Come Associazione Amici di Lazzaro, sottoscriviamo e appoggiamo in pieno questa lettera aperta per un miglioramento della formazione
Alla C.A. della Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini della Professione di Ostetrica, dottoressa Maria Vicario
E, p.c.
ai Presidenti degli Ordini Locali,
dei Consiglieri nazionali e locali
e di tutti gli iscritti agli Ordini della Professione di Ostetrica
Gentile Presidente Vicario,
Scrivo Loro, in qualità di Ostetrica e madre di sette figli, alla luce di alcune considerazioni che io debbo poter rivolgere a ogni Collega, per adempiere al nostro Codice Deontologico: standomi realmente a cuore la Professione, ho bisogno di confrontarmi con Loro circa presupposti e conseguenze del documento che l’Ordine ha diffuso sulla figura della “Ostetrica di Famiglia e di Comunità”.
Come messo in luce dal documento “Sentinelle della salute bio-psico-sociale dell’universo donna e famiglia”, vi sono tre grandi emergenze socio-sanitarie del nostro Paese.
La prima è certamente la denatalità: per primo l’Ordine ne denuncia lo stato d’emergenza (http://www.quotidianosanita.it/m/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=93910&fr=n).
La seconda è certamente la medicalizzazione e la relativa ospedalizzazione della salute della donna anche in caso di fisiologia della gravidanza: vediamo quanto la percentuale di tagli cesarei nel nostro Paese sia ancora altissima e quanto, al contrario, la percentuale di bambini allattati esclusivamente al seno, sia ancora molto bassa (entrambi sintomi del medesimo malessere sanitario e culturale).
La terza è la sofferenza psichica delle donne, che si manifesta con un livello alto di disempowerment che andrò a spiegare per primo, ma che si ricollega inevitabilmente con la drastica denatalità.
Le donne non si conoscono. Non possiedono un grammo di consapevolezza sul funzionamento del loro corpo, soprattutto a causa del fatto che la scuola è delegata della formazione dal punto di vista della salute sessuale, e i genitori sembrano non essere assolutamente desiderosi di compiere il loro lavoro di educatori dei figli fino in fondo.
Questi dati ce li forniscono due documenti: il primo è “Principali risultati del Progetto ͞Studio Nazionale Fertilità” (http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2823_allegato.pdf), il secondo è “Indagine sulle conoscenze anatomiche, funzionali e riproduttive degli organi genitali femminili tra studentesse delle scuole superiori del Comune di Parma” (https://www.epicentro.iss.it/ben/2019/luglio-agosto/conoscenza-genitali-femminili-studentesse-parma).
Io sono certa, Presidente, che Lei e io sappiamo bene quale sia la situazione: la percentuale di IVG tra le giovanissime non è un bilancio positivo, ma un grave sintomo del fatto che le giovani donne non sono aiutate a maturare come persone responsabili, in grado di compiere un lavoro di empowerment su loro stesse. Questo perché né da parte della famiglia, né da parte degli operatori sanitari, vi è un desiderio di motivare la giovane generazione a un percorso di responsabilità: alle ragazze viene detto che sono libere di scegliere, ma la libertà – lo sappiamo – non è mai scevra dal proprio impegno, dai propri doveri, dall’assunzione di responsabilità rispetto alle proprie scelte, oltre che dall’acquisizione dei propri diritti.
Se valutiamo le percentuali di IVG vediamo che: «Tra le minorenni, il tasso di abortività per il 2018 è risultato essere pari a 2.4 per 1000, valore inferiore a quello del 2017, confermando un trend in diminuzione a partire dal 2004 (4,8 nel 2005, 4,4 nel 2012, 2,7 nel 2017), con livelli più̀ elevati nell’Italia centrale. I 2.001 interventi effettuati da minorenni sono pari al 2,6% di tutte le IVG (erano il 2,8% nel 2017). Come negli anni precedenti, si conferma il minore ricorso all’aborto tra le giovani in Italia rispetto a quanto registrato negli altri Paesi dell’Europa Occidentale (Relazione sulla 194)».
