Pubblichiamo la grande testimonianza di Asia Bibi, cattolica condannata a morte in Pakistan per false accuse di blasfemia, che ha atteso anni in prigione il processo di appello (è stata poi scarcerata e vive in Canada).
Mi chiamo Asia Noreen Bibi. Scrivo agli uomini e alle donne di buona volontà dalla mia cella senza finestre, nel modulo di isolamento della prigione di Sheikhupura, in Pakistan, e non so se leggerete mai questa lettera. Sono rinchiusa qui dal giugno del 2009. Sono stata condannata a morte mediante impiccagione per blasfemia contro il profeta Maometto. Voglio soltanto tornare da[i miei figli], vedere il loro sorriso e riportare la serenità – prosegue Asia nella lettera – Stanno soffrendo a causa mia, perché sanno che sono in prigione senza giustizia. E temono per la mia vita. Un giudice, l’onorevole Naveed Iqbal, un giorno è entrato nella mia cella e, dopo avermi condannata a una morte orribile, mi ha offerto la revoca della sentenza se mi fossi convertita all’islam. Io l’ho ringraziato di cuore per la sua proposta, ma gli ho risposto con tutta onestà che preferisco morire da cristiana che uscire dal carcere da musulmana. “Sono stata condannata perché cristiana – gli ho detto –. Credo in Dio e nel suo grande amore. Se lei mi ha condannata a morte perché amo Dio, sarò orgogliosa di sacrificare la mia vita per Lui. Quante altre persone debbano morire a causa della giustizia. Prego in ogni momento perché Dio misericordioso illumini il giudizio delle nostre autorità e le leggi ristabiliscano l’antica armonia che ha sempre regnato fra persone di differenti religioni nel mio grande Paese. Gesù, nostro Signore e Salvatore, ci ama come esseri liberi e credo che la libertà di coscienza sia uno dei tesori più preziosi che il nostro Creatore ci ha dato, un tesoro che dobbiamo proteggere.
Penso alla mia famiglia, lo faccio in ogni momento. Vivo con il ricordo di mio marito e dei miei figli e chiedo a Dio misericordioso che mi permetta di tornare da loro. Amico o amica a cui scrivo, non so se questa lettera ti giungerà mai. Ma se accadrà, ricordati che ci sono persone nel mondo che sono perseguitate a causa della loro fede e – se puoi – prega il Signore per noi e scrivi al presidente del Pakistan per chiedergli che mi faccia ritornare dai miei familiari. Se leggi questa lettera, è perché Dio lo avrà reso possibile. Lui, che è buono e giusto, ti colmi con la sua Grazia.
ASIA BIBI
Asia Bibi, una madre cattolica pakistana con cinque figli, è stata ingiustamente condannata per blasfemia a causa di un atto apparentemente innocuo: il semplice gesto di bere un bicchiere d’acqua da un pozzo di un musulmano. Questa azione neutra è stata distorta, accusandola di “infettare” la fonte e conducendo così alla sua condanna.
Vittima delle severe leggi sulla blasfemia introdotte in Pakistan nel 1976, Asia Bibi è stata condannata in base a norme che prevedono pene gravi, tra cui l’ergastolo e la condanna a morte, per chi insulta l’Islam, Allah o il profeta Maometto. Questa legge, spesso strumentalizzata per perseguire vendette personali o ottenere vantaggi economici attraverso la condanna di avversari, è stata evidenziata nel caso di Rimsha Masih, e ha causato la morte di Salman Taseer, governatore islamico del Punjab, e Shahbaz Bhatti, ministro cattolico per le Minoranze, entrambi assassini per essersi opposti a questa legge a difesa di Asia Bibi.
Nonostante gli abusi e le pressioni subite durante la prigionia, Asia Bibi è rimasta fedele alla sua fede cristiana, rifiutando di accettare l’accusa di infedeltà e resistendo all’imposizione di convertirsi all’Islam. La sua situazione si è ulteriormente complicata quando è stata accusata di insultare il profeta Maometto, un’accusa grave che ha aggravato la sua condanna.
Dopo un lungo periodo di detenzione ingiusta dal 2009, Asia Bibi è stata finalmente assolta nel 2018. Nel 2019 è riuscita a iniziare una nuova vita in Canada, dove ha trovato rifugio. La sua storia rappresenta un triste esempio delle sfide affrontate dalle minoranze religiose in molte parti del mondo, sottolineando l’importanza della difesa dei diritti umani e della libertà di religione.