Caro padre Aldo, ti scrivo perché in questi mesi di dolore e fatica ti ho sentito molto amico. È da parecchio tempo che vivo in uno stato di totale affaticamento: sento di aver perso il gusto di vivere. Non vengo da una situazione facile, non mi sono mai stati fatti sconti nella mia vita, tutt’altro. La sofferenza mi è sempre stata compagna. Ho grandissimi sbalzi di umore. Inutile dirti che questa condizione mi destabilizza notevolmente, specialmente nei rapporti.
Mi sento schiacciata inesorabilmente da un’angoscia e da una disperazione e alla fine i rapporti decadono, io li evito, li scanso proprio per non sentirmi delusa. Non mi voglio bene, mi infastidisce il mio carattere, tutto ciò che sono mi sembra estremamente “sbagliato”. Tutta la trama di rapporti con gli amici, il moroso, i genitori mi appare fallimentare.
Come posso voler bene a chi mi sta attorno se non voglio bene a me? Questo atteggiamento mi fa disprezzare tutto, la realtà proprio non mi piace. Tratto male ogni cosa che ho e che faccio. Questa mia condizione sia di instabilità mentale sia affettiva, mi porta spesso a domandarmi davvero perché vale la pena vivere. Penso di essere l’artefice della mia vita e questo mi fa morire. Nei momenti di lucidità scoppio a piangere e domando a Cristo di mostrarsi. L’unica cosa certa della mia vita è che dentro tutti i dolori e tutti i drammi, anzi grazie ad essi, ho potuto fisicamente incontrare Cristo e diventare cristiana.
Ora però, la cosa che mi spaventa di più è non saperlo riconoscere; la mia domanda è: da dove posso ripartire se Cristo sembra essersi dimenticato di me e mi sembra una presenza astratta? Desidero ardentemente poter incontrare Cristo nella mia vita, ma mi sento in balìa del nulla.
Alice
Carissimo padre Aldo, è un periodo che non sto bene, soffro di depressione maggiore bipolare da cui mi sto curando da molti anni. Da sempre sono molto sensibile verso coloro che soffrono, che sono poveri. Ne incontro diversi in questo stato. Quando sto loro vicino, senza dire cose particolari, vedo che stanno meglio, cioè tirano come un sospiro di sollievo, quasi a dire: “Finalmente qualcuno che mi parla e mi tratta come una persona normale”. Ho 52 anni e non sono sposata, ma ora ho finalmente un “moroso” che purtroppo ha dei gravi problemi fisici e questa cosa è per me fonte di sofferenza. Non so come fare, sono da sola.
Luisa
Padre Aldo non ce la faccio più… ho un desiderio forte di fare qualcosa di diverso nella mia vita, anche andar via da qui. Mi sono rimaste poche energie, mi sento chiusa in questo ambiente, in questo ufficio dove chi manifesta una diversità non è accettato ma addirittura rifiutato. Non faccio altro che piangere. Aiutami!
Veronica
Tutti i giorni il Mistero mette sul mio cammino fratelli che hanno perso il gusto della vita e mi gridano in faccia la loro disperazione. Sono grida di chi supplica il Signore di trovare finalmente un po’ di pace e allo stesso tempo manifestano di non sopportare più la vita. Nel sentire queste urla sperimento un’impotenza e un dolore molto grandi, cosciente come sono che l’unica grande cosa che posso fare per loro è quella di pregare e offrire la mia esperienza quotidiana al Signore.
Allo stesso tempo, quanto desidererei offrir loro la mia compagnia, perché non è con esperti della mente che si può far tacere questa disperazione! Don Giussani mi abbracciò e mi tenne con sé per alcuni mesi. Tuttavia, nemmeno un abbraccio sarà sufficiente per salvarsi da questa disperazione. È necessario il miracolo di riconoscere che questo cammino, sul quale il Mistero ci pone, è la modalità dolorosa per crescere e maturare nella fede.
Mi permetto di offrir loro la mia esperienza che da 24 anni vivo e che mi sospinge a stare in ogni momento con lo sguardo fisso al Mistero. Questo sguardo non è che elimina la drammaticità della vita, anzi la fa diventare più acuta, perché in compagnia di Gesù tutto diventa più sensibile. L’incontro con Cristo fa diventare tutto più intenso e doloroso. Ma più bello.