Questo, Presidente, non è un dato minimamente positivo in quanto non è vero che – come riporta la Relazione sulla 194 – «L’aumento dell’uso della contraccezione d’emergenza, Levonorgestrel (Norlevo) – pillola del giorno dopo e Ulipistral acetato (EllaOne) – pillola dei 5 giorni dopo, ha inciso positivamente sulla riduzione delle IVG (Relazione 194)», poiché «Nel 2018 sono state vendute 573.100 confezioni di EllaOne contro le 363.600 del 2012: in sei anni più 58%. Visti i dati di mercato alle giovani ragazze sembra sfuggire il fatto che EllaOne è un farmaco destinato esclusivamente a un uso estremo, e che non protegge da infezione trasmissibili sessualmente e soprattutto non può sostituire l’uso corretto di un metodo anticoncezionale come invece rischia di essere. Infatti negli ultimi 6 anni la vendita dei profilattici nelle farmacie è diminuita del 26%. Resta il fatto che dagli ultimi dati del ministero della Salute: su 13.973 universitari il 22% dichiara di aver avuto rapporti occasionali non protetti» (Milena Gabanelli – https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/pillola-giorno-dopo-boom-vendite-ecco-come-funziona-quali-rischi-comporta/f718fafa-4753-11ea-bec1-6ac729c309c6-va.shtml).
Le opinioni illustri di chi si occupa di post-aborto, sono drammatiche: la dottoressa Cristina Cacace (autrice, assieme al professor Tonino Cantelmi e alla dottoressa Elisabetta Pittino, del testo “Maternità interrotte – Le conseguenze psichiche dell’interruzione volontaria di gravidanza” la cui sinossi è disponibile qui: http://www.scoutperlavita.it/sites/default/files/files/Articolo%20post-aborto%20Cantelmi%20Cacace.pdf) afferma infatti, sulla recente prescrizione dell’AIFA sulla distribuzione della EllaOne, che: «(tali) disposizioni non aiutano certo un’adolescente a comprendere la gravità del gesto che andrà a compiere, né l’importanza di avere comportamenti responsabili – esordisce la dottoressa -. Questo tipo di liberalizzazione finisce per appiattire, normalizzare, banalizzare tutto. Oggi le ragazzine iniziano giovanissime ad avere rapporti sessuali, lo ritengono normale, e le gravidanze adolescenziali aumentano perché nonostante sia tutto accessibile a livello informativo, non si accostano alla sessualità in modo responsabile, con la maturità emotiva necessaria a comprenderne le implicazioni e non si proteggono, sono sprovvedute. Decisioni come questa dell’AIFA mi preoccupano molto perché finiscono per far passare un messaggio fuorviante che non fa percepire la realtà e il valore della posta in gioco […] sappiamo che non impareranno ad avere comportamenti responsabili, a proteggersi e ad avere rispetto di sé. Diventerà “normale” come prendere una pillola per il mal di testa, perché avremo generazioni di giovani donne che si confronteranno con questa possibilità senza fermarsi a pensare, sentire, comprenderne realmente il significato».
La dottoressa Cacace, dichiara inoltre che: «Il rischio è che dopo averla assunta una prima volta, dal momento che vengono sollevate dal disagio di doversi attivare per capire come fare per ottenerla, di dover chiedere al medico la prescrizione, queste ragazzine inconsapevoli tendano a farlo ogni volta che ne ravvisano la necessità, dissociandosi totalmente da quello che fanno, senza percepirne la gravità. Temo insomma si vadano ad alimentare forme di incapacità a rimanere in contatto con la realtà e con il proprio mondo emotivo in virtù di una “normalizzazione”, che in fondo rappresenta il fallimento di tutte le agenzie educative. Comportamenti come questo possono indurre uno scollamento molto marcato tra il proprio mondo emotivo e ciò che si fa. Nel tempo può portare ad attacchi di panico, forme depressive che se non sono pesanti sul piano emotivo come un disturbo da stress post-traumatico, portano però ad un appiattimento totale di tutto il mondo interno (l’aborto volontario aumenta il rischio di ansia, depressione, ideazione suicidaria nelle donne tra i 15 e i 25 anni: Aborto nelle giovani donne e conseguente salute mentale, https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/16405636/, ndr). Allontanare certi eventi dalla coscienza, rimuoverne emozioni e stati d’animo accumulandoli nel tempo produce una sorta di “anestetizzazione” generale» (https://www.agensir.it/italia/2020/10/24/pillola-dei-5-giorni-dopo-cacace-psicoterapeuta-specchio-di-una-societa-che-ha-rinunciato-a-educare/).
