Mi chiamo Maria Letizia, ho 22 anni, sono di Genova. Due anni e mezzo fa ho conosciuto Antonio de Padua, un ragazzo spagnolo che era qui in Erasmus. Sia io che Antonio siamo nati in due famiglie cattoliche praticanti, che fanno parte del Cammino Neocatecumenale, un carisma della Chiesa postconciliare. Fin da bambini i nostri genitori si sono preoccupati di passarci la fede, tuttavia Antonio da quattro anni a questa parte non voleva più saperne della Chiesa e aveva iniziato a vivere in maniera atea e molto disordinata. Quando arrivò a Genova, una sera, mentre era fuori con gli amici, sentì il desiderio, la necessità di andare all’Eucarestia. Lasciò la compagnia, chiamò la responsabile delle Comunità di Genova e venne a Messa; lì ci vedemmo per la prima volta. Da lì in poi, Dio fece tutto: ci fece innamorare e costruì il nostro rapporto sulle fondamenta della fede. Così Antonio, pian piano, lasciò da parte le idee “del mondo”, avendo un unico desiderio nel suo cuore: conoscere Dio conoscendo me, innamorarsi di Dio innamorandosi ogni volta di più di me. Anche con me Dio dovette lavorare a lungo togliendomi le idee femministe alle quali avevo da tempo aderito e facendomi scoprire cosa significassero le parole amore e perdono. Così Dio ci ha fece maturare e da due estremi ci unì nell’unico centro dove tutto si regge: Lui. Non è mai stata una strada facile. L’inizio fu difficile, soprattutto per Antonio. Lui aveva un passato movimentato, fatto di varie esperienze “tipiche fra i giovani”, tra cui una sessualità molto disordinata. Solo due mesi prima aveva la ragazza. In pochissimo tempo la sua vita ebbe una svolta di 180 gradi. Lui non capiva. Non poteva concepire la coppia senza rapporti sessuali. Pian pianino si rese conto che solo rispettando il nostro corpo, facendo un po’ di “violenza” al proprio istinto, solo amandomi così com’ero senza chiedere di più, sarebbe stato davvero Amore. Lui che aveva cercato la felicità in tutto senza mai trovarla, cominciava a sentire qualcosa di nuovo, una sensazione, un amore diverso da quello che aveva conosciuto. Ricordo che un giorno mi disse di non essersi mai sentito così amato prima, di non aver mai sperimentato la libertà di poter essere davvero se stesso. Possiamo testimoniare che, seppur senza unirci fisicamente, la comunione che sentiamo è spesso così forte da farci sentire una cosa sola. Oggi non siamo arrivati, abbiamo capito che non saremmo ancora pronti ad un passo tanto importante, che non potremmo gustare appieno ciò che significa “donarsi” completamente all’altro, perché ancora manca la Grazia del Sacramento. Così, andiamo avanti, imparando a rispettarci e ad apprezzare anche l’attesa, che è anch’essa un dono; dono che solo grazie a Dio possiamo e potremo preservare nonostante i nostri istinti. Tante le domande a volte, i dubbi spesso insinuati dagli stessi amici e coetanei, anche nella chiesa… ma non importa. Altrettante sono le persone che ci sono state d’esempio, persone alle quali spesso ci siamo appoggiati per chiedere consiglio, aiuto, per “educarci”, per capire, angeli che Dio ha messo sul nostro sentiero perché potessero guidarci a Lui. Senz’altro fondamentale è stato ed è il cammino di cui facciamo parte, dove veniamo sempre invitati a mettere al centro della nostra vita, e quindi anche del nostro rapporto, Dio e dove siamo sostenuti da presbiteri e catechisti, sempre pronti a metterci davanti alla Verità, a correggerci, incoraggiarci e soprattutto a pregare per noi. Guardando indietro, ci meravigliamo della storia meravigliosa che Dio ha fatto con noi fino ad oggi e siamo contenti di avere intrapreso questo cammino nella castità, nell’obbedienza alla Chiesa, perché attraverso questo continuo tentativo di vivere anche la purezza del fidanzamento cristiano Dio si fa trovare e ci dona la Sua forza, quella forza che ci ha fatto e ci fa continuare ad andare avanti ringraziandolo ogni giorno del bellissimo dono che ci ha fatto: stare insieme, Antonio ed io, e in mezzo Lui.
di Maria Letizia Bosio
da Quaderni Scienza e Vita n.14