, ringrazio don Carrón che ci indica la strada e ringrazio anche per il tuo sì a Cristo che mi ha fatto desiderare la fedeltà alla Scuola di comunità. Esattamente una settimana fa il Signore ha chiamato a sé mio marito Roberto di cinquant’anni, lasciandomi con quattro figli, il più piccolo di solo nove anni. Inutile dire che l’improvvisa notizia mi ha sconvolto. Ero al Meeting e l’avevo sentito al telefono poche ore prima, quando mi ha detto che era uscito prima dall’ufficio per andare a un santuario vicino a casa nostra in modo da poter recitare il Rosario per due coniugi morti tragicamente la sera prima; quindi avrebbe fatto la sua camminata (come era abbastanza solito fare) sulla riva del fiume per poi venire alla stazione per prendere me e i figli di ritorno da Rimini.
Non è arrivato… Un infarto. Il Mistero che opera e fa buone tutte le cose mi ha dato la forza di dire al funerale queste parole, nonostante le lacrime, che sintetizzano la mia certezza e ciò che mi sta più a cuore: «Mai come ora, dopo aver vissuto il Meeting, ho percepito tanta certezza nella mia esistenza. E mai ho pensato, anche in questi giorni strazianti di dolore, che Gesù non mi volesse bene. I segni del Suo amore li ho davanti agli occhi: la mia famiglia d’origine, i miei figli e tutti voi qui presenti, memoria di Colui che ci ha voluto e che mi ha donato Roberto che mi ha saputo voler bene sempre per come sono e nonostante i miei limiti».
In questi giorni è un susseguirsi di segni: il sostegno di tutta la mia famiglia, l’amicizia dei miei confratelli della Fraternità e di tutta la comunità; la gente comune che, con il parroco, è rimasta colpita dal funerale e mi pone domande. La fiorista del paese che mi regala una pianta e fa dire una Messa per Roberto. È stata una settimana di vita sconvolgente, ma certa. Grazie.
Lettera firmata
Aldo Trento – Tempi
Articolo tratto da www.tempi.it
per gentile concessione della redazione (7-7-2023).
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