La EllaOne viene distribuita perché l’adulto non desidera educare, sia questi il genitore o l’operatore responsabile di enti a cui soprattutto le giovanissime donne si rivolgono.
Spesso l’adulto è disinteressato a implementare una vera “educazione” sessuale: di fatto, del principio educativo in sé, quello che deve stimolare la riflessione, la maturazione, la presa di coscienza e la responsabilità su di sé e sull’altro tramite un percorso autorevole e pedagogico, non desidera occuparsi.
Questo lo affermo con certezza, perché se fossero implementati dei corsi di un altro tipo, le percentuali di vendita di EllaOne e quelle di IVG sarebbero drasticamente inferiori sia nelle giovani, sia in donne meno giovani: vorrei portare alla Sua attenzione, alcuni studi interessanti:
1. Prevenzione della gravidanza nelle adolescenti: un intervento controllato randomizzato centrato sull’astinenza in una scuola superiore pubblica cilena (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/15661598/)
2. Risultati a lungo termine di un programma di prevenzione della gravidanza in piccoli gruppi, basato sull’astinenza nelle scuole di New York City (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/11030261/)
3. Effetti di TeenSTAR, un programma di educazione sessuale esclusivamente per l’astinenza, sul comportamento sessuale degli adolescenti (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/16341368/)
4. Gravidanza adolescenziale negli Stati Uniti: gli studi indicano nuovi approcci di prevenzione (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/12281888/)
5. Women to women: facilitare il processo decisionale sulla contraccezione (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/12282283/)
Per effettuare un riassunto il più possibile conciso, mi limito a far notare che tutti gli studi, soprattutto quelli organizzati con l’aiuto dell’organizzazione Teen Star (che esercita da decenni anche in Italia https://www.teenstar.it/index.asp ), mostrano alcune informazioni simili:
• I giovani vanno educati partendo col presupposto che sono persone intelligenti in grado di governare i loro istinti sessuali;
• La competenza a livello sessuale non può essere solo igienica (quindi non può basarsi sull’uso del mero preservativo) o solo farmacologica [quindi non può basarsi solo sul suggerimento di prevenire la gravidanza assumendo anticoncezionali oppure sul fatto di suggerire di rivolgersi alla somministrazione di pillole controgestative (pillola del giorno dopo e dei cinque giorni dopo) o ad IVG].
• La famiglia deve essere coinvolta, edotta, sostenuta e aiutata a stabilire una relazione efficace tra genitori e figli: i genitori non si devono sentire in diritto di delegare il processo educativo ad altri, ma devono essere istruiti sul sentirsi parti fondamentali della formazione del figlio come cittadino responsabile e libero della società.
• Rimandare o sospendere volontariamente l’attività sessuale “inconsapevole” e gestita in modo irresponsabile, previene la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili e infezioni (attualmente siamo in una situazione drammatica e questo ha conseguenza enormi sulla fertilità http://www.salute.gov.it/portale/fertility/dettaglioContenutiFertility.jsp?lingua=italiano&id=4557&area=fertilita&menu=malattie ).
Un’altra fonte molto interessante dal punto di vista scientifico è data dalla lettura dei seguenti articoli:
1. Perché abbiamo bisogno dell’educazione alla fertilità nelle scuole (https://naturalwomanhood.org/why-we-need-fertility-education-in-schools-030319/) .
2. 3 miti sull’insegnamento agli adolescenti della consapevolezza della fertilità (https://naturalwomanhood.org/3-myths-about-teaching-teens-about-fertility-awareness-2019/).
3. Quello che queste ragazze adolescenti non sapevano sui loro cicli (https://naturalwomanhood.org/what-these-teenage-girls-didnt-know-about-their-cycles/).
4. Insegnare agli adolescenti la consapevolezza della fertilità (https://naturalwomanhood.org/topic/fertility-awareness-methods/teaching-teens/).
