Grazie al cancro mi sono accorta dell’amore di Dio

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Image by Gerd Altmann from Pixabay

Silvia è argentina ma da 25 anni vive in Paraguay. Qui, insieme alla sua famiglia, è stata a capo di una prospera società finché, a causa della crisi economica, si è trovata sull’orlo del fallimento che le ha causato una profonda depressione. A peggiorare la situazione, sei anni fa le è stato diagnosticato un tumore, che dopo alcuni anni di cure sembrava essere sparito. Alcuni mesi fa ne sono riapparsi i sintomi. In questa intervista, Silvia spiega come, attraverso la malattia, Dio le ha mostrato il cammino verso cui voleva condurla.

Quando sei arrivata nella parrocchia di San Raffaele?

Otto anni fa, nel 2003. Prima di venire qui lavoravo nell’azienda di mio marito. Avevamo una fiorente fabbrica di pavimenti e infissi in legno. Eravamo cresciuti molto come azienda, ma allo stesso tempo ci siamo indebitati, soprattutto nel 2001 quando l’Argentina ha sofferto di una crisi economica molto forte. Siccome noi esportavamo molto, gli affari cominciavano ad andare male, e in poco tempo ci hanno chiuso il conto bancario e abbiamo perso tutto: auto, casa, camion. Era come se tutto fosse crollato. Ma, sinceramente, ciò di cui mi sono preoccupata di meno è stato dei beni persi. Mi venne una forte depressione per la quantità di debiti che avevamo e dicevo che non ci sarebbe bastata tutta la vita per pagarli. Inoltre, l’avere a che fare con gli avvocati era una cosa che mi pesava molto.

Come sei riuscita a superare questo momento?

Aggrappandomi a Dio, attraverso la compagnia di tutta questa grande famiglia con cui ho lavorato per le opere di Dio e per la Sua gloria. Non sarei mai uscita da questa situazione senza questo aiuto. Ho la certezza che Cristo è in ogni volto che mi si presenta davanti e che con parole d’amore e di incoraggiamento mi dà la forza per proseguire e la gioia per affrontare le difficoltà, che si rendono sempre più leggere. Ho potuto vivere e capire che Dio realmente non ti dà più di quanto tu possa sopportare e sono convinta che ci illumina per farci percepire il cammino che ci sta mostrando.

Il tuo vincolo con l’opera della parrocchia è iniziato in quel momento?

Sì. Ero una volontaria, poi padre Aldo mi ha chiamata e mi ha proposto di venire a lavorare a tempo pieno nella parrocchia. Mi ha colta alla sprovvista ma ho risposto di sì, poi da quel momento è cominciata una “lotta” quotidiana con mio marito perché non rimanevo mai a casa. Così un giorno ho deciso di smettere di lavorare e di rinunciare alla parrocchia. In quegli stessi giorni stavo facendo alcuni controlli medici di routine. Era l’ottobre del 2005 e mi hanno diagnosticato un tumore al seno e il rendermene conto mi ha distrutta. A dicembre dello stesso anno mi hanno operata. È stato un ulteriore colpo che però mi ha fatto rendere conto di aver bisogno più che mai della parrocchia di San Raffaele, di aver bisogno di aggrapparmi a questo luogo e a coloro che mi stavano aiutando, perché realmente qui ho percepito un amore impressionante.

Come è stata la tua vita a partire da quel momento?

Ho capito subito che la malattia era una sorta di avviso: dovevo continuare a lavorare in parrocchia. Così mi sono fatta operare. A dicembre scorso, dopo cinque anni di trattamenti, gli esami medici mostravano che tutto andava bene. Sembrava che l’incubo fosse finito. Invece a gennaio ho cominciato ad avvertire dei dolori alla vita. Poi, durante un viaggio in Terra Santa, ho avuto un piccolo incidente e mi sono fratturata un braccio. Avevo un dolore terribile e mi hanno prescritto un’ecografia e una radiografia. Quando sono andata a ritirare il risultato in una parte ho trovato la scritta: segno di malignità.

Erano i segni della malattia che si stavano riaffacciando?

