C’è un’altra affermazione della Chiesa che è molto più impressionante, mi pare, al riguardo dell’importanza della Parola di Dio. È una delle affermazioni più impressionanti del Concilio sulla Parola di Dio, secondo me. Si trova nel Decreto Dei Verbum al n. 21:
«La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il corpo stesso di Cristo» (Dei Verbum 21).
La Chiesa sa che nelle cose dello spirito siamo distratti e assenti e allora ha maturato tutta una sua pedagogia per richiamarci alla realtà della Parola di Dio.
La Chiesa anzitutto ci richiama col suo esempio, ha tutto un suo contegno esteriore molto singolare, quando accosta la Parola di Dio. Nella liturgia il ministro non legge la Parola da seduto come noi si legge il giornale. Vuole che il ministro-lettore si alzi in piedi. Non vuole che la Parola sia letta bisbigliando, ma che sia proclamata con solennità come un messaggio, come anticamente faceva l’araldo. L’araldo avanzava davanti a tutto il popolo scortato da molto apparato. Squillavano le trombe, poi dall’alto del suo cavallo egli leggeva il proclama del suo Signore…
Al momento più solenne della Parola, al Vangelo quando Cristo stesso parla, la Chiesa comanda a tutto il Popolo di Dio di ascoltare in piedi. Nelle Messe solenni il Libro Santo viene portato davanti al popolo con molta solennità. Il diacono lo porta ben sollevato in alto, come se portasse un tesoro, lo accompagnano gli altri ministri dell’altare, con ceri e incenso. Durante l’incedere solenne della Scrittura il coro deve eseguire il canto gioioso dell’Alleluia, poi, eseguita la lettura, il ministro deve chinarsi a baciare il Libro e farlo baciare dal ministro principale.
Perché tutto questo rituale esteriore intorno alla Parola di Dio? È la pedagogia della Chiesa che l’ha pensato, e l’ha pensato tutto questo apparato a motivo proprio del nostro infantilismo, della nostra superficialità. Siamo tanto bambini e siamo tanto distratti: un pò di apparato esteriore ci è utile almeno a capire che siamo davanti a delle cose importanti: Dio ci sta parlando, non posso sottovalutare l’importanza della Parola che Dio mi porge.
Non è un pro-forma tutto questo apparato della Chiesa, è tutta una pedagogia che io devo sforzarmi di cogliere.
La Chiesa in sostanza vuole che io faccia nascere in me un atteggiamento di fondo che mi aiuti a cogliere il dono di Dio, la sua Parola. Naturalmente l’atteggiamento esteriore conta poco senza quello interiore, ma la Chiesa mi insegna a non trascurare in me l’atteggiamento esteriore perché è il primo passo verso quello interiore. Il mallo non è la noce, ma senza mallo la noce non può esistere: l’esteriore non è l’interiore, ma senza esteriore rischio di perdere l’interiorità.
Non posso ascoltare la Parola di Dio come ascolterei il giornale-radio, come aprirei una rivista a un tavolino del bar, come leggerei un foto-romanzo. No, è un altro mondo quello della Parola di Dio. Io devo prepararmi esternamente per maturare ad un determinato atteggiamento interiore.
Davanti alla Parola di Dio la Chiesa ci vuole maturi all’ascolto, coscienti di chi parla, coscienti della nostra dipendenza da lui, direi che la Chiesa ci chiede di aprirci al senso del sacro.
Una volta, in Africa, ho chiesto ad un piccolo arabo: «Che cosa hai imparato oggi alla scuola del Corano?». Lui si illuminò e mi disse la frase del Corano che aveva imparato. Allora gli chiesi: «Scrivi sulla sabbia le parole che hai imparato». Mi guardò quasi terrorizzato e mi disse: «No, la Parola di Dio si scrive nella mente e nel cuore, non si scrive per terra! ». Non sapevo che nessun arabo può profanare la Parola scrivendola per terra.
Ecco, il senso del sacro è sovente quello che difetta in me quando all’Eucaristia la Chiesa mi porge la Parola di Dio. Per fedeltà alla Chiesa io devo far nascere in me tutta una problematica nuova nel rispetto della Parola:
• nell’accostarmi alla Parola
• nel riceverla
• nell’accoglierla in me
• nel coltivarla quando l’ho accolta.