Mi permetto, anche qui, di sottolineare quanto una formazione completa dal punto di vista della salute riproduttiva, può essere un punto di forza, non solo per la prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili e gravidanze in giovanissima età, ma sia una prevenzione cospicua di tutto quello che riguarda la fertilità e quindi la visione della gravidanza non come un aspetto patologico della vita della donna, ma di una parte fisiologica dell’intero ciclo vitale della vita femminile.
Perché scrivo “salute riproduttiva completa”? Perché attualmente l’unico monito dei principi di salute sessuale della donna riguardano la riduzione delle gravidanze ossia il diritto all’evitare di portare avanti una gravidanza indesiderata. Al netto del fatto che siamo però in un momento storico la cui natalità è assolutamente azzerata, mi domando se tali istruzioni che slegano la fisiologia della donna dalla sua competenza, rispetto alla bellezza della maternità responsabile, non sia un grave monito verso le donne per evitare che si dedichino alla famiglia. D’altronde noi ostetriche dovremo saperlo bene: nel momento in cui le nascite caleranno bruscamente, chiuderanno altri reparti di Ostetricia e altre Sale Parto, per cui la situazione ci riguarda direttamente.
Le donne che vivono una gravidanza spesso debbono lasciare il lavoro, talvolta vengono retrocesse e l’unica promessa elettorale che viene loro rivolta è quella di munire le famiglie di asili nido: quasi come se le donne non dovessero neppure accorgersi dell’essere diventate madri. Dov’è finita la gioia nel vivere una gravidanza? Dov’è finita la fisiologia della vita della gravidanza? Dov’è la difesa del diritto alla maternità per il quale le suffragette di fine ottocento hanno tanto combattuto?
Mi pare fin troppo automatico denunciare, Presidente, che le giovani donne, aiutate a vivere con estrema emancipazione la loro realizzazione, siano state private del sostegno verso una consapevolezza sana e reale dell’importanza del divenire madri. Certo: non tutte le donne hanno un desiderio di maternità e questa è un’inclinazione che va rispettata, ma se tante donne rimandano a ben oltre i trent’anni la loro maternità, la loro vita familiare stabile, mi pare evidente che sia deleterio per tutta la società.
Come sappiamo questo dato? A parte conoscere benissimo il fatto che l’età media nella quale la donna diventa madre è oramai quasi a 33 anni (a 36 comincia la migrazione, spesso dolorosa dal punto di vista psicologico, verso la Procreazione Extracorporea), sappiamo bene che le donne che richiedono un’IVG siano quelle in età fertile («i tassi di abortività più elevati restano fra le donne di età̀ compresa tra i 25 e i 34 anni. Per quanto riguarda la distribuzione percentuale, nel 2018 il 47,5% delle donne italiane che hanno abortito era in possesso di licenza media superiore» Relazione 194), nubili (61,3%) e senza figli (45,3%): questo è sintomo del fatto che le donne non siano assolutamente sostenute nella loro consapevolezza della fertilità.
Come sappiamo che se fossero più consapevoli rispetto alla loro fertilità, starebbero sicuramente meglio e non si sottoporrebbero a IVG? Lo sappiamo perché uno studio molto interessante sull’infertilità, denuncia chiaramente che le donne non si conoscono: nello studio “”Metodi basati sulla consapevolezza della fertilità” e subfertilità: una revisione sistematica” (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC4216977/) è sottolineato il fatto che: «I FABM (fertility awereness based method, ossia ‘Metodi naturali di conoscenza della fertilità’, ndr) utilizzano segni e sintomi fisici che cambiano insieme alle fluttuazioni ormonali durante le diverse fasi del ciclo mestruale di una donna per prevedere e monitorare i giorni fertili e infertili (Pallone e Bergus, 2009). Questa conoscenza, denominata “consapevolezza della fertilità”, può essere utilizzata per pianificare o evitare una gravidanza. Le variabili chiave su cui fanno affidamento i FABM sono l’identificazione affidabile della finestra fertile (FW) e la modifica del comportamento sessuale (Frank-Herrmann et al., 2007). Sono note diverse modifiche dei FABM, metodi basati sul muco cervicale, metodi di temperatura, combinazioni di entrambe le variabili e metodi di calcolo. Il metodo più ampiamente studiato è Sensiplan®, il metodo sintotermico di pianificazione familiare naturale (NFP), muco, temperatura e regole di calcolo (Frank-Herrmann et al., 2007). […] C’è un bisogno