Esatto. La notizia è stata una mazzata, ma ho ricevuto un grande aiuto dai parroci, dalla mia famiglia, i miei figli, mio marito – anche se già eravamo separati da un anno e mezzo. Quando mi sono resa conto di tutto questo, mio figlio mi ha portata a Buenos Aires per verificare quello che mi avevano detto i medici. Io speravo che fosse qualsiasi tipo di cancro tranne quello osseo. Facendo la tomografia abbiamo scoperto che il tumore era nelle ossa, nei polmoni e nel mediastino. Siamo andati in Argentina e mi hanno confermato tutto quello che mi avevano già diagnosticato. È stato tutto molto veloce e mi ha assalita un’ansia molto forte, scoppiavo a piangere in ogni momento.

Com’è riuscita a sopportare il dolore? 

Ho cominciato a rendermi conto che non importa il passato, non importa il futuro, perché viviamo sempre pensando al domani, ma il domani non arriva mai. Quel che conta è il presente. Sto vivendo ogni istante come se fosse l’ultimo, gustandolo e vivendolo con passione e gioia. Ringrazio tutto ciò che Dio mi regala, commuovendomi per le cose piccole e grandi, assaporando le cose come mai avevo fatto prima, apprezzando la natura, il sole e persino la pioggia. Ci sono cose a cui non avrei prestato attenzione e che ora invece mi commuovono. La cosa principale è stata capire e sentire la necessità del perdono. Quanto sollievo ora che sto imparando ad aprire il mio cuore al perdono e di conseguenza all’amore. Poter perdonare mi “ripulisce”, calma la mia mente e risana il mio corpo. Non dico che sia facile, ma ho preso coscienza della grazia di pormi nelle mani di Cristo perché mi aiuti a perdonare. Chiedo di poter continuare tutti i giorni con questa grazia. Ho imparato anche a chiedergli ogni istante: «Signore non permettere che mi allontani dalla tua mano, perché so che tu non mi abbandoni, ma io sono molto fragile e temo di farlo. Per questo, Signore, ti chiedo di aiutarmi a stare sempre al tuo fianco».

Questa esperienza ti ha aiutato a confidare di più in Dio?

Ho imparato a chiedere e a lasciare le cose nelle mani di Dio. Una caratteristica di molte donne è che sicuramente cerchiamo di risolvere e mitigare tutto, ma ci sono cose che solo Dio può sistemare e spesso questa cosa non ci corrisponde. Mi sono resa conto che quando ho cominciato a lasciare tutto nelle mani di Dio e quando ho accettato la mia malattia e mi sono messa nelle Sue mani, è avvenuto un cambiamento nella mia vita. Durante i fine settimana, ad esempio, sto a casa e mi sento diversa: sto iniziando a gustarmi la lettura, la musica, il dipingere con un’amica, Dio non mi ha fatto mancare nulla. Ero disperata al pensiero di come avrei potuto affrontare la malattia con la mia situazione economica, ma grazie a Dio ci sono i miei figli che mi aiutano molto. Dio ti affianca sempre qualcuno che ti può aiutare. I miei figli sono riusciti a farmi sentire come una principessa amata, sono loro il mio grande sostegno. Questo è un miracolo.

Come trascorre ora la tua vita?

A completare il miracolo è stata un’immagine di madre Teresa di Calcutta che mi hanno regalato. Ho cominciato a pregarla e a dormire con l’immaginetta sopra il petto. Da quel momento non ho più avuto nessun momento di depressione e di angoscia. Ho cominciato a vivere amandomi un po’ di più, dal momento che Dio mi ha dimostrato il suo amore.

E adesso come va la tua malattia?

Alcuni giorni fa ho fatto altri esami da cui è emerso che uno dei tumori è scomparso completamente e quello ai polmoni si è ridotto. Per me questo è veramente un miracolo, una questione di atteggiamento, di come affrontare la realtà, di porsi nelle mani di Dio e sapere che Lui non ci tradirà mai. Sinceramente sono grata per quello che mi è successo, anche se si tratta di cancro. Riconosco che mi ha fatto bene, perché si è reso manifesto il motivo per cui Dio mi ha scelto e ha mobilitato tutta la mia famiglia e la gente intorno a me. Mi sento privilegiata perché mi ha posto di fronte a questa prova e sento che ora ho una missione davanti.

Aldo Trento – Tempi

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Articolo tratto da www.tempi.it
per gentile concessione della redazione (7-7-2023).

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