Anzitutto il senso del sacro mi obbliga a non profanarne un briciolo di Parola di Dio. Ricevendo l’Eucaristia non lascerei cadere i frammenti eucaristici senza cura, calpestandoli. Nulla deve andar perduto della Parola di Dio, cioè devo acuire in me in modo talmente forte il senso del sacro, vietarmi ogni distrazione e ogni leggerezza. Tutto ciò che posso capire devo afferrarlo, niente deve andare perduto!
Una profanazione grave è l’impreparazione, l’ignoranza. Se la Parola di Dio non mi sfiora neppure, sotto c’è con probabilità un problema grave di ignoranza. Mi deve far paura l’ignoranza; l’ignoranza è il nemico più micidiale della fede! La Chiesa ha più paura dell’ignoranza che della persecuzione perché fa più strage nelle menti l’ignoranza che non la persecuzione. Ormai esistono tanti sussidi per capire la Parola di Dio, per prepararsi alla Parola di Dio. Che cosa vi costerebbe la domenica andare a Messa conoscendo già la Parola che vi verrà letta? È come offrire al giardiniere un pezzo di terra già ben lavorato, con la terra zappata, sarchiata, concimata… date a un giardiniere un bel pezzo già pronto con una terra buona, nera, piena di humus, poi vedete che miracolo succede in quelle mani esperte, di quel pezzo di giardino già preparato. Oggi, un Vangelo costa nulla, costa meno di un pacchetto di sigarette. Il libretto che vi riporta la Parola di Dio per un mese intero costa meno di un giornale. Non abbiamo scuse se vogliamo andare a Messa ben preparati all’ascolto della Parola.
Poi ci vuole il senso del sacro nell’applicare la Parola. Ogni volta che vado alla liturgia dovrei chiedermi: che cosa avrà da dirmi oggi il Signore? Da dire a me, proprio a me… non a mia madre, non a mia sorella, non al prete; a me, proprio a me. Perché è quasi come entrare in una grossa farmacia con tutti gli scaffali pieni, con un labirinto di medicamenti: nello scaffale c’è la bottiglietta che fa per me, per la mia bronchite, ma se io lo ignoro, se della mia bronchite non me ne fa niente, se io invece di comprare lo sciroppo per la mia bronchite penso solo ad acquistare il cerotto per il dito di mia madre, allora non c’è alternativa, la mia bronchite me la devo tenere.
Io alla liturgia devo chiedere al medico divino quale medicina ha preparato per me. Lui ce l’ha pronta, aspetta solo che io la chieda, ma se io sono entrato da lui solo per curiosare tra gli scaffali, si capisce che non mi dà nulla e quel che è peggio… i miei mali me li debbo tenere perché quello è il suo stile. Lui non guarisce chi non vuole guarire, non cura chi non vuoi essere curato.
Poi c’è il dopo… Dopo l’ascolto della Parola ci sono altri problemi importantissimi. Se mi son comperato in farmacia il ricostituente lo devo prendere, finché lo tengo nella tasca del cappotto non ci siamo. Lo devo prendere e devo anche rispettare le dosi secondo le istruzioni allegate. Ho conosciuto un tizio che è andato all’altro mondo perché ha ingoiato tutto il tubetto degli antibiotici che doveva prendere a scadenza… e conosco tanta gente che, di fronte ad una medicina amara, prende il primo cucchiaio poi la mette là. No, la medicina per far bene va presa a dosi giuste, rispettando le prescrizioni mediche adatte. Voglio dire: quando nella liturgia ho trovato la Parola che Dio ha preparato per me, la devo tenere preziosa, la devo tirar fuori, la devo scavare, la devo lavorare; devo cioè iniziare tutto un processo di assimilazione.
Mi aiuterebbe molto anche una cosa: cambiarla in preghiera. Polarizzare l’attenzione sulla frase che fa per me, poi portarla a casa come un piccolo tesoro di Dio da studiare, da approfondire, da amare.Una parola di Dio che mi penetra nel sangue può far cambiare rotta alla mia vita.
(Padre Andrea Gasparino)