impellente di educare le donne sulla loro consapevolezza della fertilità. I fornitori di cure primarie devono integrare l’alfabetizzazione sanitaria sulla fertilità nella promozione della salute delle donne in età riproduttiva. La linea guida attualmente raccomandata da molti medici è che le donne che desiderano una gravidanza dovrebbero avere rapporti frequenti casuali, in modo ottimale a giorni alterni. Con l’applicazione di questa linea guida, alcuni rapporti sessuali si verificheranno nel FW». Rendere le donne libere nella loro espressione sessuale, che è strettamente connessa con la sfera razionale e quella emotiva (come prescrivono i dettami della Salutogenesi), significa far comprendere loro che sono responsabili di loro stesse senza dipendere né dalla medicalizzazione e dalla farmacologia, né dalla eventuale deresponsabilità maschile. Educare il maschio alla fisiologia del ciclo femminile, invece, non solo è un percorso che implementa la maturazione verso il rispetto del corpo della donna, ma rende il rapporto sessuale e affettivo realmente paritario rispetto alle opportunità («I contraccettivi hanno anche reso molto meno necessario per gli uomini impegnarsi in relazioni a lungo termine e più difficile per le donne trovare un partner adatto per tutta la vita. Ora è più probabile che uomini e donne abbiano più partner sessuali prima e durante il matrimonio, rendendo la loro relazione più fragile e aumentando i tassi di divorzio» https://naturalwomanhood.org/five-unexpected-reasons-fertility-awareness-urgently-needed-part-4/ ).
Che cosa sto cercando di dire, Presidente? È molto semplice: la donna gravida che giunge all’attenzione dell’ostetrica e che sta vivendo una gravidanza fisiologica, come può viverla serenamente con l’accompagnamento ostetrico, senza delegare la Medicina della sua salute, se non è abituata sin da giovane?
Se la donna in età fertile è quella che più di tutte interrompe volontariamente la gravidanza (e abbiamo visto che non manca di istruzione da scuola superiore), mi pare evidente che alla gran parte delle donne non solo manchi una formazione sulla bellezza della sua fertilità, ma manchi il sostegno della figura professionale che più di tutte potrebbe aiutare la donna nella sua lotta verso i “diritti riproduttivi completi” tra i quali vi è quello di non abortire, di diventare madre, di poter realizzare la famiglia ma anche la propria attività lavorativa!
Se la medicalizzazione eccessiva (lo vediamo dalla percentuale di tagli cesarei, che potrebbe abbassarsi visibilmente se le donne venissero edotte sulla loro fisiologia sin da giovani e non lo fossero tramite mentalità contraccettiva, che è collegata direttamente alla delega verso la medicalizzazione) ha privato la donna di empowerment, è necessario che le ostetriche abbiano una formazione completa da poter fornire alle donne, anche sulla fisiologia della riproduzione. Formazione che probabilmente manca (i metodi di conoscenza della fertilità, che sono estremamente efficaci sia dal punto di vista conoscitivo – ne abbiamo vista la valenza preconcezionale in caso di infertilità – sia dal punto di vista anticoncezionale, non sono conosciuti in modo ampio) visto il numero di donne che ricorre a un’altra branca della medicina che è stata sottratta alle ostetriche, oltre quella della nascita: quella della fertilità.
Mi permetta, Presidente, di tornare ai giovani: le nostre generazioni future soffrono. «Un adolescente su 6 nella fascia di età 10-19 anni soffre di disturbi mentali. Inoltre, il 50% dei problemi inizia prima dei 14 anni, ma la maggior parte dei casi non viene rilevata e non viene trattata. E ancora: il suicidio è terza causa di morte tra i giovani tra i 15 e i 19 anni. L’uso dannoso di alcool e droghe tra gli adolescenti è un problema importante in molti paesi e può portare a comportamenti rischiosi come il sesso non sicuro o una guida pericolosa. “La promozione e la protezione della salute mentale degli adolescenti– ricorda l’Oms – apporta benefici sia a breve che a lungo termine anche alle economie e alla società, con giovani adulti in buona salute in grado di dare un maggiore contributo alla forza lavoro, famiglie e comunità e la società nel suo insieme. Si può fare molto per aiutare a sviluppare la capacità di recupero della salute mentale fin dalla tenera età per aiutare a prevenire il disagio mentale e le malattie tra adolescenti e giovani adulti» (http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=66415).
