Cosa serve a Gesù per essere più accattivante? Non basta la sua croce?

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Image by Gerd Altmann from Pixabay

Carissimo padre Aldo, ti scrivo innanzitutto per salutarti, da parte mia e di tutti i miei bambini: ogni mattina la loro preghiera è per te e per i tuoi “figli”. Voglio raccontarti come nella mia esperienza ho potuto verificare quello che tu dici riguardo al fatto che nessuno è determinato dai suoi antecedenti biologici, ereditari o psicologici.

Tutte le volte che ho letto questa affermazione nelle tue testimonianze mi sono sempre detta: «Sì è vero, può sempre accadere qualcosa che cambia, però in fondo se è successo qualcosa di grave non lo puoi togliere». E sicuramente è vero: non lo posso togliere. Ho avuto un riscontro di questo, con uno dei bambini a cui faccio catechismo in parrocchia.
Al termine del primo incontro si è presentata sua mamma dicendomi: «Guardi, mi dica subito se deve portare un quaderno o altro, perché io poi non potrò più portarlo qui, nè venire a prenderlo. Lavoro tutti i giorni fino a tardi, anche di sabato. Poi sono sola e abito lontano da qui. Lo porteranno altri. Anche a Messa non ci vedremo mai perché alla domenica sono stanca e davvero non ce la faccio».

È emerso dentro me il tipico sentimento borghese e mi sono detta: «È mai possibile che trovi il tempo di fare tutto e non riesci a venire un’ora a Messa?». La reazione immediata delle altre catechiste e del prete è stata quella di dire: «O vieni sempre o stai a casa tua». In quel momento mi sono scandalizzata di me stessa perché avevo visto il mio limite: sono “io” il giudice ultimo di questa donna?
Poi la domenica, a Messa già iniziata, ho visto entrare lei con il suo Tiziano, 8 anni e un altro amichetto del catechismo. L’impeto è stato quello di correrle incontro: mi sono trovata spiazzata in ogni mio calcolo e presunzione. Loro erano lì. Al momento della comunione lei mi dice: «Perché i bambini non hanno voluto andare a prendere la particola?». Sono rimasta bloccata. Questa donna era riuscita a venire a Messa, portava il figlio a catechismo e non sapeva nemmeno che occorreva aver fatto la prima comunione! Forse nemmeno lei l’ha mai fatta.

In me vinceva quello stupore che mi faceva dire: «Sì, è vero, questa non sa niente, ma è qua. Chissà cosa ha intravisto di così bello per venire proprio qui». Il prete mi ha poi detto che è una donna sola, ha una situazione difficile perché il marito è in carcere, sono separati. Secondo lui deve capire che uno viene al catechismo non per fare la prima comunione ma per imparare la vita cristiana. Gli avrei riferito volentieri che quella non sapeva neppure cosa fosse “la prima comunione”, ma sono stata zitta.

Intanto sono continuati gli incontri di catechismo e, udite udite, Tiziano è l’unico bambino a non aver mai saltato un incontro! Ascolta con gli occhi sgranati il Vangelo e non perde occasione di fare domande su ogni parola che viene detta: cos’è la confessione, cosa vuol dire resurrezione… È vero, non sa il Padre Nostro, ma ha capito più di tutti cosa sia il cristianesimo. Ha intravisto un fascino, qualcosa di bello per la sua vita e non lo molla più. È l’unico che a casa ha riletto i brani di Vangelo proposti a catechismo. Ricordo molto bene che mi ha guardata con occhi spalancati quando ho affermato che il primo ad andare in Paradiso è stato il buon ladrone. Chissà, forse pensava al suo papà che ogni tanto va a trovare in carcere.

Il fascino di ciò che c’è
Noi catechiste facciamo tanti incontri per imparare il nuovo metodo di annunciazione, che prevede si facciano giochi e attività per rendere più interessante quello che dobbiamo dire; occorre partire dai bambini, dai loro interessi, continuano a dirmi. Va bene, ma a loro cosa interessa veramente? I miei bambini non vogliono parlare dei loro sentimenti o dei loro interessi vari, ne parlano già ovunque; qui vogliono qualcosa di più. L’attenzione viene meno quando smetto di parlare di Gesù e Tiziano ne è la dimostrazione.
Io non so cosa ha mosso sua mamma a portarlo lì, forse solo il fatto che ci vanno tutti, magari si ricordava di esserci andata anche lei da bambina. Invece secondo me loro hanno capito tutto: non c’è nulla da aggiungere per rendere la proposta del catechismo più accattivante, è già affascinante così com’è, tanto che una donna e un bambino da quando hanno intravisto, non so come, qualcosa di vero, non lo hanno più mollato. Mai! Se riuscissimo a cogliere questo fascino smetteremmo anche noi di fare inutili programmi e ne rimarremmo davvero stupiti e commossi.