In questi ultimi mesi, dopo avere ricevuto dal Signore la grazia di una grande libertà affettiva che ha avuto effetti molto positivi nella mia situazione psichica, improvvisamente una mattina non sono riuscito ad alzarmi dal letto. La gamba non rispondeva più. Sono passato da un medico all’altro, ognuno con le sue ipotesi diverse: Sla, Parkinson, eccetera, ma non si giungeva mai a una conclusione certa. E la fatica di camminare e parlare aumentava ogni giorno. Finalmente a Milano, alcune settimane fa, mi hanno dato una risposta. Spondilopatia iperostosante dismetabolica: un invecchiamento precoce dei tendini e delle ossa, una malattia irreversibile se non accade un miracolo.
Mi consegno alla Tua volontà
Perché, Signore? Sto ancore lottando per uscire dall’esaurimento e già mi regali un’altra prova, nonostante tutte quelle di questi ultimi anni? Mi ha preso un leggero capogiro, ma mi sono commosso nello sperimentare una grande pace e una libertà di affidamento. Cosciente che mai più sarò quello di prima riguardo alla possibilità fisica di muovermi e di lavorare, mi sono arreso all’evidenza, continuando a consegnarmi ogni giorno alla Sua volontà, chiedendo continuamente la forza alla Vergine e a quanti mi vogliono bene.
Al dramma di sempre, un dramma in più. Un nuovo grido che vuole cercare consolazione. Dove? Il dolore è solo e totalmente mio. Tuttavia non sono più i “perché” a tormentarmi, ma il riconoscimento di una predilezione da parte del Signore che vuole tenermi abbracciato sulla croce, al Suo fianco. In questa situazione il Mistero mi pone in una realtà nuova. Non devo più percorrere il mondo per annunciare Cristo, bensì stare in compagnia di Gesù, imparando a offrire e circondato dai miei amici, ai quali il Signore ha dato il dono della gratuità.
La malattia fisica non può paragonarsi a quella psichica, lo affermo per esperienza personale. Se questa malattia mi rende sempre più impotente nel movimento, la malattia psichica normalmente mi toglieva il senso e il gusto dalla vita, riempiendomi la mente di orribili fantasmi che non riuscivo a dominare. Non solo, ma molte volte anch’io come queste amiche gridavo battendo la testa contro la parete della mia stanza. È molto difficile comprendere quello che significa quanto affermano queste persone, senza vivere i loro drammi.
La strada per raggiungere la pace
Ho conosciuto una giovane donna con problemi psichici. Quando si è avvicinata mi sono subito reso conto, guardando i suoi occhi e il suo modo di camminare, che aveva assunto potenti psicofarmaci. Mi manifestò il suo dolore, le sue inquietudini e alla fine della conversazione mi disse una cosa meravigliosa: «Padre, una mia amica mi ha insegnato, nei momenti più terribili, a dire: “Gesú, pensaci Tu” e davvero mi calmo subito». È una grazia questo abbandono. Io lo sperimento nella mia vita quando dico «Io sono Tu che mi fai».
Allora, care amiche che fate parte della grande compagnia che è andata formandosi intorno a me durante questi anni, chiediamo alla Vergine la grazia di riconoscere in qualunque malattia una predilezione di Gesù, che ci vuole al suo fianco per partecipare al suo sacrificio per il suo corpo che è la Chiesa. E non lasciamo mai quella mano amica che si avvicina per sostenerci. È vero che oggi anche quelli che affermano di essere cristiani o che parlano sempre della compagnia, quando si tratta di ascoltare il grido di chi soffre prendono le distanze.
Tuttavia non dimentichiamo che, come è stato per me l’abbraccio di don Giussani, per voi ci sarà sempre una persona che il Signore metterà al vostro fianco. Dio non abbandona i suoi figli, specialmente quelli che gridano a Lui giorno e notte. Prendiamo sul serio le provocazioni di don Carrón, immergiamoci nella sua esperienza, l’unica via per raggiungere nel tempo la pace. Non la tranquillità, ma la pace. Animo!!!
Aldo Trento – Tempi
Articolo tratto da www.tempi.it
per gentile concessione della redazione (7-7-2023).
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