Se un giovane soffre le cause sono diverse: sappiamo che, attualmente, i nostri adolescenti non possiedono un retaggio familiare capace di proseguire l’educazione dopo l’infanzia. Purtroppo la situazione della condizione degli adulti, è quella denunciata da tanti esperti come Massimo Ammaniti «“Si vive in un qui e ora dove il futuro è nebuloso, e dove il passato è quello lontano da cui ci si vuole staccare. I giovani così ristagnano in una passiva rassegnazione, nella quale le cose importante sono i social network, i telefonini e il consumismo. Sintetizzando: un tempo l’adolescenza finiva con i 20 anni, ora è pressoché eterna”. Lo psicanalista attribuisce la responsabilità di questo fenomeno “Alla fluidità della famiglia, alle difficoltà a trovare lavoro, ma anche dalla diffusione della cultura del narcisismo”. A farne le spese, è la “stabilità intergenerazionale del passato” chiarisce Ammaniti. Il mondo è più complesso, le persone sono molto più insicure, tutto è più fluido e instabile. Le famiglie non sono chiaramente più quelle del passato» (https://www.oggiscuola.com/web/2019/12/08/ammaniti-i-genitori-di-oggi-sono-adultescenti/), Tonino Cantelmi «L’ “adultescenza”, il crollo delle capacità genitoriali di accudimento, di protezione e di assunzione di responsabilità degli adulti nei confronti dei propri figli minori, dovuta al protrarsi , oltre l’età anagrafica, dell’adolescenza» (https://dissidenzaquotidiana.it/la-societa-degli-adultescenti-che-non-sa-prendersi-cura-dei-suoi-bambini/), «Il collasso della generazione dei trenta-quarantenni e dei cinquantenni di oggi è sotto gli occhi di tutti: “adultescenti” incapaci di prendersi cura di se stessi, in perenne crisi, privi di identità, professionalmente incerti e sentimentalmente instabili. Resto della mia idea: per prendersi cura dei ragazzi di oggi occorre ripartire dagli adulti. Sono gli adulti che hanno bisogno di essere educati, di crescere e di riconquistare un po’ di credibilità e di significato. La fragilità degli adolescenti e dei ragazzini (secondo una recente indagine sono 250mila i minorenni che a scuola presentano un disagio diagnosticato e che hanno bisogno di attenzioni specifiche, praticamente un esercito!) è lo specchio tragico della fragilità degli adulti» (http://www.toninocantelmi.it/index.php/rassegna-stampa/desiree-e-gli-adultescenti-incapaci-di-cura) e Paolo Crepet «colpa di chi ha detto loro che le responsabilità sono un problema, mentre invece sono il metro con cui si misura la propria crescita. Sono le responsabilità e la capacità di prendere in mano la propria vita che definiscono l’essere adulto e lo differenziano da un bambino. Questa è un’età che dovrebbe portare consapevolezza, sicurezza e determinazione. Sono gli anni dell’assoluta piena maturità, sia sul fronte professionale sia familiare, inclusa la decisione di mettere al mondo i figli. L’idea di trovarsi una generazione di eterni adolescenti a quarant’anni fa veramente gelare il sangue». (https://d.repubblica.it/life/2018/10/04/news/40_anni_donne_difficolta_essere_adulti_intervista_paolo_crepet_psichiatra_sociologo_libro_passione-4137629/).
Quando invece i genitori sono edotti dal punto di vista della consapevolezza e sono rafforzati da un percorso di empowerment, magari coinvolti da un’Ostetrica “di famiglia e comunità”, i ragazzi e le ragazze (soprattutto), sono molto più consapevoli della loro fisiologia.