Isabella

Cara Isabella, grazie, perché evidenzi quello che Benedetto XVI ha scritto in Deus caritas est: «All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una persona che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva». Non sono le formule, le iniziative pastorali, gli opuscoli a suscitare il desiderio della fede.

Durante una mia permanenza in Italia, visitando una parrocchia, mi sono trovato di fronte a strutture belle, con oratori grandi nei quali non mancava niente per affascinare i bambini e tuttavia dominava il vuoto. Ho invece visitato parrocchie che erano povere di strumenti, ma traboccavano di persone interessate al fatto cristiano. Una di queste persone era andata con un gruppo di ragazzi a un ritiro per la Pasqua. Tra di loro c’erano anche alcuni giovani islamici desiderosi di condividere con i compagni cristiani questa esperienza ad essi sconosciuta.
Hanno partecipato determinati da una grande curiosità. Alla fine del ritiro uno di loro ha consegnato una lettera al responsabile del gruppo: «Sono venuto per conoscere chi è Gesù, perché mi faceva impressione vedere quest’uomo inchiodato alla croce. Sono venuto con questa domanda: chi è Gesù? Ora torno a casa con un’altra domanda: chi sono io?».

Sono rimasto stupito, perché quante volte ho sentito parlare di Gesù senza nessuna commozione, senza nessuna curiosità? Parlare di Gesù è diventata una routine. Guardarlo sulla croce è, nella migliore delle ipotesi, un’emozione. Tuttavia, per questo ragazzo islamico, il desiderio di conoscere Gesù, era pieno di una drammatica curiosità, anche perché era sconcertato dal fatto che il figlio di Dio, per amore all’uomo, si fosse fatto carne fino alla morte in croce.
In quel ritiro aveva trovato la risposta alla sua sana e vera curiosità. Era stato un incontro che aveva risvegliato in lui la domanda per la quale Cristo è nato, morto e risorto: «Chi sono io?». L’uomo, incontrando Cristo, non si sente tranquillo. Si ridesta in lui l’unica domanda fondamentale che muove la vita risvegliando la libertà: «Chi io sono?».

La vera pastorale
Quello che hai vissuto, cara Isabella, è qualcosa di simile. Il tuo prete, le catechiste, gli agenti pastorali, sono tutte brave persone; sanno assolvere il proprio dovere, ma sono incapaci di ascoltare la mamma di Tiziano e di apprezzare la sua fedeltà al catechismo. Quella di Tiziano è la stessa posizione del ragazzo islamico. È la posizione di chi, anche se in modo inconscio, se accompagnato da un fascino umano, arriva a dire come il retore Vittorino: «Quando ho incontrato Cristo, mi sono scoperto uomo».

Il “disastro” della nostra catechesi è un cristianesimo senza l’umano, senza Cristo. La tentazione che viviamo è quella di un cristianesimo senza Cristo o di un cristianesimo senza l’umano. Posizioni che riducono il fatto cristiano a una morale, a una ONG – come ha detto papa Francesco – o a uno spiritualismo vuoto, astratto. Mentre il cristianesimo è un Avvenimento, un fatto, che entrando nella storia reale dell’uomo si è impattato con l’umano di ognuno, risvegliando (come per i pastori, i Magi, gli apostoli, la Maddalena, Zaccheo e milioni di uomini semplici di cuore) il desiderio di seguirlo e la necessità di condividere con Lui la vita.

Ci dicono che dobbiamo partire dagli interessi dei ragazzi. Ed è vero; ma qual è l’interesse più profondo che hanno? Tu ci hai dato la risposta che nasce dalla tua esperienza. La maggior parte dei catechisti e dei sacerdoti sono i primi “annoiati” di Cristo. Solamente una persona piena di Gesù, innamorata di Lui e quindi viva e brillante nel suo modo di essere, può suscitare nei bambini l’interesse di conoscere Cristo. Un amico missionario che ha vissuto tutta la sua vita in un gruppo Guaraní, è riuscito a battezzare una sola persona, per di più anziana, ma era felice per un fatto: aveva consegnato tutta la sua vita a Gesù. Questa è la vera pastorale. Non è che i ragazzi di oggi non abbiano interesse a conoscere Gesù, ma devono trovare qualcuno che abbia per Lui almeno lo stesso entusiasmo che loro hanno per la Juventus!

Aldo Trento – Tempi

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Articolo tratto da www.tempi.it
per gentile concessione della redazione (7-7-2023).

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