Uno studio molto interessante – Uso della pianificazione familiare naturale (NFP) e dei suoi effetti sulle relazioni di coppia e sulla soddisfazione sessuale: un’indagine multi-paese tra gli utenti della PFN negli Stati Uniti e in Europa -, infatti, dimostra che «Il 95% delle donne e il 55% degli uomini hanno dichiarato che l’uso di NFP li ha aiutati a conoscere meglio il loro corpo. La maggioranza di uomini (74%) e donne (64%) ritenevano che NFP aiutasse a migliorare la loro relazione. La maggior parte delle donne (il 53%) e gli uomini (63%) ritenevano che l’uso della NFP migliori la loro vita sessuale. Il 75% delle donne e il 73% degli uomini hanno dichiarato di essere “soddisfatti” o “molto soddisfatti” della loro frequenza di rapporti sessuali.» (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28349048/). Anche sull’educazione all’affettività, la ricerca sopracitata ha dimostrato anche che «Tra coloro che hanno bambini, l’85% delle donne e l’82% degli uomini hanno indicato che le conoscenze acquisite usando NFP li hanno aiutati a spiegare la sessualità ai loro figli” e questo dimostra semplicemente che la spiegazione della sessualità in modo fisiologico, non può che essere un arricchimento, oltre che nella relazione di coppia, anche nel rapporto tra genitori educanti e figli, motivo in più che spinge chi studia un approccio affettivo all’educazione sessuale, a procedere con l’applicazione di un metodo di formazione che miri alla consapevolezza riproduttiva piuttosto che all’imposizione di metodi anticoncezionali artificiali che, come abbiamo visto, non aiutano assolutamente né la prevenzione di gravidanze indesiderate, né la riduzione del contagio di IST, né la riduzione di violenza sessuale.» (https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/28349048/).
L’ “Ostetrica di famiglia e di comunità” è un progetto fondamentale che potrebbe essere la svolta: migliorare la consapevolezza della donna, della madre, sin da giovane, renderebbe soddisfacente anche la relazione educativa tra la madre e il figlio, implementando un’affettività che sia completa anche dal punto di vista sessuale.
Il fatto che i genitori affettivamente presenti migliorino anche la maturazione sessuale equilibrata dei figli, è stato dimostrato oramai da anni. Gli studi sull’influenza che un attaccamento sicuro può rendere sereni dal punto di vista sessuale sono stati ampiamente dimostrati: «Il nostro funzionamento sessuale è probabilmente influenzato da visioni di sé e degli altri che si sono sviluppate dalle prime esperienze di attaccamento con i caregiver primari. Le interazioni con figure di attaccamento che rispondono ai propri bisogni infondono un senso di sicurezza dell’attaccamento. Questo senso di sicurezza sentita dà fiducia che si è amabili e che gli altri sono di supporto nei momenti di bisogno» (https://www.psychologytoday.com/us/blog/intimately-connected/202008/attachment-insecurity-and-the-toll-it-takes-your-sex-life?fbclid=IwAR2Bbv6YXNz8tde8oyfSh_PL64QZFgFJ1ayYJvhSiwqC4IYurCHygi4GglM).
Tutto questo ci porta a una conclusione: i bambini privati di cure amorevoli, costanti e sicure, non crescono adolescenti indipendenti e sicuri di sé, quindi non diverranno adulti capaci di trasmettere cura e rispetto verso il prossimo.
Questo è fondamentale, Presidente, per comprendere quali e quanti rischi possono correre i giovanissimi, solo perché non vengono educati all’amore, al rispetto verso loro stessi (primo passo verso la prevenzione di un altro agghiacciante fenomeno noto come ‘Bullismo’ con la sua variante virtuale, ‘Cyberbullismo’). Un’Ostetrica che sostenga la donna verso la sua consapevolezza, preserva la sua salute, preserva quella del partner, preserva quella delle generazioni successive: l’ “Ostetrica di famiglia e di comunità” potrebbe aiutare le donne a sentirsi più consapevoli e certamente non sole di fronte a una gravidanza non desiderata, perché – lo sappiamo bene – una donna vale molto di più di un aborto effettuato magari perché abbandonata dalla famiglia o dal compagno, oppure invischiata in contratti di lavoro maschio-centrici o solo meramente considerata incapace di prendersi cura di un figlio perché ipoteticamente considerata troppo giovane.
La prego, Presidente, di riflettere sul mio lungo scritto, perché la nostra Professione si riconquisti il posto che le spetta nel rispetto della femminilità verso la quale noi abbiamo sentito la vocazione, la missione professionale.
Con ossequi,
Rachele Sagramoso
(ostetrica, blogger e formatrice NDR)